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Più Buio di Mezzanotte: recensione del film di Sebastiano Riso

Festival di Cannes 2014: Sebastiano Riso racconta l’adolescenza della drag queen Fuxia nel suo esordio Più Buio di Mezzanotte, in concorso alla Semaine de la Critique. Progetto interessante dalle buone potenzialità: ma è davvero “utile” oggi un film così?

pubblicato 15 Maggio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 01:42

Non lo tratteranno per niente bene in Italia, Più Buio di Mezzanotte. È un gran peccato soprattutto perché qualcuno gli si scaglierà contro, e non se lo merita troppo. Però la delusione che serpeggia fra alcuni critici non è infondata, perché l’attesa opera prima di Sebastiano Riso è la più tipica delle occasioni sprecate.

Ispirato alla vita di Davide Cordova, in arte Fuxia, la mitica drag queen simbolo del Muccassassina, Più Buio di Mezzanotte potrebbe benissimo diventare il film di culto che molti speravano diventasse. Però se lo diverrà è innanzitutto perché in Italia manca una tradizione “seria” di cinema queer.

Il fatto è che, a livello cinematografico, non è che gli manchi chissà cosa (e una testata esterna come l’Hollywood Reporter l’ha notato, sottolineando però altre carenze). Il problema principale dell’opera di Riso sta altrove, e non nella premessa di fondo, quanto nel suo svolgimento. Come a dire: serve davvero un film del genere, qui e oggi?

Davide, ragazzino che vive a Catania, non è un adolescente come gli altri. C’è qualcosa nel suo aspetto che lo fa somigliare ad una ragazza. A 14 anni scappa di casa e si ritrova alla Villa Bellini, un mondo a parte rispetto al resto della città. Il mondo degli emarginati, a cui appartengono anche Rettore e il suo gruppo di amici, come Davide scappati a loro tempo dalle rispettive famiglie.

Quando Davide viene accettato in quella famiglia allargata, il passato da cui stava fuggendo sembra svanire definitivamente. Fino a quando questo passato irrompe nel presente e a Davide tocca la scelta più difficile, di fronte alla quale si trova, questa volta senza possibilità di fughe o rinvii, da solo…

Si diceva che non c’è nulla di male a raccontare una storia del genere, figurarsi. Volendo ricondurlo ad un sottogenere preciso e canonizzato, si può dire senza problemi che si tratta di un coming-of-age queer. Non è quindi sbagliato che al suo interno ci siano passaggi risaputi e un po’ di cliché: è a suo modo giusto che si racconti un po’ di abc di queste storie con protagonisti giovanissimi ragazzi che scoprono la propria identità e si rapportano col mondo esterno attraverso un occhio inedito.

Passi quindi il cinema porno, la “gita” – in pianosequenza – per i vicoli e le stradine di Catania tra prostitute, gigolò e clienti, e passi ovviamente la prima cotta per un ragazzo più grande. Passi anche la fissa per Donatella Rettore, icona gay che canta la sua Amore Stella (siamo negli anni 80, dopotutto… anche se quel “simbolico” (?) cellulare verso l’inizio…).

Non passa facilmente allo stesso modo invece tutta la parte che riguarda la famiglia di Davide, con papà violento e mamma Micaela Ramazzotti cieca (fattore narrativo che se non c’era era uguale). Non perché sia una situazione implausibile o forzata, ci mancherebbe, ma perché è il punto di inizio di una parabola che assume un carattere così punitivo e (molto, troppo?) doloroso nei confronti del protagonista stesso che inizia ad un certo punto a far storcere il naso.

Certo, il film è ispirato alla vita vera di Fuxia, che ne avrà viste di tutti i colori e ne avrà passate di ogni. Però il cinema è un mezzo espressivo che vive nell’oggi e si rivolge ad un pubblico che si spera sia stata influenzato nel corso del tempo da un immaginario stratificato, e che abbia a sua volta influenzato l’immaginario stesso. Un giro di parole complicato per ribadire: a che serve oggi un’opera come Più Buio di Mezzanotte?

Non dispiace l’idea di unire in qualche modo i racconti pasoliniani alla Ragazzi di vita e certa estetica alla Party Monster. Ma qual è la sua urgenza, soprattutto se non c’è quasi mai un barlume di speranza, nemmeno quando il cocciuto e determinatissimo Davide è convinto delle sue scelte e delle sue ribellioni? Pure il protettore/magnaccia interpretato da Pippo DelBono, in questo senso, appare una figura poco sfruttata.

Restano all’attivo un protagonista supremo, Davide Capone, che incanta sin dalla prima sequenza, e un paio di scene ottime: quella in cui Davide “ruba” un bacio a stampo al ragazzo di cui è innamorato, e il discorso che il protagonista fa all’orecchio alla madre sul tram e che il pubblico non sente. Momenti emozionanti in un’opera sentita ma fragilissima sotto ogni punto di vista.

Voto di Gabriele: 5
Voto di Antonio: 4

Voto di Federico: 5

Più Buio di Mezzanotte (Italia 2014, drammatico 94′) di Sebastiano Riso; con Davide Capone, Vincenzo Amato, Lucia Sardo, Pippo Delbono, Micaela Ramazzotti. In sala dal 15 maggio 2014.

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