Home Festival di Cannes Due giorni, una notte – Deux Jours, Une Nuit: recensione in anteprima del film dei fratelli Dardenne in concorso a Cannes 2014

Due giorni, una notte – Deux Jours, Une Nuit: recensione in anteprima del film dei fratelli Dardenne in concorso a Cannes 2014

Festival di Cannes 2014: magnifici Dardenne, che col loro approccio trovano un equilibrio perfetto per un racconto morale e umanissimo come quello di Deux Jours, Une Nuit. E Marion Cotillard è superba. In concorso, con almeno un premio già prenotato (sarà terza Palma d’oro?).

pubblicato 21 Maggio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 01:32

Un’idea semplice e a suo modo splendida, quella che sta alla base di Deux Jours, Une Nuit. Con il quale Jean-Pierre e Luc Dardenne dirigono praticamente il loro La Parola ai Giurati, al quale il film si avvicina per “idea” e morale. Qualche ora di tempo, una protagonista che a molti ha ricordato Rosetta, l’approccio stilistico solito dei fratelli e il gioco è fatto: il risultato è un altro film potente che si aggiunge alla loro notevole filmografia.

Sandra ha appena scoperto che i colleghi, attraverso un voto, hanno deciso che dovrà essere licenziata per poter avere un bonus salariale annuale di 1000 euro. Si dice che uno dei suoi capi abbia messo in giro la voce che, se una persona verrà licenziata, si potrà dare questo aumento del salario a tutti quanti, e lei è la persona migliore da mandare a casa visti i postumi della depressione che l’ha colpita di recente.

Sandra decide così con l’aiuto di una collega di indire un nuovo voto segreto per lunedì mattina. Ha quindi un solo weekend di tempo (due giorni e una notte, appunto) per convincere i colleghi dell’azienda a rinunciare ai loro bonus: solo così lei potrà mantenere il proprio posto di lavoro. Al suo fianco troverà ovviamente l’aiuto del marito, ma è lei da sola che dovrà confrontarsi coi suoi 16 colleghi…

“Non può cominciare di nuovo”, dice Sandra mentre piange al marito, interpretato da Fabrizio Rongione (al quarto film coi Dardenne). Una frase del genere e le pillole che prende per calmarsi dicono già molto della condizione in cui vive la donna, esplicitata qualche momento più tardi. La donna è appena uscita da una depressione, e la notizia che quasi sicuramente verrà licenziata la fa risprofondare in un incubo.

Marion Cotillard regala una prova superba, immedesimandosi totalmente nel mondo interiore della protagonista. La sua è una recitazione fisica e sempre in tensione, come richiede la situazione di tale portata che una persona sta vivendo. Non ci crede manco lei quando il marito le consiglia di andare a parlare direttamente a tutti i suoi colleghi “porta a porta”, convinto che l’approccio viso a viso sia fondamentale per confrontarsi e far cambiare loro idea sul voto di lunedì.

Quando Sandra incontra il secondo collega, Timur, costui commosso accetta di votare a suo favore. Quasi un “miracolo” che le ridona speranza. Appena finito di parlare con l’uomo, la donna si allontana e la vediamo per la prima volta finalmente sciolta. Le ritorna il sorriso e le si illuminano gli occhi. Cambia anche il suo modo di camminare: è il tipico momento in cui una persona, dopo ore o giorni di angoscia e tensione, riacquista per la prima volta fiducia in sé stessa e nel destino. Quasi si dicesse da sola che sì, ce la può fare e che tutto potrebbe pure finire bene.

Il percorso tuttavia è tortuoso, ed è una lotta continua e stressante in bilico tra umiliazione e tentativi di non cadere nel patetico. Una situazione umana che coinvolge tutti i colleghi, che chi più chi meno ha motivi a prima vista “validi” per mantenersi stretto il bonus salariale. Praticamente tutti le fanno una prima domanda comune, appena inizia il confronto: “Quanti hanno già accettato?”, domanda che serve innanzitutto per sciogliere l’imbarazzo iniziale e mostrarsi un minimo interessati alla causa, pur se molti una scelta l’hanno ben fatta e non sono pronti a tirarsi indietro.

“Non ho votato contro di te, ho votato per il mio bonus”, le dice un collega. C’è anche chi non vuole manco incontrarla di persona, come Nadine, che Sandra pensava fosse un’amica e invece fa rispondere al citofono il figlioletto facendo finta di non essere a casa. I Dardenne riprendono questa “lotta” di Sandra con i soliti magistrali e invisibili pianisequenza che caratterizzano tutto il loro cinema, secondo la regola del pedinamento del personaggio. Per fortuna, al contrario del commento sacro de Il ragazzo con la biciletta, decidono di ritornare al loro vecchio stile senza alcuna sottolineatura in colonna sonora: l’argomento è già emotivamente pregno di per sé.

Se la questione di base del film è una questione ovviamente morale, lo è per Sandra comunque anche nelle possibili conseguenze. Come potrebbe vivere le giornate assieme ai colleghi se questi alla fine decidessero di rinunciare al bonus e farla restare? In che modo dovrà convivere quotidianamente con queste persone? Domande che nascono naturali in momenti di vita in cui l’ansia e l’angoscia personale chiamano soltanto ulteriore paranoia.

Deux Jours, Une Nuit è davvero un film potente e umanissimo, che ha una tensione interna sottile e sempre presente, e che porta ad una parte finale clamorosa. Qui entra in gioco un insieme di svolte narrative che ci ricordano quanto i Dardenne amino i propri personaggi alla follia e quanto credano ancora nel potere del cinema come mezzo per cambiare il mondo. Poi entrano in gioco altre svolte duramente realistiche, perché l’opera ha ben saldi i piedi per terra. Ma forse, paradossalmente al di là del risultato, quel che conta per Sandra è stato innanzitutto questo “viaggio”: “Ci siamo difesi bene. Sono felice”.

Voto di Gabriele: 8
Voto di Antonio: 9

Deux Jours, Une Nuit (Belgio / Francia / Italia 2014, drammatico 95′) di Jean-Pierre e Luc Dardenne; con Marion Cotillard, Olivier Gourmet, Catherine Salée, Fabrizio Rongione, Christelle Cornil. In sala dal 13 novembre.

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