Home Box Office Studio Ghibli – la crisi prima della chiusura: perché se Frozen straccia Si alza il Vento persino in Giappone …

Studio Ghibli – la crisi prima della chiusura: perché se Frozen straccia Si alza il Vento persino in Giappone …

Cronostoria di uno studio che ha scritto memorabili pagine d’animazione

pubblicato 4 Agosto 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 23:24

Sono passate circa 12 ore dall’annuncio che ha sconvolto il mondo dell’animazione. Perché lo Studio Ghibli ha annunciato la sua chiusura. O forse dovremmo dire ‘ristrutturazione’. Dalle news trapelate nella notte si è capito che al momento la compagnia non produrrà più film, limitandosi a sfruttare i diritti d’autore diventati realtà in questi ultimi 30 anni di capolavori. Toshio Suzuki ha sottolineato come lo studio non possa ‘esistere’ senza il suo unico padre, Hayao Miyazaki, andato in pensione lo scorso anno dopo aver presentato Si alza il Vento alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Dovessero presentarsi progetti accattivanti, la compagnia potrebbe ipotizzare un ritorno alla produzione attraverso una serie di freelance, come avveniva all’inizio degli anni ’80, prima dell’uscita in sala di Porco Rosso.

Una sorta di spiraglio a cui i fan di mezzo mondo si aggrapperanno in queste ore di puro panico, con When Marnie Was There ultimo film prodotto uscito in Giappone lo scorso 19 luglio. E qui casca l’asino. Perché i capolavori Ghibli hanno dei costi spaventosi, vivendo ancora oggi di matite, colori, fogli di carta, sudore, applicazione e passione dei propri animatori, al lavoro per anni pur di dar vita ad un progetto. Una realtà che ‘deve’ per forza di cose essere ripagata in sala, al botteghino, per poter sopravvivere e continuare ad esistere. Peccato che proprio il Giappone, patria che ha sempre inondato di yen le pellicole di Miyazaki & Co., abbia ultimamente voltato le spalle al proprio genio.

15 anni fa, era il 1999, la Principessa Mononoke rastrellò oltre 150 milioni di dollari solo sul suolo nazionale. Un giapponese su 10 andò al cinema per vederlo, tramutandolo nel maggior incasso di sempre al box office nipponico. Fino all’arrivo di Titanic. 3 anni ancora e La città incantata fece addirittura di meglio. 21 milioni di spettatori giapponesi (1 su 6), 230 milioni di dollari incassati solo in casa propria e miglior incasso di sempre. Frantumato il record del Titanic, fermatosi 3 anni prima a quota 200. Nel 2004, grazie al Castello errante di Howl, piovono altri 190 milioni di dollari, con Ponyo successivamente arrivato ai 165 milioni.

Ed è qui che il giocattolo sembra rompersi. Perché i giapponesi guardano con sempre meno ammirazione ai gioielli Ghibli. Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento, uscito nel 2010, si ferma ai 110 milioni di dollari casalinghi, venendo sconfitto dai 126,660,533 di Toy Story 3. E’ il primo campanello d’allarme, la freccia hollywoodiana della Pixar. La collina dei papaveri, uscito nel 2011, scende addirittura a 56 milioni, fino allo choc dell’ultima stagione. Perché Si alza il vento, ultima meraviglia diretta dal Maestro Miyazaki vergognosamente snobbata da Bertolucci a Venezia, non va oltre i 119 milioni di dollari. Un affronto rispetto ai 246,763,387 dollari portati a casa negli ultimi mesi da Frozen. Più del doppio. L’animazione Disney che straccia l’animazione nipponica. Proprio in patria. Roba da matti. E non finisce qui. La principessa splendente, la cui lavorazione è durata 8 anni per un costo complessivo di 60 milioni di dollari, non è andato oltre i 25 milioni di dollari d’incasso, con Omoide no Marnie sbarcato in sala a metà luglio e sconfitto sia da Maleficent che da Godzilla, tanto da non andare oltre i 10,312,748 dollari in 2 settimane di programmazione.

La crisi dello studio Ghibli nasce quindi con l’addio dell’insostituibile Hayao Miyazaki ma si alimenta con il calo degli incassi e con l’aumento delle perdite, dovuto probabilmente a quella globalizzazione che ha portato persino i giapponesi a preferire l’animazione altrui rispetto a quella propria, più tradizionale e grondante passione. Film dopo film il botteghino ha iniziato a piangere e a calare inesorabilmente, tanto da dover digerire l’ascesa dell’animazione moderna targata Disney, in grado di rimanere per 16 settimane consevutive in testa al box office nipponico con Frozen, campione d’incassi del 2014. Follie che un tempo capitavano solo e soltanto dinanzi ai gioielli di Hayao, da un anno in pensione. Ed ora obbligatoriamente seguito dalla sua meravigliosa creatura. Riaperture future permettendo, che tutti noi attendiamo come il Messia.