Home Festival di Venezia Im Keller (In the Basement): Recensione in Anteprima

Im Keller (In the Basement): Recensione in Anteprima

Venezia 2014 | Torna Ulrich Seidl al Lido con Im Keller

pubblicato 29 Agosto 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 22:46

13 anni dopo Canicola, nel 2001 premiato con il Gran premio della Giuria, Ulrich Seidl è sbarcato al Lido con la sua ultima fatica dal taglio neanche a dirlo documentaristico, Im Keller (In the Basement), presentato Fuori Concorso alla 71esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Un titolo sin dai primi attimi perfettamente nelle corde del regista austriaco, grazie ad una surreale ironia di fondo che trascinerà lo spettatore tra risate e disgusto, stupore e imbarazzo.

Al centro della curiosa trama il rapporto che esiste tra gli austriaci, connazionali di Seidl, e le loro cantine. Esatto. Perché nei seminterrati austriaci avviene di tutto. Dal nazista ubriacone che suona il trombone con gli amici alla donna che di nascosto culla e coccola una bambola come se fosse sua figlia, passando per la sadomasochista volontaria Unicef nonché attivista nei confronti della violenza contro le donne e lo ‘schiavo’ che lucida con la propria lingua il bagno della propria padrona. Ovviamente a carponi. Mostri, freak di ogni età che al calar della notte e a un paio di metri sotto terra finiscono per tramutarsi, indossando la loro ‘reale’ maschera.

Protetti dalle mura della cantina, lontani da occhi e apparecchi uditivi indiscreti, gli austriaci ‘osservati’ da Seidl si presentano direttamente al pubblico della sala, attraverso interviste esplicite, sguardo in macchina e poche inibizioni. Immobile con la cinepresa, statica per 82 minuti filati, il regista austriaco ha così svelato al mondo i ‘veri’ passatempi dei propri connazionali. Perché negli scantinati austriaci esistono Universi paralleli a noi sconosciuti, tra hobby da digerire e soprattutto pulsioni innominabili da assecondare. Vedi perversioni sessuali e politiche, passioni canore e ossessioni belliche.

Lo stile asciutto che ha sempre caratterizzato la cinematografia di Seidl qui la fa da padrone, assecondando le sue ormai tipiche follie grazie ad una serie di personaggi così assurdi da far dubitare lo spettatore sulla veridicità del tutto. Ma il contenuto documenterastico dell’opera è marcato, saltando continuamente da una cantina all’altra, da un eccesso all’altro, da un oggetto particolarmente kitsch (basti pensare allo spolverino con i colori della Germania del trombone nazista) ad una canzone solo all’apparenza mostruosamente fuori luogo. E’ il contorno a fare il film, con i suoi protagonisti il più delle volte mummificati, neanche stessero finalmente metabolizzando le proprie follie.

Dal pitone che divora un coniglio sotto lo sguardo attento e incuriosito del proprio padrone alla coppia di anziani sposi che nasconde in cantina un videopoker, passando per il pistolero notturno che sogna di cantare all’opera e l’uomo di mezza età fisicamente triste che si vanta della propria forza sessuale. L’inconscio medio che da sempre tende a vedere lo scantinato come luogo oscuro, di paura e tentazioni erotiche prende cosi vita, grazie ad un’opera che non conoscendo filtri finisce per spiazzare e divertire, lasciando colui che guarda con imbarazzo-misto-ammirazione a nuotare tra dubbi e curiosità legate agli austriaci e ai loro clamorosamente imprevedibili sottoscala.

Voto di Federico: 7
Im Keller (In the Basement) di Ulrich Seidl

Festival di Venezia