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Tutto può cambiare: Recensione in Anteprima

Il regista di Once (Una volta) si sposta dalle strade di Dublino a quelle di New York per raccontare una storia diversa ma analoga, ancora una volta imperniata sulla musica. Centrando l’obiettivo, peraltro

pubblicato 11 Ottobre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 21:29

Quale che sia la realtà dei fatti, in particolar modo oggi, non è difficile immaginare la Grande Mela come luogo dove tutto sembra davvero possibile. «La città che non dorme mai», la chiamano così, e forse anche per questo suo tenere gli occhi costantemente sgranati riesce a non perdere di vista coloro che in lei confidano, che ne siano coscienti o meno. Così è per Greta (Keira Knightley), che arriva negli States dal Regno Unito insieme al suo ragazzo (Adam Levine), un astro nascente la cui ultima canzone ha riscosso un successo immenso grazie ad un film. C’è qui una venatura ironica, lieve, composta ma comunque percepibile, verso quel fenomeno di musicisti sdoganati al cinema prima o più che altrove.

Impressione non del tutto infondata, se si pensa alla storia di un altro personaggio, ossia Dan (Mark Ruffalo), in rotta definitiva con la casa discografica che ha fondato a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, incidendo in maniera sostanziale sul panorama musicale di quegli anni. Dan oramai è alla deriva: vive in un loculo nel bel mezzo di Manhattan, è sbronzo con discreta regolarità, ma soprattutto vede poco la figlia, frutto della separazione con la moglie. Eppure all’inizio non si capisce cosa abbia innescato tale vortice. Critico verso ciò che l’industria discografica è diventata, il suo atteggiamento supponente ed arrogante volge però ad un periodo in cui osare era bene, ancor meglio se fruttava bene. E per chi vede la propria occupazione come una sorta di missione, perdere la bussola può rivelarsi devastante.

John Carney, che ha sia scritto che diretto Tutto può cambiare, ci va con mano leggera, adottando un registro che sa affabulare. Tanto che la svolta di questa storia non avviene chissà quando se non all’inizio: in un locale dove si esibiscono musicisti non esattamente “famosi”, Greta è incalzata da un amico a salire sul palco e cantare una sua canzone. Solo lei, la sua voce e la sua chitarra. Ed infatti pare non accada un granché. Greta scende delusa dal palco, convinta che la sua performance non sia semplicemente dispiaciuta, peggio… che abbia lasciato indifferente. Ma non è così. Non per tutti.

Le prime fasi sono infatti costituite da una serie di ellissi ed analessi, che in poche parole significa andare avanti e indietro nella narrazione omettendo e integrando episodi e momenti chiave al momento giusto. Scelta che si rivela interessante, perché contribuisce a seguire un discorso che non si limita al mero espediente narrativo; basti pensare alla scena sopracitata, che attraverso lo sguardo di Greta vediamo in un modo, salvo poi l’ebbrezza di Dan restituircela in maniera diversa, con gli occhi di chi «vede la magia realizzarsi» sotto i propri occhi… con un piccolo incoraggiamento da parte dell’alcol, ok.

Seguendo la struttura di Tutto può cambiare, anche noi abbiamo omesso un particolare non da poco: Greta viene lasciata da Dave, quest’ultimo in procinto di incidere il suo prossimo disco e partire in tour. Anche grazie a questa svolta, si può ben intuire il tenore del film: giovane disillusa lasciata dal ragazzo musicista incrocia produttore in crisi in cerca del talento che segni la svolta. Tadàn. Niente di meno originale, verrebbe da dire, ma l’abilità di Carney sta proprio nella capacità d’infondere quell’aria di leggera spensieratezza, che non è mai greve o inopportuna. Dimostrando, per l’ennesima, che sul grande schermo conta più il come che il cosa.

Sì che il nostro in questo caso non disdegna a priori l’accodarsi, perché i temi sono quelli: rivalsa dall’anonimato al successo, riscoperta di ciò che davvero conta, amicizia, amore. Cose di questo genere insomma. Il punto però è che Tutto può cambiare si lascia seguire con gusto dall’inizio alla fine, senza exploit ma mantenendo all’incirca lo stesso equilibrio in modo costante. Anche quando sappiamo o possiamo immaginare come finirà; quando in un determinato momento siamo lì a sperare che quella piega, così banale, non si verifichi; quando a tratti si è lì lì per storcere il naso a causa dell’ennesimo richiamo ad una non meglio precisata «autenticità». Quando avviene tutto questo, e te ne rendi conto, eppure non trovi ragione per smettere di seguire; è allora che puoi pesare con cognizione di causa questo film.

Carney gira un musical che non è un musical, un po’ come Greta e Dan registrano un disco che non è il risultato di una serie di sessioni in sala di registrazione. Beneficiando di una Knightley come al suo solito magnetica, oltre che di un Ruffalo sempre più consapevole, oseremmo dire dotato, Tutto può cambiare è uno di quei film che possono far stare bene senza nemmeno provare ad eccellere. Sarà la musica, certo. Ma non solo.

Voto di Antonio: 7

Tutto può cambiare (Begin Again, USA, 2014) di John Carney. Con Keira Knightley, Mark Ruffalo, Adam Levine, Hailee Steinfeld, James Corden, Yasiin Bey, Cee-Lo Green, Catherine Keener, Mos Def, Rob Morrow, Aya Cash, Zivile Kaminskaite, Maddie Corman, Sheena Colette, Jimmy Palumbo, Nicole Neuman e Jen Jacob. Nelle nostre sale da giovedì 16 ottobre.