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Roma 2014 – Trash di Stephen Daldry: Recensione in Anteprima

Sbarca al Festival di Roma il regista di Billy Elliot, The Hours e The Reader. Torna Stephen Daldry con Trash

pubblicato 18 Ottobre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 21:16

Candidato 3 volte consecutivamente agli Oscar ma mai uscito vincitore con i primi 3 splendidi film da lui girati, Billy Elliot (2000), The Hours (2002) e The Reader – A voce alta (The Reader), l’inglese Stephen Daldry è sbarcato al Festival Internazionale del Film di Roma per presentare la sua 5° fatica registica, Trash, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo scritto nel 2010 da Andy Mulligan. Al suo fianco sul red carpet capitolino la bellissima Rooney Mara, totalmente inutile e mal sfruttata dal regista all’interno del film, e i 3 giovanissimi protagonisti. Accolto da lunghi applausi al termine della proiezione per il pubblico, Trash ricorda neanche tanto velatamente quel The Millionaire che nel 2008 portò un altro britannico, Danny Boyle, a vincere l’ambita statuetta.

Se il milionario vincitore di ben 8 Oscar ci portò nelle baraccopoli di Mumbai, in India, con Trash voliamo tra le favelas brasiliane, nelle discariche cittadine in cui migliaia di poveracci raccattono l’immondizia per trarne profitto e provare a campare. Se nel primo caso era una storia d’amore a trascinare la trama, con il titolo di Daldry va in scena il senso di giustizia nei confronti di un crimine che vede direttamente coinvolta il mondo della politica, da sbugiardare tramite una profonda amicizia che lega 3 bimbi, poverissimi e pronti a sfidare la corrotta polizia e a rischiare la vita solo e soltanto perché ‘è giusto’.

Se solo pochi mesi fa il Paese bruciava in attesa di ospitare la Coppa del Mondo di Calcio, la situazione attuale brasiliana è tutt’altro che mutata. La corruzione che ha moltiplicato i costi del Mondiale e della prossima Olimpiade ha di fatto svuotato le tasche dei più poveri, costretti a pagare tasse che di fatto non si sono trasformate in infratrutture utili e servizi affidabili. Le critiche alla presidentessa Dilma Rousseff sono state e sono tutt’ora accese, per una situazione socio-politica che Daldry ha in pieno cavalcato con questo atipico ‘thriller’ dai tratti fiabeschi. Trash, in modo fastidiosamente malizioso, è un film che piacerà al pubblico, perché forzatamente orientato a stimolare il lato emotivo dello spettatore. Per merito dei 3 bimbi protagonisti, ovviamente, sporchi, poveri, praticamente orfani, costretti a vivere in mezzo all’immondizia eppure a tal punto desiderosi di giustizia da rifiutare una ricca ricompensa per consegnare l’oggetto da loro ritrovato nella discarica. Un portafoglio che potrebbe incastrare un deputato nonché candidato alla poltrona di Sindaco di Rio. Polioziotti senza scrupoli si metteranno quindi alle calcagna dei 3 ragazzini, in qualche modo aiutati da un missionario disilluso, interpretato da Martin Sheen, e da una giovane volontaria, ovvero la fascinosa, talentuosa ma in questo caso inutile Rooney Mara.

Ben ritmato nel montaggio, tra inseguimenti nelle baraccopoli, messaggi cifrati da decriptare, carceri da visitare, cassette della sicurezza da scovare e cattivoni a cui fuggire, Trash di Daldry oscilla continuamente tra pregi e difetti, finendo inspiegabilmente per tirare troppo la corda dell’happy ending. Talmente marcato e sinceramente gratuito da risultare stucchevole. Quel che avviene nell’ultima parte è pura melassa, tra le altre cose poco credibile nello sviluppo fulmineo degli eventi. Dall’aggiunta di una bimba nel gruppetto dei 3 amici alla ‘grazia’ concessa al torturatore, passando per la pioggia di denaro e la nuova vita a cavallo delle onde del mare. Il messaggio tutt’altro che velato portato avanti dalla pellicola è quello della ‘rivolta’ dal basso, della rivoluzione sociale, dell’abbattimento di questo potere corruttivo che da troppi anni sta divorando le fondamenta del Brasile. Per liberarsene, urlano i coraggiosi bimbi protagonisti, c’è solo una cosa da fare: scendere in strada e perché no, rischiare persino la vita. Perché è giusto farlo.

Daldry prende a piene mani dall’opera del 2008 di Boyle e prova a bissarne l’esperienza. Fallendo il tentativo. Povertà, fede, giustizia, amicizia, speranza. Elementi che si incrociano all’ombra del Cristo Redentore, specchiandosi in una messa in scena che regge, a tratti trascina e persino emoziona ma senza mai convincere del tutto. Ed è qui che subentra l’adattamento del romanzo firmato Richard Curtis, celebre sceneggiatore britannico da sempre legato ad altri generi. Vedi le commedie sentimentali in cui il famigerato finale ‘smielato’ non solo è scontato, ma quasi richiesto. Mr. Bean – L’ultima catastrofe, Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill, Bridget Jones, Love Actually e Trash. Provate a trovare l’intruso.

Il ritratto sociale dipindo dal regista inglese perde la bussola dell’attualità nel momento stesso in cui Daldry e Curtis abbandonano la strada della ‘realtà’ per ‘sfondare’ quella della fiaba. Che stride nel modo in cui si sviluppano gli eventi del film, tra presunti colpi di scena e svolte di pura illogicità, soprattutto se legate ad un impianto di contemporaneità politica ed economica. A Boyle venne ampiamente concesso perché in amore tutto è possibile. Ma qui la storia era ed è diversa. Scivoloni imperdonabili per un titolo dalle così evidenti potenzialità, affidato ad un regista che dopo 3 film acclamati in mezzo mondo ha ‘toppato’ la sua seconda opera consecutiva. Prima Molto forte, Incredibilmente vicino. Ora Trash. Che succede Stephen Daldry?

Voto di Federico: 6–
Trash (Usa, Brasile) di Stephen Daldry; con Rooney Mara, Selton Mello, Wagner Moura, Martin Sheen, Nelson Xavier

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