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Roma 2014 – Escobar: Paradise Lost – Recensione in Anteprima

Benicio Del Toro è Pablo Escobar nel debutto alla regia dell’italiano Andra Di Stefano. Escobar: Paradise Lost

pubblicato 22 Ottobre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 21:09

Un progetto davvero incredibile questo Escobar: Paradise Lost, film che ha segnato il debutto dietro la macchina da presa dell’italiano Andrea Di Stefano, per 20 anni attore ed ora non solo regista ma anche sceneggiatore con questa produzione internazionale da 25 milioni di dollari presentata al Festival Internazionale del Film di Roma. Un budget talmente elevato da non avere produttori italiani al proprio interno, con Francia, Spagna e Belgio immerse in un progetto che ruota attorno a due attori come Josh Hutcherson e Benicio Del Toro, qui nei panni di Pablo Escobar. Proprio ai due divi il nostro Di Stefano ha inviato il suo script, a loro dire talmente intrigante da riuscire a rastrellare i 25 milioni necessari per rendere il tutto in immagini. Presentata al Toronto International Film Festival e in uscita a fine novembre nei cinema d’America, la pellicola di Di Stefano ha diviso la critica capitolina e raccolto non pochi applausi dal pubblico pagante durante le varie proiezioni. Con merito.

Tralasciando la vita del ‘vero’ Pablo Escobar, Re della Cocaina nonché criminale più ricco della storia con un patrimonio stimato di 30 miliardi di dollari nei primi anni novanta, perché il trafficante colombiano fa qui da sfondo ad una storia ad ampio raggio, il vero protagonista del film è Nick, giovane canadese che insieme al fratello abbandona il proprio Paese e si trasferisce in Colombia, a loro dire Paradiso Terrestre. Una laguna azzurra, una spiaggia d’avorio, onde perfette. Qui i due vogliono aprire un chiosco sulla spiaggia, vivendo di questo. Sole, mare e surf. Ma il colpo di fulmine è dietro l’angolo. Nick perde infatti la testa per una bellissima ragazza colombiana, che ricambia il suo interesse. Se non fosse che a complicare le cose sia la famiglia della giovane. Perché lo zio della ragazza di Nick è proprio lui. Pablo Escobar.

Prima l’azione, persino caotica e scorbutica. Poi il salto temporale all’indietro che da’ il via ad una bella storia d’amore tra due giovani. Che si conoscono, si piacciono e si innamorano. Ed infine la svolta a tinte thriller, con i fili della trama che tornano ad incrociarsi, pennellando il vero volto del temibile Escobar, talmente folle e senza scrupoli nella sua criminalità da ‘minacciare’ persino Dio.

E’ un film a più facce quello girato con inatteso furore da Andrea Di Stefano. Un mix di generi che se da una parte spiazza e disturba dall’altra affascina nei suoi studiati intrecci narrativi. A portarsi la pellicola sulle proprie spalle da Oscar, neanche a dirlo, il solitamente intenso Benicio del Toro, esaltato, crudele, spaventoso con i suoi occhi penetranti e glaciale negli abiti di un Escobar fedele solo e soltanto alla propria famiglia.

Di Stefano prova a barcamenarsi tra i due rapporti di coppia che trainano il film, inevitabilmente con risvolti di scrittura e regia differenti. Quello tra i due piccioncini Josh Hutcherson e Claudia Traisac, ovviamente caratterizzato da colori caldi e primi piani, e soprattutto quello tra il giovane divo di Hunger Games e Del Toro, inizialmente quasi ‘affettivo’, perché Nick è ormai diventato un ‘membro’ della famiglia Escobar, ma con il passare dei minuti sempre più combattuto. L’interazione tra i due pende inesorabilmente verso il grande Benicio, con il giovane collega in evidente difficoltà espressiva nel dover rendere credibile il conflitto umano che lo porterà a dividersi dal fratello per seguire l’amata. Solo verso il finale, quando paura e vendetta lo travolgeranno picconando il mascellone fastidiosamente serrato nel corso dell’ora e mezzo precedente, Josh potrà dirsi realmente soddisfatto della propria prova d’attore.

Storia contemporanea e finzione cinematografica che si incontrano e si intrecciano. Questo il rischio corso dall’esordiente regista italiano, che ha preso alcuni fatti realmente accaduti ad Escobar per poi immaginare altro, vedi una storia d’amore tra due giovani frenati dalle manie di grandezza di un criminale. Adrenalinico e teso nella parte ‘thriller’ che prenderà fuoco nella seconda ora, Paradise Lost non ha effettivamente nulla di italiano se non il suo regista, non a caso per due anni a New York a studiare recitazione all’Actor’s Studio. Ciò che non funziona, perché i difetti ci sono e limitano un’opera dalla buona costruzione estetica, è l’evoluzione improvvisa e mal gestita dei personaggi.

Tralasciando il fratello di Nick che inutilmente entra ed esce dalla trama, non ha giustificazioni il ruolo di Maria, la nipote di Escobar caduta dal pero perché totalmente incapace di vedere il vero volto dello zio. Un ruolo, quello affidato alla bella Claudia Traisac, che non ha alcun peso, se non quello di far perdere il lume della ragione ad un Hutcherson che improvvisamente decide di non voler ‘vedere’. In quanto accecato dall’amore. I salti temporali tra presente e passato, inoltre, vanno a rendere poco chiaro l’effettivo trascorrere del tempo, dando così la sensazione di un rapido crollo nella gestione dei due rapporti sopra citati. Limiti più che altro di scrittura serenamente accettabili e facilmente digeribili grazie alla più che discreta messa in scena, per una prima volta dietro la macchina da presa meritevole di promozione. Magari con qualche riserva, ma sempre e comunque da promuovere.


Voto di Federico: 6+

Escobar: Paradise Lost (Francia, Spagna, Belgio | 2014) di Andrea di Stefano; con Benicio del Toro, Josh Hutcherson, Claudia Traisac, Brady Corbet

Festa del Cinema di Roma