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Licantropia Evolution: il mito del lupo mannaro al cinema

Blogo per celebrare Halloween vi racconta un’altra icona horror: il licantropo.

pubblicato 31 Ottobre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:55

Proviamo a immaginare la situazione tipica che il malcapitato di turno, a causa di una maledizione come nel classico L’uomo lupo (1941) o infettato da un morso come nell’ironico cult Un lupo mannaro americano a Londra (1981), si trova a dover affrontare ogni qualvolta i nefasti influssi della luna piena ne stravolgono istinto e sembianze:

La fame è sempre più forte, ti divora da dentro, l’avverti prepotente, non puoi ignorarla, ma quando l’hai placata, quando il fuoco che brucia sotto la pelle si è attenuato, si torna alla realtà e ti ritrovi chissà dove, nudo, sporco, infreddolito, sempre ricoperto di sangue e quando ti va bene hai solo qualche vago e confuso ricordo della caccia e della nottata appena passata; una volta superata la sbornia sovrannaturale che ti ha ottenebrato i sensi, si ritorna tra i comuni mortali, ma solo fino alla prossima luna piena e ti accorgi di essere maledettamente eccitato e terrorizzato allo stesso tempo, al solo pensiero di un’altra lunga e selvaggia nottata di caccia…

Il licantropo come il vampiro è figura partorita da leggende folkloristiche, che però cinematograficamente ha sicuramente avuto minor fortuna dell’affascinante e più longevo Conte Dracula, di solito chi subisce l’animalesca mutazione non è conscio delle proprie azioni, perche la mutazione sopisce l’essere umano a favore dll’istinto puro e sfrenato, quindi il fascino dello spettatore verso questa creatura cinematografica si tramuta ben presto, da iniziale attrazione per l’assoluta mancanza di freni inibitori, in paura e terrore inconscio di una totale perdita di controllo.

Lon Chaney Jr. ne L’uomo lupo subiva la mutazione perchè “maledetto”, invece nel singolare Il Bacio della pantera (1942 – 1982), rilettura in chiave felina del mito, la stirpe che possedeva questo dono era figlia di tradizioni e venerazione, quasi di natura divina, ma nella famiglia c’è sempre l’eccezione, colui che non accetta il dono commisurandolo ad una malattia da debellare o un cancro da estirpare ed egli sarà causa scatenante della repentina ed improvvisa estinzione della razza.

Condanna o dono, è questo il binomio ricorrente in quasi tutta la filmografia che riguarda i cosiddetti “Lupi mannari”, la punizione per aver sfidato il sovrannaturale e un morso che veicola l’infezione/maledizione e il cinema degli anni ’80 non cambia direzione, attualizzando si il licantropo, ma non stravolgendone i canoni classici, trasformandolo in predatore urbano e feroce serial killer. Si formano così gruppi, comunità che stabiliscono e delimitano il loro territorio, ed utilizzano il dono per avvicinarsi alla loro natura più profonda, si nutrono di vittime selezionate e attirate ad arte nel loro territorio, come la comunità di licantropi de L’ululato (1980) di Joe Dante.

Esiste anche una tipologia meno vittimista di licantropi, quelli consapevoli, quelli che utilizzano il dono per scopi personali, che addomesticano la bestia per utilizzarne il potere, come Jack Nickolson in Wolf: la belva è fuori (1994), che dopo un naturale e lento adattamento fa della sua anomala condizione virtù, tornando ad un vigore che gli permetterà di consolidare il suo status dominante nella società in cui vive, cosi come avviene nel regno animale.

La licantropia anche come specchio dei problemi adolescenziali, la mutazione come riflesso distorto della maturazione e dello sviluppo della propria sessualità, così la licantropia assume le vesti di un adolescente frustrato che cerca riscatto e lo trova attraverso l’uso di nuove capacità che inaspettate gli cambiano la vita, questo accade in Voglia di vincere (1985) oppure fuga dalla dimensione adulta e paura di abbandonare la rassicurante infanzia della coppia di sorelle protagoniste della trilogia Licantropia.

I licantropi del nuovo millennio sono si vittime di se stessi, ma hanno radici e tradizioni secolari alle loro spalle e allora combattono guerre per il predominio della propria razza come i Lycan della serie Underworld; cercano di esorcizzare il male che li domina aiutando il bene a prevalere sull’oscurità come accade in Van Helsing (2004); si aggirano tormentati in cerca di una compagna, unico rimedio ad un’insostenibile solitudine, come in Cursed: il maleficio (2005) oppure si raccontano attraverso le gesta di un omicida precursore dei moderni serial killer come nello spagnolo I delitti della luna piena – Romasanta (2004).

Le più recenti incursioni su grande schermo del licantropo fanno riferimento al suggestivo e sottovalutato remake Wolfman che ha riportato questa icona horror alle sue origini e al soprendente found footage Wer, ma il licantropo non è come il vampiro, non ama i riflettori ne la troppa visibilità, preferisce far capolino ciclicamente come è nella sua natura, mostrarsi per un fugace momento in tutta la sua brutalità per poi tornare nell’ombra alle sue notti insonni e alla caccia forsennata per placare un’anima irrimediabilmente dannata.

A compendio della filmografia citata aggiungiamo: Frankenstein contro l’uomo lupo (1943), In compagnia dei lupi (1984), Unico indizio la luna piena (1985), Dog Soldiers (2002), Werewolf – La bestia è tornata (2012).