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Gentlemen: recensione in anteprima del film in concorso a Torino 2014

Torino Film Festival 2014: ancora storie personali divorate da intrighi e scandali politici per lo svedese Mikael Marcimain, che in Gentlemen allarga vertiginosamente le ambizioni già dimostrate in Call Girl. Ma il risultato non è un passo in avanti rispetto al debutto.

pubblicato 22 Novembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:20


Lo svedese Mikael Marcimain è un regista dal talento unico e dalle potenzialità immense. Senza troppi giri di parole, potrebbe diventare davvero una delle nuove leve portate sul palmo di una mano dalla critica. Se solo lo volesse e ci mettesse un po’ più d’impegno: perché dalla grande promessa di Call Girl non sembra aver fatto passi in avanti, anzi.

Con Gentlemen, che ha appassionato più di qualcuno al Torino Film Festival, pare invece far parecchi passi indietro. Mica solo perché gli manca l’ambizione, anzi. Se si comparano i due film, Gentlemen punta decisamente più in alto del primo sotto ogni punto di vista. E Call Girl, che trattava di prostituzione e scandali politici nella Svezia degli anni 70, non era certo un debutto che osava poco.

Siamo a Stoccolma, nel 1978. Il giovane scrittore Klas Östergren si nasconde nel suo appartamento di Stoccolma per raccontare la storia delle persone che lì hanno soggiornato, condividendo con lui alterne fortune. Prima Henry Morgan, pugile e pianista jazz dai modi ineffabili, amante della bella vita e con un amore misterioso che lo tormenta. E poi Leo, fratello di Henry, agitatore politico, poeta dal bicchiere facile, il cui arrivo nella casa ha trascinato tutti nei guai, a causa di un traffico d’armi in cui è coinvolta la malavita.

Sin da quando veniamo introdotti nell’appartamento, con la macchina da presa che ci guida attraverso le stanze buie, la voce off di Klas comincia subito ad accompagnare le immagini. Sarà impresa difficile poi farlo tacere. Il modello resta quello di Pakula e Tutti gli uomini del presidente con un pizzico di caos noir alla Ellroy, e come in Call Girl siamo di fronte a un grande “romanzo corale” e frammentario. Il risultato tuttavia è ben diverso, a cominciare proprio dall’abuso della voce off di Klas.

Credo che il problema principale stia nell’origine della trama. Call Girl ha alle spalle una chirurgica e bellissima sceneggiatura originale firmata da Marietta von Hausswolff von Baumgarten, mentre Gentlemen è tratto dal romanzo dello stesso Klas Östergren (ex marito di Pernilla August, qui presente come in Call Girl), che ha curato da solo la sceneggiatura. Le differenze tra i due script si sentono e non possono non essere messe a paragone.

Poteva essere una mini serie pazzesca, questo Gentlemen. Guardando il curriculum dello stesso Marcimain, poi, non si capisce perché abbia voluto ridurre il romanzo in un film da 140 minuti (nota bene: la stessa identica durata dell’esordio, assai più avvincente e teso). Qui c’era materiale per almeno tre o quattro parti, anche perché ogni momento storico, ogni personaggio e ogni avvenimento che vediamo sullo schermo ha fascino ed è degno di essere sviluppato.

Invece Marcimain opta per il grande affresco dalle veloci pennellate, sicuro che visto dall’alto tutto questo insieme non solo abbia senso, ma riesca a ridare assieme il significato di un’epoca e di un paese, ad appassionare e a farci affezionare a personaggi di cui la Storia ha cambiato la vita per sempre. Ci riesce a momenti alterni: ma quel “nemico invisibile” di cui Klas e gli amici hanno paura non permea mai del tutto lo schermo dell’aura fredda e minacciosa che servirebbe per mettere a disagio anche lo spettatore.

La ricostruzione d’epoca è straordinaria, ambienti fumosi e mobilio compresi. Il talento visivo di Marcimain è oggettivo e inattaccabile, ricco di raffinati segmenti in bianco e nero, flashback e cambi di formato usati nel momento più opportuno. Non manca neanche la musica di quegli anni, con una colonna sonora ricca di hit. Però si salta avanti e indietro troppo spesso, si aprono digressioni quando non le si vorrebbe, ci sono personaggi che entrano ed escono.

E quando finalmente il tutto si allarga in modo vertiginoso ed esagerato, con tanto di Terzo Reich e scandali politici degli ultimi 50 anni, tutto inizia ad avere senso: ma il film è finito. Allora non resta altro da pensare che Marcimain ha davvero azzeccato il modo migliore per mettere in scena la Storia divisa perennemente tra Verità e Menzogna (ci sono pure le statue nell’appartamento di Henry), ma il percorso che ci fa fare è di quelli che fanno venire francamente un po’ di noia e mail di testa.

Voto di Gabriele: 5

Gentlemen (Svezia 2014, drammatico 141′) di Mikael Marcimain; con David Dencik, Sonja Richter, Ruth Vega Fernandez, Pernilla August, Magnus Krepper.

Torino Film Festival