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Mercuriales: recensione in anteprima del film in concorso a Torino 2014

Torino Film Festival 2014: partenza con 16mm, sonorità elettroniche, atmosfera uscita fuori da un’altra epoca o un altro mondo. Eravamo pronti a urlare al miracolo per Mercuriales, che però poi non mantiene tutte le promesse.

pubblicato 28 Novembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:08

L’inizio di Mercuriales è letteralmente incredibile. Pare un film uscito da un’altra epoca, girato in un 16mm che regala una fotografia granulosa e calda, dalle sonorità elettroniche anni 80 e dall’atmosfera unica e particolare. E basta il primo uso di uno zoom per andare letteralmente fuori di testa.

Si tratta del lento zoom utilizzato nel primo campo totale in cui si vedono le due torri al centro del film. Uno zoom che parte da un campo totale, che comprende un’autostrada piena di macchine nella notte, e si avvicina sempre più a questo complesso particolare di Bagnolet, nella periferia parigina.

Si tratta del complesso Les Mercuriales, torri gemelle edificate tra svincoli, aiuole asfittiche e palazzi di edilizia popolare. In questo non-luogo metropolitano si intrecciano le storie di tre ventenni: una sorvegliante di colore alla sua prima notte di lavoro e due hostess. Queste ultime, vere protagoniste del film, sono Joana, di nazionalità francese, e Lisa, arrivata in Francia tempo fa dalla Moldavia.

Basterebbe l’inizio prima descritto per continuare a tenere d’occhio Virgil Vernier, perché un talento del genere non può che promettere sempre meglio d’ora in avanti. Il suo gusto nel creare l’atmosfera è frutto di una ricerca meticolosa che parte dal formato e dall’assoluta volontà di non usare il digitale. Una scelta coraggiosa e vincente.

Se proviamo a pensare a Mercuriales girato in altro modo, infatti, verrebbe subito spezzata la particolare magia che attanaglia lo spettatore sin sa subito. Magia che però, ad essere onesti, non riesce a restare lì per tutta la durata del film (quasi due orette che si sentono tutte). Ed è un po’ un peccato, perché davvero eravamo pronti a urlare al miracolo.

Vernier riesce egregiamente a catturare l’energia della strada e in parte l’assurda “bellezza” della periferia, e riesce anche a costruire un’idea di megaminimondo protetto all’interno di un’area dove la violenza è all’ordine del giorno. Instaura questi concetti sin dalla primissima scena, con la sicurezza che di notte fa un giro di perlustrazione per lo stabilimento.

Si interessa dunque all’umanità varia che vive lì, con tutti i propri sogni, ambizioni, speranze, il loro passato e soprattutto la routine quotidiana. L’amicizia fra Joana e Lisa si inserisce in questo tessuto che procede narrativamente per scene a prima vista slegate l’una dall’altra, e che vanno a formare un interessante affresco di un luogo. Niente male.

Poi però comincia a tirarla un po’ troppo per le lunghe e, cosa che paradossalmente frena ancora di più un’opera già molto di testa dall’aprirsi a livello emotivo, comincia a essere sempre più lineare. Così facendo da un certo punto in poi diventa non poco faticoso affezionarsi veramente ai due personaggi principali, di cui si capiscono i desideri per il futuro e le ragioni che le spingono ad andare avanti. Ma, appunto, si capiscono solo a livello di testa.

Voto di Gabriele: 6

Mercuriales (Francia 2014, drammatico 108′) di Virgil Vernier; con Ana Neborac, Philippine Stindel, Jad Solesme, Annabelle Lengronne, Sadio Niakate.

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