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I 20 migliori film inediti del 2014 secondo Cineblog

10 film con distribuzione italiana prevista per il 2015, 10 film ancora senza distribuzione: viaggio attraverso i migliori film inediti dell’anno, fra titoli che segneranno l’anno che verrà e gemme nascoste che meriterebbero subito la visione in sala. Ecco i 20 migliori titoli del 2014 ancora non arrivati nei nostri cinema secondo Cineblog.

pubblicato 31 Dicembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 19:22

A cura di Antonio Maria Abate, Federico Boni e Gabriele Capolino

Qualche giorno fa vi abbiamo regalato le nostre Top 10 personali di fine anno, con i film che più ci hanno entusiasmato nel 2014. Come da tradizione sono classifiche che riguardano i titoli distribuiti nelle sale italiane da gennaio fino a dicembre. Per lavoro e passione copriamo anche festival (Cannes, Venezia, Roma, Torino…), e ci è sembrato giusto allargare quelle classifiche con un post dedicato a ciò che di meglio abbiamo visto nelle rassegne e che per ora non ha toccato il suolo nostrano.

È giusto confrontarsi con i lettori su quello che tutti abbiamo visto con la stessa modalità (la programmazione cinematografica ordinaria in sala), ma è anche giusto ampliare il discorso e tirare le fila di un anno di visioni che rappresentano una realtà molto più variegata di quel che passa il convento. Così ci siamo decisi: 20 film inediti del 2014. 10 con distribuzione prevista in Italia nel 2015, per segnalarvi quello che non dovrete perdere, e 10 ancora senza distribuzione, nella speranza di poterli (ri)vedere il prima possibile.

Quasi inutile ribadire che, con tutto quello che si vede ai festival e nelle varie rassegne, non si tratta di una lista per forza di ragioni “completa” (quale lista soggettiva lo è?), ma è frutto di scelte. Solo a Cannes, per dire, abbiamo visto una quarantina di film a testa. Nonostante siano rimasti fuori titoli meritevoli e degni, è comunque una lista di titoli di cui andiamo piuttosto fieri. Perché se ogni listone è sempre frutto di scelte, quel che è venuto fuori qui ci pare possa essere indicativa di com’è effettivamente stato il 2014 “nascosto” in sala.

Non vi resta che cliccare in basso a destra per cominciare con la prima lista: quella dei 10 migliori film inediti nel 2014 ma con distribuzione italiana prevista per il 2015. Dall’ultimo Leone d’oro al titolo preferito dai Cahiers: già così l’anno che verrà si prospetta straordinario. Cliccate poi nuovamente in basso a destra e segnatevi in agenda gli altri 10 film, quelli ancora senza distribuzione: speriamo che la trovino presto e che una volta visti vi entusiasmino come hanno entusiasmato noi.


I migliori 10 con distribuzione

I 10 migliori film del 2014 con distribuzione italiana nel 2015

99 Homes (Ramin Bahrani): l’America della crisi sociale ed economica di questi ultimi difficili anni in primo piano, tra avvoltoi immobiliari, banche vampiro e disperati padri di famiglia. Lo straordinario talento di Ramin Bahrani ha brillato durante l’ultima Mostra del cinema di Venezia grazie a questo ‘non’-thriller trascinato da due attori in stato di grazia come Andrew Garfield e Michael Shannon, costretti quasi a scontrarsi sul campo minato di un Paese che sembrerebbe aver perduto qualsiasi traccia di codice etico e morale. In sala grazie a Lucky Red [Federico]

Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) (Alejandro González Iñárritu): partenza col botto a Venezia, dove non riconoscergli nulla è stato miope quantomeno. Lubezki si spinge ancora più in là, sebbene in maniera diversa rispetto a quanto fatto con Gravity; e quello che a prima vista sembra un discorso “passato” su meta-qualunquecosa e dintorni, si rivela invece una sagace dark comedy che si muove verso tale direzione, ok, ma con dei tempi invidiabili ed alcune trovate davvero sopra le righe. In senso buono, ovviamente. In sala il 5 febbraio grazie a 20th Century Fox [Antonio]

Burying the Ex (Joe Dante): il sentito, divertente e intelligente omaggio al cinema horror di serie B cavalcato dal padre dei Gremlins. Risate ed applausi al Lido per l’ultima fatica di Joe Dante, autore di una comedy-horror orgogliosamente e a lungo citazionista tra risate a profusione e l’ovvia grandinata di sangue e schifezze varie. Un Dante a briglie sciolte immerso nel mondo degli zombie formato ‘ex fidanzate’, che si è platealmente divertito nel tornare ad un tipo di cinema che l’ha visto crescere. In sala grazie a Barter Multimedia [Federico]

Force Majeure (Ruben Östlund): la conferma di Ruben Östlund. Non c’è cinema come il suo in giro, e già questo mi par degno di nota. Attacco grottesco e deliberato alla virilità e al Padre di famiglia con confezione autoriale e molta camera fissa. Non si sa bene come prenderlo e comunque entusiasma, fa ridere fino alle lacrime e addirittura spaventa. Miglior scena di valanga di sempre. In sala grazie a Teodora Film [Gabriele]

The Homesman (Tommy Lee Jones): un western così duro, ma fresco allo stesso tempo, non lo si vede da un po’. Tommy Lee Jones alterna l’asperità del suo protagonista alla nobiltà della sua missione, passando per la dolcezza amara delle “sue” donne. L’ultima inquadratura è da magone, anche se non si direbbe, per via della straziante ironia di fondo. In sala grazie a Movies Inspired [Antonio]

Phoenix (Christian Petzold): uscito dal Festival di Roma 2014 clamorosamente a mani vuote, Phoenix ha ancora una volta confermato l’attuale forza del cinema tedesco. Un melò d’altri tempi centrato sul volto di Nina Hoss, musa del regista qui chiamata ad interpretare un ‘doppio’ ruolo. Tra le linee della trama un tema scottante come quello dell’Olocausto, qui visto dagli occhi di un’ebrea sopravvissuta al Genocidio. Una donna tradita a sua insaputa, devastata nell’animo e nel fisico, ricostruita chirurgicamente e incapace di colpevolizzare gli aguzzini, tanto da ‘perdonarli’ e riavvicinarsi a loro. Una donna travolta dall’amore nei confronti dell’uomo di una vita, alla disperata ricerca di quel passato che mai più potrà tornare. Evidente l’omaggio a La donna che visse due volte di hitchcockiana memoria per un film perfettamente bilanciato nel suo evolversi tra colpi di scena, violenze, addii e ricostruzioni farsa. In sala il 19 febbraio grazie a Bim con il titolo ‘Il Segreto del suo Volto’ [Federico]

P’tit Quinquin (Bruno Dumont): un True Detective completamente strafatto ambientato in una Twin Peaks francese. Con un pizzico di Pantera Rosa ci si può avvicinare all’idea. Il lato grottesco della vita e del Male. Momenti da piegarsi dal ridere per minuti, finale “metafisico” che s’imprime in testa. Svolta improvvisa per Dumont, che vira nella commedia eppure non si contraddice. Mini-serie da 4 puntate, 200 minuti di puro cinema. In sala grazie a Movies Inspired [Gabriele]

A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence (Roy Andersson): il capolavoro della Mostra di Venezia. Lo vedi e sai già che un film così stratificato, tanto esigente quanto esilarante, andrà lontano. Molto lontano. Ma al di là del Leone d’Oro, vale davvero la pena staccarsi dal mondo per quei 101 minuti e contemplare questi complessi ma accessibili quadri di Roy Andersson. Che sì, sono densi, ma lavorano su diverse scale, perciò… In sala grazie a Lucky Red con il titolo ‘Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza’ [Antonio]

She’s Funny That Way (Peter Bogdanovich): l’elegante e terribilmente spassoso ritorno in sala dell’immenso Bogdanovich, 75enne riuscito a suscitare ilarità e a strappare non pochi applausi al Festival di Venezia. Una commedia alleniana nei geni e trascinante nel ritmo, tra attori in forma smagliante, dialoghi frizzanti, gag esilaranti e dichiarati omaggi al grande Cinema americano di un tempo, condito da ‘muse a pagamento’ ed equivoci a pioggia. In sala il 2 aprile grazie a 01 Distribution con il titolo ‘Tutto può accadere a Broadway’ [Federico]

Whiplash (Damien Chazelle): quando ad un film in cui la musica gioca un ruolo predominante riconosci che il suo ritmo è eccezionale, a suo modo unico, ritengo ci sia poco altro da aggiungere. Se non che un Simmons così è raro. In sala a febbraio grazie a Warner Bros. [Antonio]


I migliori 10 senza distribuzione

I 10 migliori film del 2014 ancora senza distribuzione italiana

’71 (Yann Demange): quando gli Inglesi vogliono fare bene i film, forse non ce n’è in giro per nessuno. Survival war movie tesissimo e spietato, che coniuga alla perfezione il piacere puro dello spettacolo robusto con la riflessione sulla Storia. Si tratta di un’opera prima, e al solo pensiero mi tolgo il cappello. Jack O’Connell, il miglior attore giovane in circolazione, offre una prova superba e fisica che forse va oltre quella data in Starred Up. [Gabriele]

Le Dernier Coup de Marteau (Alix Delaporte): il salvatore della patria francese al Lido. Travolta dagli applausi e dai consensi con Angèle e Tony, Alix Delaporte ha portato a Venezia uno dei titoli più toccanti e delicati della Mostra, legato al rapporto di un ragazzino di 14 anni, il fenomenale Romain Paul meritatamente tornato a casa con il Marcello Mastroianni, e la madre malata di cancro. Un’opera commovente nella sua genuina solarità, fatta di silenzi e verità taciute sulla malattia della donna, digerita a fatica da quello scorbutico e taciturno adolescente che in tutti i modi proverà a riavvicinarsi al padre mai realmente conosciuto, un direttore d’orchestra. Fino all’arrivo di quell’ultimo colpo di martello da scovare nella VI Sinfonia (Tragica) che a detta di Gustav Mahler, suo autore, può essere a discrezione dell’esecutore omesso proprio per scongiurare una morte precoce. [Federico]

The Duke of Burgundy (Peter Strickland): l’attesa del desiderio e il desiderio dell’attesa. Strickland parte dall’omaggio a certo cinema pruriginoso anni 70 e raggiunge vette di complessità che non ci si attendeva. Mèlo controllato, esteticamente oltre, che sbrodola nel finale come Berberian Sound Studio: ma è coerente e va fino in fondo, “concludendosi”. Creando un mondo (senza uomini) tutto suo e sviluppandolo fino in fondo. [Gabriele]

A Girl Walks Home Alone at Night (Ana Lily Amirpour): scritto e diretto dall’iraniana Ana Lily Amirpour, A Girl Walks Home Alone at Night ha impreziosito la selezione Mondo Genere del Festival Internazionale del Film di Roma 2014. Un titolo da incastrare tra Sergio Leone e David Lynch, un western urbano vampiresco che ha rielaborato con coraggio e sfrontatezza suggestioni degli spaghetti western, dei fumetti, del cinema horror e dalla nouvelle vague. Una fusione di rock iraniano, techno e sonorità in stile Morricone, in bianco e nero e con una colonna sonora che ha coinvolto Federale, Radio Tehran, Bei Ru, Farah, White Lies, Kiosk, Free Electric Band e Dariush. [Federico]

It Follows (David Robert Mitchell): ma quanto ci piace Mitchell. Che pare uno dei tanti a guardare agli anni 80 e a Carpenter come allievo, e invece ne assorbe la forma per narrare la sua storia, personale e bellissima. Chi fa sesso non muore, e gli amici fanno finalmente gruppo: mi pare una rivoluzione. Un horror che fa davvero paura, tra i migliori degli ultimi 10 anni. [Gabriele]

Jauja (Lisandro Alonso): strano oggetto, questo. Per un bel po’ sembra volerti tediare e nulla più, magari disseminando qua è là qualche indizio. Poi, sebbene pazientando, arrivi a quell’ultima, devastante parte. E allora il tutto assume forma, consistenza e colore, malgrado siano proprio quegli ultimi 30 minuti o giù di lì a rendere il film di Alonso efficacemente ambiguo e straniante. Lasciando però un retrogusto piacevole come pochi. [Antonio]

National Gallery (Frederick Wiseman): un più che rodato Wiseman stavolta si occupa di Arte. Ma come evidenzia il titolo stesso, ancor di più si sofferma sul contesto (o i contesti) attraverso cui viene veicolata. Un po’ come nel penultimo At Berkeley, dove al centro di tutto non c’è l’istruzione in sé ma tutto ciò che vi ruota attorno. Osiamo un po’ e diciamo che questo regista lavora così: sembra fare il giro largo, eppure ha la dote, più unica che rara, di andare dritto al punto lasciando che non le immagini, bensì il vissuto, si racconti da sé. Col successivo, determinate intervento del cronista, certo. [Antonio]

Stray Dog (Debra Granik): la regista di Un gelido inverno ci fa entrare nella quotidianità di Ron Hall (per gli amici Stray Dog, “cane randagio”), biker e veterano della guerra del Vietnam. Ricordi, dolori, incubi, amici, amore, e un possibile nuovo inizio. Un ritratto prima commosso e straziante, poi dolcissimo, di un uomo a cui ci si affeziona in neanche due minuti. La Granik ha un tocco semplice e giusto, e non calca mai la mano sugli orrori della mente. Gli stessi di una nazione che non può che continuare a pregare: perché il ricordo fa familissimo. [Gabriele]

Violet (Bas Devos): posso dirlo? Lo dico! La fotografia più ispirata del 2014. È come se Devos coltivasse un debito verso le immagini che compone, alle quali non a caso restituisce tutto, addirittura con gli interessi. Come poi riesca ad integrare a tutto ciò una storia così forte, ossia quella di un ragazzo alle prese con l’elaborazione del lutto, non solo internamente ma anche in relazione ad “altri”, suoi coetanei, è cosa che contribuisce a rendere Violet un’opera non semplicemente da vedere, riempiendosi, ma su cui ragionare perfino parecchio. [Antonio]

The Way He Looks (Daniel Ribeiro): candidato brasiliano agli Oscar 2015, The Way He Looks è uno dei tanti film a tematica glbtq che hanno impreziosito la stagione appena trascorsa. Accolta trionfalmente a Berlino, la pellicola racconta l’amore omosessuale, quello alle prime armi di un adolescente deriso perché gay dai compagni di scuola omofobi, attraverso occhi che non vedono. Perché Leo, il protagonista, è cieco. L’arrivo del nuovo alunno Gabriel finirà per scuoterlo, mettendo in serio pericolo il forte legame con l’amica Giovana, a sua volta affascinata dalla new entry scolastica. Di fatto costretto al ‘tatto’ per percepire ciò che i suoi occhi non gli permettono di vedere, tanto da scoprire un interesse letteralmente fisico per Gabriel, Leo conoscerà un mondo per lui inedito, tra accettazione sessuale, primi amori adolescenziali e quell’automonia fino ad ora mai realmente vissute appieno. Mai gratuitamente drammatico e con toni inaspettatamente da ‘commedia’, il toccante film di Ribeiro ha vinto il Teddy Award alla Berlinale 2014 insieme al premio FIPRESCI della critica internazionale. Entrambi strameritati. [Federico]

– Menzioni speciali (senza distinzioni fra titoli con distribuzione o meno): il satanico amour fou di Alleluia; l’intenso e femminile The Babadook; l’elettronico Eden, che però ha diviso la redazione; il generoso e inventivo For Some Inexpicable Reason; il cupo e dolente Foxcatcher; l’acido e tristissimo Listen Up Philip; l’esilarante mockumentary sui vampiri What We Do in the Shadows.