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Carol: recensione in anteprima del film di Todd Haynes

Festival di Cannes 2015: ancora l’America degli anni 50 per Todd Haynes dopo Lontano dal Paradiso, con la sua società e le sue rigidità. Ma con Carol, elegante, emozionante e politico, il regista allarga il suo discorso. E Cate Blanchett e Rooney Mara brillano.

pubblicato 17 Maggio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 15:49

Todd Haynes è un elegante formalista. Lo vuole riconfermare sin dalla primissima inquadratura di Carol: i titoli di testa ci vengono presentati su una trama di linee che non capiamo bene che cosa siano. Un movimento di macchina ci rivela che fanno ‘semplicemente’ parte di un tombino. La macchina da presa prosegue volando per le strade della New York anni 50, e ci porta in un bar di lusso.

Qui troviamo sedute a un tavolo la giovane Therese e l’elegante Carol, una signora vicino alla quarantina. I loro discorsi vengono interrotti da un uomo. Le due sembrano imbarazzate dalla sua presenza, così Carol si alza, saluta Therese e se ne va a una cena di gala. Therese sale poi su un taxi e comincia a ricordare di quel giorno in cui, quando era ancora una commessa di un negozio di Manhattan, conobbe proprio Carol…

Pulito, perfetto, ordinato. È il mondo della New York ‘bene’ degli anni 50, ed è così anche il cinema classico dell’epoca. Così come aveva fatto con il mélo alla Sirk con Lontano dal Paradiso, Haynes guarda ancora a un’epoca e al suo stile cinematografico per scavare sotto la superficie. Perché sotto il ghiaccio e sotto la patina bolle sempre qualcosa, e si celano emozioni, repressioni, identità.

Però ho come la sensazione che ci sia qualcosa di diverso rispetto al discorso che Haynes fa in Lontano dal Paradiso. Lì c’è davvero la voglia di strappare un lenzuolo e di rivelare cose vecchie come il mondo ma che allora si dovevano per forza nascondere. Però lì il ‘colpo di teatro’ queer avveniva a metà film, qui il colpo di fulmine tra Carol e Therese è chiaro sin da subito. C’è quindi poco o nulla da ‘scoperchiare’, anche se l’America è la stessa del Connecticut degli anni 50.

Carol sta divorziando dal marito Harge. Hanno una figlia che l’uomo vuole in custodia per mancata ‘moralità’ della moglie. E nonostante questo vuole che la donna stia con lui e i suoi genitori durante Natale, perché forse è disdicevole che una donna sposata stia da sola in un giorno come quello (per fare cosa, poi, chissà…).

“Come hai conosciuto mia moglie?” è la prima cosa che Harge chiede a Therese quando la coglie di sorpresa in casa sua. Ecco: in Carol il velo è già stato squarciato. Bisogna ricucirlo in qualche modo, e il prima possibile. Haynes non può prescindere dal contesto, mi pare evidente. Il ‘sistema’ è quello che è, blocca e irrigidisce con le sue strutture sociali. Ne è coinvolta anche Therese, corteggiata da un ragazzo, Richard, che vorrebbe si trasferisse con lui in Francia.

Invece Therese preferisce partire per un breve viaggio on the road fino a Chicago con Carol, e da qui è evidente che sarà difficile tornare indietro. Il film si può così dividere in tre parti: un inizio a New York, il viaggio in macchina, la parte conclusiva di nuovo a New York. In un’opera così evidentemente tripartita, e che corre il rischio di far uscire e dover ripescare lo spettatore, è incredibile come la sceneggiatura di Phyllis Nagy e la regia di Haynes facciano girare il tutto senza cedimenti.

Il punto di forza di Haynes è che non resta imprigionato nel suo stile, anche se gira in 16mm e fa largo uso espressivo del colore. Soprattutto, checché ne dica qualcuno, non ha fortunatamente paura dei sentimenti. Non ha paura manco a usare come aiuto emotivo le musiche di Carter Burwell, che compone un’elegante colonna sonora accompagnata da un repertorio di musica d’epoca. Si lascia anche andare a scene rarefatte e soggettive stranianti, come nella scena in cui le due protagoniste guidano dentro una galleria.

Il regista ama e rispetta Carol e Therese forse molto di più di quello che già immaginiamo. Si guardi il monologo di Carol con il marito e i due avvocati: c’è tutta la dignità di una donna che si è già capita come persona, ma decide di mettersi ‘da parte’. “Non siamo persone orribili”, dice al marito prima di andarsene dopo una discussione sull’affidamento della figlia. A chi si riferisce con il noi? C’è un mondo intero dietro a una frase del genere: una richiesta di empatia, la volontà di restare ‘uniti’ nella coppia nei confronti del futuro della figlia, la paura di non essere più accettata in società.

Cate Blanchett è all’inizio rigidissima, proprio come una signora dell’epoca, benestante e a modo, dev’essere. Rooney Mara esplora il suo personaggio con le fragilità, le insicurezze e anche la curiosità ingenua che può avere una ragazza giovane, e matura con Therese. Haynes sa benissimo che ci sono due mondi diversi che s’incontrano in questo amour fou che ha solo una scena di sesso e molti sguardi. Parla del singolo e di un percorso che va fatto anche e soprattutto a livello intimo, personale.

Todd Haynes, che col Queer Cinema ci è nato – e ne è stato uno dei padri -, prende un’epoca e il suo stile cinematografico e non ribadisce affatto una cosa già detta. Che gli omosessuali negli anni 50 rischiassero grosso, e che fosse una vergogna dichiarsi – figurarsi in società -, è un discorso ormai vecchio che pure il cinema ha imparato a superare (tant’è che Lontano dal Paradiso è del 2002: ne è passato di tempo).

“Il mio angelo caduto dal cielo”. Così è Therese per Carol: esattamente quello di cui ha bisogno, ora e per sempre. Però prima c’è bisogno di capire e capirsi, con tutto il tempo necessario. Allora è qui che mi sembra Haynes faccia lo scarto definitivo rispetto a Lontano dal Paradiso: Carol è una dichiarazione politica che finalmente libera lo stile classico del cinema degli anni 50 e gli dà verità.

Per questo i minuti finali riescono ad essere di una potenza emotiva devastante. Carol è un tributo a tutti coloro che negli anni 50 sono arrivati prima di qualunque movimento: mica è un caso che il romanzo di Patricia Highsmith da cui è tratto il film sia del 1952…

[rating title=”Voto di Gabriele” value=”10″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”9″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”6.5″ layout=”left”]

Carol (USA 2015, drammatico 115′) di Todd Haynes; con Rooney Mara, Cate Blanchett, Kyle Chandler, Sarah Paulson, Cory Michael Smith. Prossimamente in sala con Lucky Red.

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