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Segreti di famiglia: la recensione del film in concorso a Cannes 2015

Festival di Cannes 2015: il debutto anglofono e con cast stellare per il norvegese Joaquim Trier è un film diverso ai suoi lavori precedenti. Storia corale dalla linearità spezzata, Segreti di famiglia (in originale “Louder Than Bombs”) è un emozionante ritratto di famiglia che è anche una riflessione sulle relazioni. Con momenti molto potenti.

pubblicato 18 Maggio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 15:47

Il debutto di un regista non americano con un lungometraggio in lingua inglese è un appuntamento allo stesso tempo atteso e temuto. Il norvegese Joaquim Trier si era fatto notare con i precedenti Reprise e Oslo, 31. august, quest’ultimo battezzato proprio a Cannes nel 2011. E l’esito di Louder Than Bombs è forse diverso da quello che ci si aspettava sotto molti punti di vista.

Si comincia con l’inquadratura di un dito di un adulto che tiene il dito di un neonato. L’adulto è Jonah, diventato ora genitore assieme alla sua giovane compagna. La madre di Jonah, Isabelle, era una fotografa di guerra, ed è morta in quello che si dice sia stato un semplice incidente stradale qualche anno fa. Un’esposizione celebrativa nei suoi confronti porta Jonah a tornare a casa dal padre Gene e dal fratellino nerd Conrad…

Prendiamo Oslo, 31. august. Era la storia di una sola persona, Anders, giovane ex tossicodipendente che provava a suicidarsi. Un protagonista, 24 ore, storia lineare. Louder Than Bombs è decisamente diverso, per questo anche un po’ spiazzante: ci sono quattro personaggi (di cui uno sappiamo che è già morto, e che ritorna come un fantasma), molti anni da ‘coprire’, una struttura narrativa a-cronologica.

La linearità della storia non è spezzata solo perché i personaggi da seguire sono quattro, ma anche perché Trier decide di lavorare col montatore Olivier Bugge Coutté direttamente sul fattore emotivo. Non significa che la sceneggiatura segue semplicemente in modo alternato i diversi personaggi, ma lavora su più livelli intersecando le vicende nei modi più sottili e a volte inaspettati.

C’è, per dire, anche la struttura di Rashomon. Una delle prime scene vede Gene seguire Conrad e spiarlo di nascosto, chiamandolo al cellulare per verificare se gli mentirà o no su cosa sta facendo (dice di essere con gli amici, invece è da solo al parco). Poco dopo, seguendo questa volta il personaggio di Conrad, lo stesso momento della telefonata viene mostrato dal punto di vista del ragazzo.

Ci sono poi schegge di memoria, episodi solo immaginati, sogni. Ma niente è confuso, anzi: Trier non si smentisce rispetto ai lavori precedenti. Non vuole forzare nulla. Prova a fare delle associazioni emozionali, facendo sì che il film scorra come un flusso ininterrotto dove però ogni sequenza è riconoscibile. Il suo ultimo film è un tentativo di ridare allo spettatore le emozioni intime dei personaggi, impossibili da spiegare in altro modo se non con i puri elementi cinematografici (montaggio innanzitutto, ma anche la musica).

Se bisogna fare un’annotazione sta nella non originalità del soggetto. Scegliendo una storia del genere Trier rischia grosso, perché va proprio verso il dramma famigliare che gli Stati Uniti amano molto raccontare da anni, soprattutto in certo cinema indie. Si può anche pensare che, con meno budget e attori norvegesi, il risultato non sarebbe stato diverso, forse addirittura ancora più forte e intimo. Chissà, può darsi.

Però Louder Than Bombs non è mica un film sull’elaborazione del lutto e sul vuoto improvviso lasciato da una madre/moglie. O, almeno, non solo. Mi pare evidente che ci sia una storia corale piuttosto precisa in questo caleidoscopio. Ed è anche un film in cui ci si pone delle domande sulle relazioni famigliari (figlio/genitore, fratello/fratello, moglie/marito) e non (come le amicizie o le cotte a scuola).

C’è persino un momento in cui, con una velocissima sequenza a episodi, Jonah legge un testo scritto dal fratello, che riguarda ciò che lui prova, ciò che vive ogni giorno, il suo mondo. Non solo per la prima volta Jonah si rende conto che suo fratello ha addirittura un certo talento per la scrittura, ma scopre cose che pensava di lui che non poteva immaginare.

Ovviamente poi tutto gira attorno alla figura di Isabelle, che vediamo nei ricordi del marito e dei due figli. Tutti sembrano sapere la verità delle circostanze reali per cui la donna ha fatto un incidente stradale, meno Conrad (e con lui lo spettatore). Grazie alla sua storia e alle verità che gli sono negate, lo spettatore vive alcuni tra i momenti più potenti del film.

Sta forse in questo il senso di Louder Than Bombs: nel voler scavare nelle sensazioni che una verità non detta in famiglia può portare. Ecco innanzitutto che cos’è l’ultimo film di Joaquim Trier: un ritratto di famiglia. In tutto e per tutto. ‘Semplicemente’.

[rating title=”Voto di Gabriele” value=”7.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]

Louder Than Bombs (Norvegia/Francia/Danimarca 2015, drammatico 105′) di Joaquim Trier; con Jesse Eisenberg, Amy Ryan, David Druid, Rachel Brosnahan, Gabriel Byrne, David Strathairn. Prossimamente in sala con Teodora.

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