Home Recensioni Mistress America: recensione in anteprima del film di Noah Baumbach

Mistress America: recensione in anteprima del film di Noah Baumbach

Forse il film più personale di Noah Baumbach da molto tempo a questa parte, Mistress America unisce l’energia di Frances Ha e la follia di Fantastic Mr. Fox. Imprevedibile, strano, e molto divertente, con una Greta Gerwig in stato di grazia.

pubblicato 21 Agosto 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 13:31

La diciottenne Tracy è da poco arrivata a New York per il college. Sola e senza amici, si decide a contattare Brooke, 30 anni circa, che presto diverrà la sua sorellastra. La madre di Tracy (nota bene: atea) sta infatti per sposare il padre di Brooke (nota bene: religiosissimo). Tracy viene così introdotta da Brooke nella NYC più bella e nei giri più divertenti: ma Brooke è davvero così cool come dice di essere?

Mistress America non farà cambiare idea né agli appassionati né ai detrattori di Noah Baumbach: è un suo film in tutto e per tutto. Però non credo sia un film ‘scontato’, e soprattutto non lo credo se messo in rapporto al resto della filmografia dell’ex collega di Wes Anderson.

Baumbach in un certo senso sta un po’ viaggiando sulle rotte della carriera di Alexandre Payne: Frances Ha è il suo Sideways, il film circolare e perfetto; Giovani si diventa è il suo Paradiso amaro, quello che ‘ok va bene pero” (secondo alcuni, non per chi scrive); Mistress America potrebbe essere quindi il suo Nebraska, in cui anche i detrattori riconosceranno qualche qualità.

Certo, inizia come Frances Ha, e il fatto che si tratti della terza collaborazione tra Noah Baumbach e l’attuale compagna Greta Gerwig la dice lunga. Mistress America, come Frances Ha, potrebbe sembrare più un film dell’attrice che del regista. Invece, e in modo piuttosto sorprendente, contiene un ‘cuore’ che è la cosa più strampalata e forse entusiasmante che Baumbach abbia mai girato.

Questo ‘cuore’ corrisponde alla parte centrale del film, e ad una buona mezz’oretta del minutaggio totale. Se si analizza il film con il bilancino, si vede in modo chiaro che si tratta di una sola e unica scena in cui ci sono quasi unità di tempo, luogo e spazio. Siamo in una una ricca villa a Greenwich, Connecticut: qui vive l’ex migliore amica della protagonista, Brooke (Gerwig), venuta a reclamare un po’ di soldi nella speranza di aprire un ristorante a Williamsburg, quartiere hipster per antonomasia di Brooklyn.

L’amica le ha rubato un’idea, ha fatto i soldi e si è sposata con una sua ex fiamma, scappandosene pure coi suoi gatti. Brooke, accompagnata dalla quasi nuova sorellastra Tracy e da altri due amichetti del college, vuole riprendersi quel che è suo. O almeno un po’. Ben presto questo incontro stralunato si trasforma in un lunghissimo segmento senza un attimo di respiro, a metà strada tra screwball comedy e gioco al massacro polanskiano.

È un punto di rottura pazzesco, sia a livello di tono, di intenti e persino di ritmo interno, rispetto a quel che è venuto prima. Una commedia ‘caruccia’, l’ennesima su due amiche che si incontrano, si conoscono e condividono le loro vite e sogni nella Grande Mela, si trasforma letteralmente e spiazza. Questo segmento ci ricorda che Baumbach è anche l’autore di quel film sottovalutato che è Margot at the wedding.

Poi, va da sé, il film torna sui suoi passi. Qualcosa nei rapporti tra i personaggi si rompe, tutto cambia, ma si ritorna a New York. Ed è qui che Baumbach mi pare che centri davvero il bersaglio: perché la visione di NYC di Mistress America è un po’ diversa da quella di Frances Ha, e ancora più disillusa di quella di Giovani si diventa. New York non è il posto in cui c’è davvero spazio per tutti, anche se piccolo, anzi.

Girato con mano leggerissima e scritto con una libertà che forse Baumbach non ha mai avuto prima, Mistress America è l’ennesimo ritratto di un personaggio disilluso i cui sogni stanno sempre per cadere a pezzi da un momento all’altro. È anche l’ennesimo film dell’autore in cui i rapporti si sgretolano per ‘competizione’.

Ma è anche il ritorno a un cinema imprevedibile, dove l’energia e la freschezza di Frances Ha incontrano la follia di Fantastic Mr. Fox. Non importa se le famiglie a pezzi le ha già raccontate ne Il calamaro e la balena, Margot at the wedding e Lo stravagante mondo di Greenberg, se le distanze generazionali le ha raccontate anche in Giovani si diventa, se la ricerca di sé l’ha raccontata in Frances Ha: Baumbach qui diverte seriamente.

[rating title=”Voto di Gabriele:” value=”8″ layout=”left”]

Mistress America (USA 2015, commedia 84′) di Noah Baumbach; con Greta Gerwig, Lola Kirke, Heather Lind, Michael Chernus, Cindy Cheung. Qui il trailer. Sconosciuta la data d’uscita italiana.