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Pecore in Erba: clip in esclusiva e trailer

Esiste ai giorni nostri una nuova chiave per parlare di antisemitismo in modo da coinvolgere e sensibilizzare su un tema così controverso?

di cuttv
pubblicato 22 Settembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 12:35

Dopo il trailer, le foto e la nostra positiva recensione di Pecore in erba, oggi vi regaliamo una clip in esclusiva direttamente dalla BoleroFilm. Si tratta di un video in cui i telegiornali italiani e internazionali trattano la scomparsa del protagonista, Leonardo Zuliani.

Pecore in erba di Alberto Caviglia sarà nelle nostre sale dal 1 di ottobre.

Pecore in Erba: antisemitismo e satira, da Venezia 2015 al cinema

Una bella domanda per tante risposte, più o meno inefficaci, a giudicare da quello che insegnano storia e cronaca. L’interrogativo che ha spinto Alberto Caviglia a spostare la prospettiva sulla controversa tematica, portando sul grande schermo Pecore in Erba.

E allora, come avrebbero detto i Monty Python, dai quali trae ispirazione e parecchie lezioni di nonsense e paradosso gustosamente surreale … e ora qualcosa di completamente diverso … sull’antisemitismo!. Tanto spinoso da scatenare conflitti e orrori subdolamente eterni, così radicato da emergere in modo quasi inconscio e inconsapevole.

Un viaggio nella dimensione distorta e spesso involontaria, nella quale si vivono (ci lasciano vivere e percepire) fenomeni terribili come il razzismo e l’antisemitismo, messa in scena dal regista e autore del soggetto, oltre che sceneggiatore con Benedetta Grasso del mockumentary, giocando a mescolare in modo provocatorio verità e finzione, ordine e caos, senso comune e paradosso.

Luglio 2006. Leonardo Zuliani è scomparso. Da Trastevere la clamorosa notizia diventa vera e propria emergenza nazionale mentre un innumerevole gruppo di seguaci si accalca davanti alla casa del giovane attivista. La mamma è disperata, il quartiere paralizzato. Alla televisione ogni canale parla di lui, tutte le autorità esprimono la loro solidarietà alla famiglia. Molti non vogliono crederci, forse sperano sia un’altra delle sue trovate. Genio della comunicazione, fumettista di successo, stilista visionario, scrittore di grido, attivista dei diritti civili: ma chi è veramente Leonardo?

Un punto di vista insolito e per certi versi inedito sull’antisemitismo, da ridere a denti stretti. Lo sguardo arguto e ironico su quello che tendiamo a dissimulare che ha già strappato risate amare al pubblico della sezione Orizzonti della 72. Mostra del Cinema di Venezia, insieme al Premio Arca CinemaGiovani e il Premio Cinematografico “Civitas Vitae Rendere la Longevità Risorsa di Coesione Sociale”, oltre che Miglior film italiano a Venezia,

Il debutto alla regia di Alberto Caviglia, prodotto da Luigi Musini e Olivia Musini per On My Own s.r.l., con Renato Ragosta, in associazione con Paola e Ricky Levi che, a quanto pare, arriva nelle nostre sale giovedì 1 ottobre, distribuito da Bolero Film.

Pecore in erba: cast artistico

Leonardo – Davide Giordano
Mamma Leonardo – Anna Ferruzzo
Sorella Leonardo – Bianca Nappi
Nonno Leonardo – Omero Antonutti
Sofia – Mimosa Campironi
Lo Psichiatra – Alberto Di Stasio
Maestra di Leonardo – Lorenza Indovina
Guglielmo – Francesco Russo
Mario – Niccolò Senni
Presidentessa AILA – Paola Minaccioni
Antonio Persica – Marco Ripoldi
Amico di sinistra – Josafat Vagni
Don Ciro – Massimiliano Gallo
Sofia Film- Carolina Crescentini
Leonardo Film – Vinicio Marchioni
Sociologo – Antonio Zavatteri
Docente Storia – Massimo De Lorenzo
Padre Leonardo Film – Francesco Pannofino
Leonardo Bambino – Tommaso Mercuri
Guglielmo Bambino – Valerio Cerullo
Mario Bambino – Manuel Mariani

Pecore in erba: note di regia

“Pecore in erba” è un film nato per rispondere a una domanda: esiste ai giorni nostri una nuova chiave per parlare di antisemitismo in modo da coinvolgere e sensibilizzare su un tema così controverso?

Un tema così antico e allo stesso tempo costantemente presente nella cultura moderna, che i fatti più recenti, a mio avviso, rendono difficilmente riconoscibile.

Per questo con “Pecore in erba” ho voluto provare ad affrontare un tema terribile come quello dell’antisemitismo con i toni della satira.

Questo film vuole divertire, con un racconto che si fonda su un gioco: il gioco di parole, il gioco d’invenzione, il gioco con la Storia e la cultura popolare. E’ un divertissement che racconta un ragazzo in crescita e che fa riferimento a territori molto legati allo humor ebraico, come la psicanalisi.

Leonardo è un inventore, un personaggio sopra le righe, un “Forrest Gump” che cambia involontariamente la storia. Ho trovato lo spunto per dar vita a questa storia quando ho provato ad immaginare un protagonista antisemita, che per una paradossale situazione non
riuscisse mai veramente ad esprimersi ed affermarsi, nonostante la società in cui viva (una Roma distopica dei giorni nostri) fosse molto antisemita e in cui questo fenomeno non fosse mai realmente condannato.

Leonardo è un trentenne romano dei giorni nostri, e rappresenta quello che definirei un “antisemita puro”. Questa purezza dipende dal fatto che Leonardo, pur vivendo in una realtà in cui l’antisemitismo è ampiamente accettato e sdoganato, non ha bisogno di motivi e ideologie per dar voce al proprio odio antiebraico, perché questo è innato, fa parte di lui e non deriva da una scelta ideologica.

In questa storia che ricostruisce la vita di Leonardo (che è scomparso) attraverso la testimonianza dei suoi amici e famigliari, la narrazione entra nel vivo di una storia che coinvolge con leggerezza. La preoccupazione della famiglia di Leonardo per la sua diversità, l’amore per una donna, la ricerca di un padre scomparso e del rapporto che non ha mai potuto avere con lui, il desiderio di accettazione e quello di ‘trovare se stesso” muovono la sceneggiatura.

Il gioco tra personaggi immaginari e reali (noti giornalisti, politici) inseriti in contesti realistici come i talk show, o nelle loro case, viene utilizzato come espediente per rendere la storia reale e non di pura fiction.

E’ un gioco sottile, che prevede (da parte delle personalità che accettano di parteciparvi) di far leva sul loro ruolo e sulla loro notorietà per raccontare una realtà inventata e incredibile, totalmente distorta e amaramente divertente.

Lo stesso vale per la rappresentazione di eventi storici e fenomeni di massa reali a cui viene data una nuova interpretazione (ovviamente falsa) amplificando ulteriormente l’impianto satirico.

L’antisemitismo è un fenomeno radicato. Le sue forme più diffuse e difficili da combattere sono proprio quelle manifestazioni più sfumate o apparentemente inconsapevoli. Ho cercato un modo per portare in luce e ridicolizzare l’ipocrisia e la malafede (più o meno coscienti), invitando a riflettere sulle sfumature di questo fenomeno e sul nostro modo di porci riguardo ad esso.

Se l’immedesimazione in un personaggio negativo potrebbe sembrare folle o addirittura pericolosa, il gioco è chiaro fin dall’inizio: il distacco è immediato attraverso la messa in scena di un personaggio così estremo. Spero che Leonardo riesca a mettere ancora più in luce le dinamiche della società e la falsità di alcuni atteggiamenti collettivi.

Negli ultimi 5-10 anni il genere del mockumentary e film che giocano con la verità e la finzione proliferano in tante forme. La satira è cambiata entrando in fenomeni globali e virali e quindi più vissuti, e non limitandosi alla caricatura, allo sketch, all’imitazione.

Gli stessi social network mettono l’ironia al primo posto nel presentare un fatto, come se questa rappresentasse la naturale evoluzione di un linguaggio. Il web ci ha abituati a giocare molto con questo contesto “meta”, col trovare contraddizioni. Questo vale anche da un punto di vista stilistico: media e registri vengono mischiati sempre più frequentemente, dal linguaggio televisivo a quello cinematografico, a quello teatrale, allo sketch umoristico.

L’approccio non è mai “cattivo” nei confronti di chi si rappresenta, o in alcun modo violento, ma si basa sempre sul paradosso. Come ne “Il Dittatore”, Sacha Baron Cohen può esporre i pregiudizi e le battute più antisemite o non politically correct con l’onestà di un personaggio negativo, mostrando quindi l’altra faccia della medaglia, qui si vuole fare lo stesso, traendo ispirazione anche da film come Zelig di Woody Allen o dai Monty Python, portando in superficie la vera natura di un certo tipo di pensiero e la gravità di atteggiamenti realmente diffusi e in crescita in molti paesi.

Atteggiamenti reali che nella loro ignoranza, miopia o assurdità comica spesso superano la finzione di questo film.

Alberto Caviglia

Festival di Venezia