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Sopravvissuto – The Martian: recensione in anteprima del film di Ridley Scott

Sulla scia della grande tradizione, Ridley Scott consegna uno dei film di fantascienza più rilevanti dell’ultimo periodo sotto forma di blockbuster. Merito del romanzo di Andy Weir, certo, ma The Martian è anche un’ode a quella Hollywood che, sola, può raccontare certe storie, in cui scienza ed intrattenimento convivono in maniera brillante

pubblicato 29 Settembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 12:19

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[quote cite=”Mark Watney]Dovunque vada sono il primo.[/quote]

Marte, quanta suggestione! Fino a pochi decenni fa marziano era sinonimo di alieno, entità venuta dallo spazio ora pacificamente ora per colonizzare il nostro pianeta. Schemi d’altri tempi, sebbene da allora non si siano fatti tanti passi in avanti. Già dal titolo, perciò, l’arguto romanzo di Andy Weir si pone quale provocatorio. Il “marziano” in questione infatti, non è mistero, altri non è che un astronauta umano, rimasto confinato al pianeta rosso per via di un incidente.

Sopravvissuto – The Martian (d’ora in avanti soltanto The Martian) è un blockbuster d’altri tempi, come solo certi maestri sanno fare. Figlio di un’eredità della Hollywood felice, se non altro capace di far sognare, di farci entrare, in un modo o nell’altro, in quelle storie che di volta in volta passa in rassegna. Non fa più nemmeno specie, in fin dei conti, che appena nove mesi fa si fosse qui a commentare Exodus, opera ben modesta a dispetto delle proporzioni, nonché impegno precedente di Scott; il cineasta britannico oramai viaggia a questo ritmo di un progetto riuscito ogni due/tre discutibili. Da tempo. Si dà però il caso che questo sia il turno di quello su cui c’è poco da dire.

The Martian intanto ha dalla sua il gusto per l’esplorazione, quella vera, verso ciò che per l’uomo è oggi il vero ignoto, ossia lo spazio. Ad un anno circa da Interstellar, stessi attori (Matt Damon e Jessica Chastain), ma tutt’altro registro, in comune col film di Nolan c’è il concetto di lontananza, di isolamento estremo, tematica che va da sé in un ambiente dove «la vita è semplicemente impossibile» (Gravity, cit.). Data la prossimità temporale, ma non solo, resta comunque l’ultimo lavoro dei Christopher Nolan quello a cui ci si rifà più volentieri. Al di là, come già evidenziato, dei registri, ché in The Martian sono altri. Meno speculativo ma al tempo stesso intelligente, frutto di studi per i quali pressoché tutto si deve al libro di Weir, che ha ipotizzato, dati alla mano, come potrebbe sopravvivere un essere umano su quello che ad oggi sembra essere il pianeta più simile alla Terra ma nondimeno inospitale.

Scott è però interessato allo spettacolo, che non per forza deve tradursi in girandola visiva; il film è infatti in larga parte ambientato in uffici, sale e nella minuscola base dove l’improvvido Mark Watney tenta di sopravvivere contro tutto e contro tutti. Al passo coi tempi anche nella struttura, che procede sotto forma di vlog, lascito del romanzo, certo, ma che qui Drew Goddard adatta allo schermo rendendola accettabile. In un contesto in cui si parla parecchio, dove di fatto molto passa dalla parola o dalla impossibilità di accedervi. In uno dei passaggi chiave Watney cerca infatti di escogitare un modo per comunicare con la NASA, e noi con lui (loro) viviamo l’ansia del processo che conduce alla soluzione. Perché in fondo The Martian è costellato di rebus: il concetto che Marte non sia adatto alla vita e che, anzi, la rifiuti, è il presupposto base. Perciò la più banale delle cosiddette routine dà adito a quesiti che richiedono alta professionalità, come il conteggio delle razioni, di per sé abbordabile, e la relativa realizzazione che con quelle a disposizione non si può campare abbastanza. Domanda: come moltiplicarle?

L’abilità nel film sta nel riuscire a filtrare in modo intelligente la vocazione, per così dire, scientifica del romanzo, laddove quest’ultimo si fa suo malgrado anche “guida” per chi dovesse trovarsi in certe condizioni – roba che al momento suona un po’ come il celebre Manuale per sopravvivere agli zombie di Max Brooks, ma tant’è. Chiaramente in The Martian c’è tutto quello che serve per farsi cinema, anzitutto dunque la drammatizzazione di una vicenda verosimile; ma è in particolar modo l’equilibrio con cui viene gestito il tono a fare la differenza. Perché non si direbbe, ma The Martian è pure divertente, attraversato com’è da quel fine (nel doppio significato di spessore e qualità) alone da commedia sagace, mai inopportuno.

A farci sorridere sono i dialoghi, non l’azione, che è sempre focalizzata sull’obiettivo principale, che quello di far restare in vita il protagonista. Protagonista che è un Matt Damon in gran spolvero, azzeccato per la parte: il suo Watney è un simpatico ed intelligente botanico prestato all’esplorazione spaziale, che lungi dal farsi prendere dal panico, decide di accettare la sfida ed affrontarla come tale. Anche in questo The Martian è film quintessenzialmente hollywoodiano, ovvero nella sua celebrazione degli USA e dell’uomo americano in particolare, quello che dappertutto va e da “vincitore” torna; vicenda dai contorni favolistici a tratti, ma trattata con un garbo ed un’affabulazione che rendono accettabile, se non addirittura liberatorio (in senso buono), il più classico e scontato degli sfoghi in applausi scroscianti.

Ma davvero, nulla o quasi è fuori posto in The Martian, espressione di una macchina che probabilmente mai come oggi sembra essersi inceppata, e che eppure sembra essere ancora la sola in grado di farci vedere e vivere certe storie. In questo modo, va aggiunto. Trasponendo del materiale interessante, moderatamente “commerciale”, senza snaturarne la freschezza, l’impeto e la complessità nel farsi marchingegno per veicolare una vicenda al limite e non viceversa. Si potrà sempre obiettare di tutto ma ci pare che un simile atteggiamento conti in maniera piuttosto marginale, dato che il film di Ridley Scott appaga su ogni fronte (o genere, che dir si voglia): fantascienza, avventura, humor, spettacolo. D’alto canto, in quanti e quali altri contesti ci si può permettere di incollare brani come Starman o I Will Survive e risultare tuttavia credibili, oserei dire “seri”?

[rating title=”Voto di Antonio” value=”8.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”8″ layout=”left”]

Sopravvissuto – The Martian (The Martian, USA, 2015) di Ridley Scott. Con Matt Damon, Jessica Chastain, Kristen Wiig, Mackenzie Davis, Kate Mara, Jeff Daniels, Sean Bean, Sebastian Stan, Chiwetel Ejiofor, Donald Glover, Michael Peña, Aksel Hennie, Naomi Scott, Jonathan Aris e Lili Bordán. Nelle nostre sale da giovedì 1 ottobre.