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Roma 2015 – Legend: Recensione in Anteprima

Il premio Oscar Brian Helgeland sdoppia Tom Hardy in Legend, secondo ‘biopic’ sui gemelli Kray

pubblicato 24 Ottobre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 11:35

17 anni fa premio Oscar grazie allo script di L.A. Confidential, Brian Helgeland si è poi dato anche alla regia con film tutt’altro che sensazionali, vedi Payback, Il destino di un Cavaliere, La setta dei Dannati e lo sportivo 42. Nel 2004 la seconda ed ultima nomination agli Oscar grazie al meraviglioso script di Mystic River, per poi sceneggiare titoli come Man on Fire, Robin Hood, Pelham 123 e Green Zone.

Una signora filmografia quest’anno impreziosita da Legend, atteso adattamento cinematografico del libro biografico di John Pearson sui ‘leggendari’ gemelli Kray, veri e propri gangster dell’East End di Londra negli anni Cinquanta e Sessanta. Una coppia di criminali già diventata cinema nel 1990 con il poco conosciuto The Krays – I corvi, che vide i due Spandau Ballet Gary Kemp e Martin Kemp negli abiti dei due gemelli protagonisti.

Un doppio ruolo in questo caso portato a casa da un unico attore, Tom Hardy, chiamato letteralmente a sdoppiarsi per Brian. Da una parte l’elegante, fascinoso e spietato Reggie, dall’altra l’omosessuale dichiarato nonché sociopatico compulsivo Ronnie. In pochi anni i Krays divennero un brand, scalando i vertici della malavita londinese, abbattendo rivali e minacciando Scotland Yark, seminando morti, rapine e sognando una Las Vegas europea proprio a Londra. Tutto questo grazie ad una santa alleanza con i boss a stelle e strisce del Nevada. Negli anni sessanta questi due malavitosi divennero talmente famosi dall’andare incontro ad interviste tv e all’obiettivo di David Bailey, con il loro nightclub nel West End frequentato da personalità politiche e non, tanto da far esibire tra gli altri Diana Dors, Frank Sinatra e Judy Garland. Peccato che l’instabilità psichica di Ronnie portò presto la baracca ad affondare, trascinando i due in galera, verso la fine degli anni ’60, e ad un’inevitabile condanna all’ergastolo.

Una storia ‘da film’, quella dei gemelli Kray. Impossibile non rimanere affascinati da questi due personaggi che divennero volti da tabloid (intelligentemente sfruttati), alimentando pettegolezzi e ammaliando i poveracci dell’East End, da loro sempre trattati con i guanti. Una doppia faccia della stessa medaglia: da una parte psicotici gangster, dall’altra moderni Robin Hood. Peccato che Helgeland, inspiegabilmente ipnotizzato da questo aspetto della ‘coppia’, abbia concentrato le proprie attenzioni sul lato privato dei Kray, focalizzando il punto di vista dell’intera pellicola sulla moglie di Reggie. Perché è lei, la bella e brava Emily Browning, a svolgere il ruolo di ‘narratrice’. E’ lei a raccontarci l’epopea dei gemelli Kay, neanche a dirlo vista attraverso gli occhi di una donna lontana dalla criminalità, con tutte le conseguenze del caso.

Perché Legend non è un gangster movie nel vero senso del termine, ahinoi, ma un inusuale family-drama in cui la malavita rimane troppo a lungo sullo sfondo. Esageratamente patinato, il film di Helgeland si sporca troppo poco le mani nella rappresentazione visiva di queste due ‘leggende criminali’ di Londra. Una volta diventati ricchi, temuti e potenti, i due gemelli sono quasi costretti a convivere con questo pesante fardello sentimentale rappresentato dalla moglie di Reggie, contraria all’escalation di violenza scatenata dal marito. Helgeland perde tanto, troppo tempo dietro a questo rapporto di coppia che di fatto appesantisce l’intera operazione, frenata da uno script incapace di prendere una precisa direzione. Una scelta a dir poco discutibile quella del regista, che si è preso non poche libertà creative nel raccontare la ‘sua’ storia dei Kray, partito benissimo e in alcune scene ineccepibile nel dare vita alla ‘violenza’ di questi due gemelli, ex pugili tendenzialmente poco inclini alle trattative. Personaggi, come detto, interpretati da un Tom Hardy chiamato agli straordinari.

Perché non è semplice dar vita a due gemelli tanto uguali quanto diversi. Caratterialmente distanti i Krey incutevano timore e rispetto, con l’ex Bane nolaniano letteralmente riuscito a sdoppiarsi. Perché i suoi Reggie e Ronnie sono effettivamente due persone diverse, con le proprie personalità e le proprie caratterizzazioni. Impeccabile il primo e spaventoso il secondo (ma a tratti macchiettistico), con occhiali da vista e mascellone all’infuori a renderlo indistinguibile, per uno scontro anche fisico che diverrà realtà grazie ad un sapiente uso del campo-controcampo e ad una discreta post-produzione che renderà credibili i non pochi face-to-face. Un lavoro immaginiamo sfiancante per lo straordinario divo briannico, reso di fatto ‘inutile’ da una sceneggiatura instabile nella sua evoluzione e da una regia fastidiosamente concentrata sul lato ‘glamour’ di quella ‘Swinging London’ che dinanzi a due gangster simili avrebbe dovuto grondare sangue anche al cinema.

[rating title=”Voto di Federico ” value=”5″ layout=”left”]

Legend (Uk, biopic, 2015) di Brian Helgeland; con Tom Hardy, Emily Browning, David Thewlis Christopher Ecclestone, Chazz Palminteri, Taron Egerton, Paul Bettany, Colin Morgan – uscita in sala: 2016

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