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Regression di Alejandro Amenábar: Recensione in Anteprima

Emma Watson ed Ethan Hawke tra satanismo, menzogne, isteria collettiva e psicanalisi in Regression, nuovo film del premio Oscar Alejandro Amenábar

pubblicato 19 Novembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 10:58

Sono passati ben 14 anni da quando Alejandro Amenábar, all’epoca appena 29enne, vinse 8 premi Goya e 3 Saturn Award grazie allo straordinario The Others. 36 mesi dopo, con Mare dentro, si portò a casa anche un Oscar, per poi eclissarsi. Deluso critica e pubblico con il faraoinico Agora (50 milioni di euro di budget), Amenábar è sparito per altri sei lunghi anni, tanto da suscitare non poco interesse con il suo 3° film in lingua inglese, Regression. Un ritorno alle inquietanti atmosfere che nel 2001 lo tramutarono in stella, ma anche a quella suspense che nel lontano 1996, con l’acclamato Tesis, lo portò a vincere 7 Goya all’esordio registico. Ispirandosi a fatti realmente accaduti tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, il regista ha visibilmente omaggiato quegli horror anni ’70 alla Esorcista e Rosemary’s Baby che hanno segnato il genere, dando vita ad un thriller psicologico dalla disturbata evoluzione.

Circa 1/4 di secolo fa, soprattutto negli States, prese vita un’isteria collettiva legata ai cosidetti ‘Satanic Ritual Abuse’, che travolsero di fatto il Paese. Persino l’FBI si interessò al caso, con i media ossessionati da queste storie grondanti sangue da più parti raccontate ma mai ‘realmente’ provate. Ed è da qui, da uno di questi casi, che Amenabar ha costruito la sua ‘regressione’ cinematografica. Siamo nel Minnesota del 1990. Angela, fragile diciassettenne, accusa il padre di un terribile crimine, che varia dallo stupro ai riti satanici. L’uomo, anche se non del tutto convinto a causa di una memoria ballerina, confessa. Il detective Bruce Kenner, chiamato ad indagare su quanto accaduto, riesce ad estrapolare alcuni dimenticati ‘ricordi’ dalla sua mente, che lo vedrebbero coinvolto in orge, uomini e donne incappucciate, sacrifici di animali e bambini. Tra i sospettati anche un poliziotto del posto, con l’intera America improvvisamente scossa da un’ondata di notizie a sfondo satanista che oscilla tra la cospirazione nazionale e il soprannaturale.

Tanto pressapochismo nel mostrare, smontare e ‘giudicare’ avvenimenti realmente accaduti oltre ad aspetti della psiche umana troppo delicati per metirarsi un simile trattamento. Questa la fastidiosa sensazione lasciata da Regression, titolo a più generi di un Amenábar che sembrerebbe aver perso la bussola della ‘scrittura’. Perché il regista spagnolo riporta a galla una pagina di storia americana dei primi anni ’90 inserendola all’interno di un quadro a tinte thriller che lentamente prende la strada della farsa, della presa in giro, della fuffa cinematografica. Quel che viene raccontato per 100 minuti viene poi smontato negli ultimi 6, con tanto di svolta narrativa stupidamente anticipata a metà pellicola, quando una cabina telefonica non farà altro che svelare ‘il trucco’. Un film sulla complessità della mente umana e sulle capacità che i media hanno nell’influenzarla. Incosciamente.

Ma anche un film sulla paura e sul modo in cui la affrontiamo, con Ethan Hawke, vero protagonista della pellicola, a causa di essa tramutato da predatore a preda. Un detective ligio al dovere, il suo, agnostico e preparato eppure presto esageratamnte coinvolto da questa storia che sembra inizialmente uscita da un girone dell’Inferno dantesco, tanto da rimanerne intrappolato. Il tutto a causa di una Emma Watson mediocre e particolarmente monocorde nel portare avanti i lineamenti di un personaggio (in)sofferente, nonché ago della bilancia all’interno di una trama sconnessa e poco credibile. Il perché è presto detto, visto e considerato che Regression non è un thriller, non è un horror e non è un poliziesco, senza però esimersi dal provare ad essere tutto. E niente.

Raramente teso e con una costruzione filmica da ‘film anni ’90’, a differenza del taglio ‘anni 70’ dichiarato dal regista, Regression ha la presunzione di seminare pseudo sentenze su temi tutt’altro che chiari, in quanto legati tanto alla psicanalisi quanto alla cronaca nera, finendo così per perdere contatto con quella finzione cinematografica qui spacciata per ‘reale’. Una scelta produttiva discutibile per un regista che non è riuscito a marchiare la propria opera con uno stile riconoscibile ne’ particolarmente affascinante, anche perché ulteriormente appesantito da personaggi inspiegabilmente instabili dal punto di vista psicologico. Più che un ‘ritorno’ alle premiate e promettenti origni, per Amenábar, una preoccupante conferma del lento declino a cui è andato incontro in questi ultimi 11 anni.

[rating title=”Voto di Federico” value=”4.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]

Regression (Usa, 2015, thriller) di Alejandro Amenábar; con Emma Watson, Ethan Hawke, David Thewlis, Devon Bostick, Dale Dickey, Aaron Ashmore, Adam Butcher, David Dencik, Aaron Abrams, Lothaire Bluteau, Kristian Bruun, Peter MacNeill, Goran Stjepanovic, Maura Grierson, Jacob Neayem, Danielle Bourgon, Alli McLaren, Janet Porter – uscita giovedì 3 dicembre 2015.