Home Festival di Cannes Cannes 2016, Julieta: recensione del film di Pedro Almodóvar in Concorso

Cannes 2016, Julieta: recensione del film di Pedro Almodóvar in Concorso

Festival di Cannes 2016: Julieta rivolge la propria attenzione al vano industriarsi nel tentativo di sublimare perdite dolorose a forza di accomodamenti. Un Almodóvar meno eclatante ma comunque efficace

pubblicato 17 Maggio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 11:17

È tutto pronto, Julieta sta per lasciare definitivamente Madrid e trasferirsi in Portogallo per seguire il suo compagno Lorenzo. Non sa quali libri portare con sé, e al contempo le dà fastidio compare gli stessi altrove («mi fa sentire vecchia»). Mentre cammina per strada incontra Bea, una vecchia amica di sua figlia Antia, che Julieta non vede da anni. Antia ha tre figli, è dimagrita ma sta bene. E soprattutto, sa che sua madre vive ancora a Madrid.

Almodovar gioca ancora con le identità dei propri personaggi, incastrati tra desiderio e realtà. Julieta cerca goffamente di ricreare le condizioni che la riportano a quel tempo verso il quale nutre molti rimpianti; altro segnale almodovariano, secondo cui ristabilire un equilibrio tra la condizione in cui ci si trova e quella in cui si vorrebbe essere passerebbe da un cambiamento esterno. Un modo per sublimare il dolore di una perdita, altro tema caro al regista spagnolo, come il dottor Ledgard de La pelle che abito, il quale crede che “ricreando” un corpo a cui però manca tutto il resto sia comunque sufficiente.

Si tratta di una tenera forma d’infantilità, da cui Julieta non è esente, sebbene ci sia da capirla, alla luce della sofferenza che si trascina dietro. Per quanto diversi, tutti i personaggi di quest’ultimo Almodovar soffrono, accomunati però da una cosa, ossia il loro inutile tentativo di sostituire l’oggetto della loro nostalgia. Proprio all’inizio Julieta si congeda drasticamente da Lorenzo con queste parole: «come ho potuto credere che avrebbe funzionato?», ammettendo di essere consapevole di questo processo col quale ha cercato invano di rimarginare la ferita.

Diviso in tre parti, Julieta affronta altrettante fasi della vita della sua protagonista, a partire dall’incontro con Xoan, il padre di Antia, fino alle ragioni che hanno portato al definitivo allontanamento della figlia. Anche Xoan è vittima di quanto abbiamo descritto sino ad ora: venuta meno da poco la moglie, vuole vedere in Julieta il sostituto, non importa fino a che punto ideale. È la consapevolezza di non poter sostituire alcunché a rendere ancora più atroci certe dinamiche, perché lo scollamento tra ciò che è e ciò che si vorrebbe è sempre sotto gli occhi di tutti.

Costruito come un thriller, la suspense vagamente hitchcockiana viene però parzialmente vanificata in corso d’opera, perché per il regista spagnolo la cosa più importante rimane raccontare i suoi personaggi, dare ragione del loro tormento. Per questo Julieta è opera più stratificata di quello che sembra; si pensi al tema del doppio, più articolato rispetto al classico coinvolgimento di due elementi. Se a cose fatte si tende a rimanere leggermente tiepidi è perciò dovuto al fatto che la risoluzione non riguarda la vicenda, bensì la maturazione dei suoi personaggi: perciò, ancora una volta, Almodovar parte dall’esterno per convergere verso l’interno.

Si tratta insomma di uno di quei film a cui puoi muovere poche critiche, che l’oramai consolidato autore spagnolo gira in modo classico, senza concedersi particolari licenze. Si parlerà infatti di un Almodovar minore, il che ci sta, così come di trionfo della forma sulla sostanza, e su questo s’ha da essere meno d’accordo. Certo, emerge eccome una chiara attenzione verso l’aspetto cromatico, la pulizia nelle inquadrature, l’appropriata e rassicurante colonna sonora di Alberto Iglesias e tutto il resto; ma non ci pare che tali accorgimenti precludano la possibilità di andare più in profondità.

Piuttosto, pur non essendo affatto un film mediocre, si ha la sensazione di un lavoro senza infamia e senza lode, risultato tendenzialmente frustrante se lo si inscrive alla filmografia di un regista così celebrato. Squalificarlo del tutto solo perché esce poco alla volta, senza colpi di coda bensì mantenendo il medesimo tenore dall’inizio alla fine, beh, si tratterebbe di un errore alquanto grossolano. Almovodovar c’è, e non bisogna nemmeno scavare così tanto.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”4.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”8″ layout=”left”]

Julieta (Spagna, 2016) di Pedro Almodóvar. Con Emma Suarèz, Adriana Ugarte, Rossy De Palma, Inma Cuesta, Darío Grandinetti, Daniel Grao, Michelle Jenner, Nathalie Poza, Pilar Castro, Susi Sánchez, Priscilla Delgado, Joaquín Notario, Blanca Parés, María Mera, Agustin Almodóvar, Mariam Bachir e Jorge Lobes. Nelle nostre sale da giovedì 26 maggio.

Festival di Cannes