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Venezia 64: Infamous giorno 5

It’s a free world – Ken Loach (concorso)Ken Loach avrà mille difetti, sarà un regista esageratamente retorico e indebitamente prolisso, un altro suo problema (ma qui è in buona compagnia) è quello di fare sempre (o quasi) lo stesso film. Pure qui torniamo al suo cinema preferito, quello che racconta i problemi della classe operaia

3 Settembre 2007 16:36

It’s a free world – Ken Loach (concorso)

Ken Loach avrà mille difetti, sarà un regista esageratamente retorico e indebitamente prolisso, un altro suo problema (ma qui è in buona compagnia) è quello di fare sempre (o quasi) lo stesso film. Pure qui torniamo al suo cinema preferito, quello che racconta i problemi della classe operaia (che malgrado quello che si dice è tutt’altro che scomparsa) degli sfurttati e degli sfruttatori. Al di là dei meriti e della solita pedanteria c’è un film che come nel miglior Loach fa venir voglia di ribellione e solo in pochi momenti (come nel peggior Loach) fa venir voglia di piangere e compatire come santi/martiri i nostri protagonisti. Per fortuna che questa volta la protagonista è una bella stronza che pur nelle sue enormi difficoltà non si può assolutamente perdonare.

Cleòpatra – Jùlio Bressane (Fuori Concorso, venezia maestri)

Se lasciamo da parte il fatto che sentire parlare Giulio Cesare e Ottaviano Augusto in portoghese è ridicolo e suscità l’ilarità (ma giusto nei primi minuti) e ci scordiamo delle terribili e immisurabili scene puramente arty e incomprensibili (magari è colpa mia che non ci arrivo), tipo quando gli attori si mettono a tremare inspiegabilmente di crisi epilettiche o fanno balletti erotici simil arcaici (vallo a sapere come li facevano i balletti erotici) il film è tutt’altro che il porno a basso costo come alcuni hanno appellato questo film. Certo il sesso è ben presente, ma diventa il punto di incontro attraverso il quale le varie culture (latina, ellenica, orientale-egiziana) si incontrano e cercano un dialogo. Da qui i vari approcci alla sessualità dei vari condottieri che si alternano nel letto di Cleopatra.
Se, e ripeto se, non fosse stato così arty e pieno di autocompiacimento lirico mi sarebbe anche piaciuto, purtroppo però non mi sento di dire che è un buon film.

Umbrella – Du Haibin (Orizzonti)

Un documentario d’autore che parla della Cina di oggi, certo, il ritmo e il respiro è quello dei film cinesi che parlano del cambiamento della cultura e della vita nella Cina, non sono in molti (malgrado questo tipo di film abbia vinto il leone d’oro l’anno passato) a sopportare il nuovo cinema cinese, e la tanta gente che è fuggita dalla sala lo ha dimostrato. Tuttavia però questo documentario riesce (attraverso il filo comune degli ombrelli) a mostrarci vari aspetti di una stessa realtà: la fuga dalle campagne e il non proprio facile adattamento alla vita urbana.
Si comincia con degli operai a lavoro in una fabbrica di ombrelli (e il ritmo di lavoro fa impressione) per poi passare alla situazione dei commercianti, degli studenti in cerca di lavoro, di chi cerca il proprio futuro nell’esercito; tutti legati dalla volontà di fuggire dalla miseria della campagna e dare un morso alla grande mela rossa. L’ultima parte dove si va nelle campagne e si vede la difficoltà dei contadini (che mietono il grano con la falce ma senza martello) è forse quella un po’ più compassionevole e struggente, non che il film diventi brutto sia ben chiaro, ma perde un po’ di quel lucido e severo senso di osservazione che lo aveva caratterizzato durante tutta la sua durata. Davvero un gran bel film, lento come la morte ma per niente noioso.

Non Pensarci – Gianni Zanasi (Giornate degli autori)

Non so quanti di voi amino Mastrandrea, interpreta sempre e solo se stesso e lo fa autocompiacendosi con simpatia (o sbruffonaggine a seconda di come la pensiate) io sono uno fra i suoi estimatori e in questo film l’attore romano dà sicuramente il meglio di sè. Quindi, se il personaggio vi sta antipatico non credo vi possa anche piacere il film, ma se di contro il personaggio è nelle vostre grazie e volete godervi una commedia fresca, che parla dell’italia di provincia e dei problemi di famiglia in modo garbato, sereno e indiscutibilmente divertente, senza appesantire lo spettatore con virtuosisimi di regia o di drammaturgia, beh, questo è proprio un film da vedere. Prima di vederlo storcevo il naso all’idea di una storia su di un chitarrista fallito, per fortuna poi ho fatto il furbo e saltando tutta la lunghissima coda (oltre la metà non sono entrati in sala) sono riuscito a imbucarmi e constatare che quella del chitarrista è solo un pretesto per dare il via alle vicende. Quando uscirà al cinema non perdetevelo.

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