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Swiss Army Man: recensione in anteprima del film con Daniel Radcliffe

Uno dei casi dell’anno, il film in cui Daniel Radcliffe cadavere emette scoregge e parla con Paul Dano. Eppure Swiss Army Man funziona nel suo essere volutamente sciocco e coerentemente sgangherato, e svela il talento delirante e controllatissimo dei Daniels. Cinema libero come quando la mente è libera d fantasticare.

pubblicato 21 Agosto 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 08:44

Se si pensa al modo in cui Dan Kwan e Daniel Scheinert, aka i Daniels, hanno provato a ‘vendere’ il loro progetto a produttori, finanziatori e compagnia bella, verrebbe voglia di essere una mosca e volare indietro nel tempo per assistere alle discussioni. Cosa avranno detto, che la loro intenzione era di fare un surreale Cast Away per la generazione hipster?

Sostanzialmente: c’è Paul Dano su un’isola deserta che prova a suicidarsi, ma un’improvvisa amicizia con Daniel Radcliffe, un cadavere che scoreggia, gli parla e c’ha talvolta pure un’erezione, lo spinge alla sopravvivenza. Alla fine hanno avuto ragione tutti: il film è diventato il caso del Sundance, dove ha vinto pure (e meritatamente) il premio della regia, e la A24, la casa di distribuzione indie più vivace e importante sulla scena, si è gettata a capofitto annusando il caso.

Ovviamente i Daniels fanno un film che parte da un’idea scemotta e rischiano a ogni scena il deragliamento totale. Un deragliamento che però non avviene mai. Vi diranno che un po’ bisogna sforzarsi ad entrare in Swiss Army Man, viste le premesse e il tono quirky. Non credeteci e dategli una possibilità: nel mondo di Swiss Army Man ci si entra velocemente e in una modalità assai più facile di quello che si potrebbe pensare.

Non c’è un attimo di tregua, non c’è una scena in cui non ci sia una trovata, non c’è uno stacco di montaggio o persino un rallenti che non sia imprevedibile. Al contempo, mentre Paul Dano si porta appresso Daniel Radcliffe e ci parla e ci diventa amico e quant’altro, si inizia per davvero a tifare per questa relazione grottesca e surreale.

Mica poco, per un film in cui appunto un cadavere flatulente e dal durello che indica le direzioni in cui andare per non perdersi in mezzo alla natura è al centro della scena. Ma Swiss Army Man ci parla di amore, solitudine, persino di gender, e persino di malattia, in una maniera totalmente inaspettata e, soprattutto, emozionante.

“Crazy, I’m fucking crazy”, canta Dano in una delle tracce delle colonna sonora, una delle migliori dell’anno: il modo in cui viene usato il tema di Jurassic Park ha davvero del geniale. I Daniels utilizzano le sonorità trascinanti di Andy Hull e Robert McDowell attivamente, mescolandole alla narrazione, creando un ritmo di una fluidità quasi acquatica.

Sta proprio in questo ritmo inaspettato e sempre vivace la forza principale di Swiss Army Man. Che pare essere per davvero un sogno ad occhi aperti, uno di quei sogni in cui la narrazione insegue uno scopo preciso ma in cui ogni momento ha una sua particolarità. Senza tirare in ballo Lynch e compagnia, certo, ma questo è – che piaccia o meno – cinema libero. Libero tanto quanto la mente è libera di fantasticare.

I Daniels, in quello che fanno, ci credono davvero, minuto per minuto. Non vuol dire che il loro film sia serio. Certamente non è serioso: è a tratti volutamente sciocco, coerentemente sgangherato. La sensazione è che sia tutto esagerato e fuori di testa, eppure controllassimo. Si rischia pure di lasciarci un pezzo di cuore, perché anche lo spettatore finisce per crederci per davvero in quello che vede, anche se si trova costantemente a sbarrare gli occhi per l’incredulità. Swiss Army Man è una follia irresistibile.

[rating title=”Voto di Gabriele” value=”8″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”8″ layout=”left”]

Swiss Army Man (USA 2016, avventura 95′) di Daniel Kwan, Daniel Scheinert. Con Paul Dano, Daniel Radcliffe, Mary Elizabeth Winstead, Timothy Eulich, Marika Casteel. Sconosciuta la data d’uscita italiana.