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The Love Witch: recensione in anteprima del film di Anna Biller

Ritorna dopo molti, troppi anni la regista di Viva, Anna Biller. Con un film che non è solo un omaggio al cinema sexploitation e grindhouse degli anni 60/70, anzi. Il cuore di The Love Witch si trova nel cinema del Technicolor, nel 35mm, in Hitchcock e Pasolini… Un film artigianale e davvero indipendente, di una delizia formale immensa e senza eguali.

pubblicato 7 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 06:31

Elaine è una giovane e bellissima strega determinata a trovare l’amore vero. Trasferitasi in un paesino in nord California dopo una delusione amorosa, va subito alla ricerca di uomini per sedurli. Ma resta pur sempre una strega, con tutto l’armamentario di pozioni e incantesimi pericolosi, indi… Un giorno s’innamora di un poliziotto, colui a cui ovviamente è stato assegnato il caso di trovare chi è la strega che sta mietendo vittime in paese.

Chi fra voi bazzica i festival, forse si ricorderà di un film che era diventato un piccolo caso al Torino Film Festival 2007. Si chiamava Viva ed era il primo lungometraggio diretto da Anna Biller, prima di allora regista di cortometraggi e regista teatrale. Si trattava di un film che esplorava le avventure sessuali di due coppie nella Los Angeles degli anni 70 secondo le modalità e lo stile di certo cinema che fu.

Era generalmente parso troppo lungo e un po’ naïve, ma aveva indubbiamente lasciato un segno. Dietro a quell’idea così vintage, dietro al gioco postmoderno e al femminismo marcato si vedeva qualcosa di concreto, una visione. Il termine stesso oggi ha assunto un’accezione che vuole dire nulla, certo: visionario è Tim Burton, visionario è Christopher Nolan, visionario è il regista arthouse del momento.

Però se Viva è rimasto assieme a coloro che lo avevano visto circa dieci anni fa, nonostante i difetti, è perché mi pare di poter dire che tutti ne avessero effettivamente intravisto le potenzialità. Una visione da regista e da autore, appunto. Tutto questo non solo viene confermato dall’atteso secondo lavoro della Biller, ma addirittura viene a sorpresa superato alla grande.

The Love Witch è tra i lavori più entusiasmanti dell’anno: perché non solo conferma la visione che Anna Biller aveva fatto intravedere anni fa, ma conferma un’amore per il cinema che è totalmente diverso dai Tarantino & co.. Il suo è puro cinema artigianale. E chissene se qualcuno penserà che si tratti di narcisismo, visto che la Biller fa tutto: dirige, scrive da sola, produce, lavora sulle musiche, sui costumui, sulle scenografie, eccetera.

Non è narcisismo, anzi: rispetto a Viva si è pure defilata come attrice. Questo è invece cinema artigianale della miglior specie, e lasciamo perdere il discorso sull’indipendenza che aprirebbe tunnel senza uscita (ci sarà un motivo se la regista ci ha messo 9 anni per fare un secondo film). The Love Witch ha un sapore di bottega che avevamo scordato, cresciuti ormai nell’era del digitale e degli effetti speciali.

Sembra un discorso da topi di biblioteca, e in fondo ad essere onesti forse un po’ lo è. Ma è questa la qualità principale del cinema di Anna Biller: ti cattura e ti ipnotizza. The Love Witch ti dà l’impressione di essere, come Viva, troppo lungo e troppo innamorato del mondo che crea, rubando un po’ qui e un po’ là, ma non puoi fare a meno di restare a fissarlo, ammirarlo, per scoprire sempre qualcosa di nuovo del mondo che crea.

C’è chi crede che i riferimenti principali della Biller siano Jesús Franco o il decamerotico. Se la Biller può negare, è innegabile che da quei film nasca – pur involontariamente – anche parte dell’estetica del film. Ma ciò che rende grande il film e ne accresce la forza è che la visione della Biller non è una pura copia o semplice omaggio a certi sexploitation movies, tutt’altro: la regista piuttosto mi pare guardi in alto, molto in alto.

Così, quando Elaine guida la macchina nella prima scena del film, pare Marion Crane in Psycho. Per non parlare della scena del matrimonio rinascimentale, tra le migliori in assoluto dell’anno: pare uscir dritta dalla Trilogia dell’Amore di Pasolini. In The Love Witch c’è l’amore di un film di Douglas Sirk diluito in un progetto da grindhouse. E questa intenzione ti sembra pure di riscontrarla nelle facce, assolutamente perfette.

È il figlio tra un melo in Technicolor e un b-movie anni 60. È girato in 35mm ed è così che bisognerebbe gustarlo, sul grande schermo e proiettato come si deve. Solo così l’incantesimo, tra scenografie da far cadere la mascella, colori incredibili e dettagli pazzeschi, può funzionare davvero.

[rating title=”Voto di Gabriele” value=”9″ layout=”left”]

The Love Witch (USA 2016, grottesco / horror 120′) di Anna Biller; con Elle Evans, Samantha Robinson, Lily Holleman, Jeffrey Vincent Parise, Dani Lennon. Sconosciuta la data d’uscita italiana.