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Venezia 2016, L’estate addosso di Gabriele Muccino: Recensione in Anteprima

Amori impossibili e secchiate di retorica esistenziale per Gabriele Muccino, 17 anni dopo Come te nessuno Mai di nuovo a Venezia con L’Estate Addosso.

pubblicato 31 Agosto 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 06:18

Unico regista italiano di un lungometraggio di tipo non documentaristico ad aver accettato (con entusiasmo) l’invito di Alberto Barbera nella nuova sezione fuori Concorso ‘Cinema nel Giardino’, di fatto pensata per un pubblico trasversale, Gabriele Muccino è tornato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 17 anni dopo Come te Nessuno Mai, titolo generazionale all’epoca co-sceneggiato e interpretato dal fratello Silvio, poi perso per strada causa litigi in famiglia.

L’Estate Addosso il titolo del decimo film del regista romano, in arrivo dai flop di critica e di pubblico degli hollywoodiani Quello che so sull’amore e Padri e figlie e di fatto tornato ad un progetto dal taglio adolescenziale. Un coming of age, un romanzo di formazione dal budget limitato (4 milioni di euro) e dagli attori sconosciuti, con l’amico Jovanotti alle musiche, una città ‘dei sogni’ come San Francisco sullo sfondo e una serie di scelte esistenziali da dover prendere.

Protagonisti due maggiorenni appena diplomati rimasti nella caldissima e deserta Roma per motivi differenti. Marco si è rotto una gamba in motorino, perdendo il treno degli amici in partenza, mentre Maria, bigotta e con padre mussoliniano, è stata scaricata dalle amiche perché troppo ‘casta’ per reggere i loro ritmi nell’esplosiva Mykonos. Per puro caso i due si ritroveranno in viaggio per l’America grazie ad un amico in comune, Vulcano, che li ha spediti come ospiti per qualche giorno da una coppia di ragazzi gay. Marco odia Maria, ovviamente, così come lei guarda con disprezzo i due innamorati, da lei definiti ‘pervertiti’. Quella che inizialmente nasce come un’impossibile convivenza a quattro si tramuterà invece in una travolgente amicizia che li porterà a vivere fianco a fianco per quasi un mese, tra Cuba e California, risate e baci rubati, confessioni passate e desideri futuri, segnando un’estate che nessuno di loro riuscirà più a togliersi di dosso.

Un progetto ‘minore’, rispetto ai titoli ad alto budget con attori celebri girati negli ultimi anni, eppure Muccino, qui volontariamente tornato ad interagire con quella precisa fetta di pubblico che respira luoghi comuni, non è riuscito ad evitare retorica ed eccessi, finendo così per parodizzare se stesso. I minuti introduttivi, che vedono il 20enne Brando Pacitto farfugliare disarmanti banalità esistenziali con il marchio ‘linguistico’ di Piazza Euclide e Vigna Stelluti, rappresentano di fatto un ritorno distorto e involontariamente comico al passato del regista, chiamato poi a delineare i contorni di un’esagerata e inizialmente impossibile amicizia tra mondi differenti.

Quello malinconico e sognante di Marco e quello pedante e omofobo di Maria, costretti ad interagire con l’universo in comune di Matt e Paul, solari ragazzi americani cresciuti nella profonda e conservatrice New Orleans ed ora 30enni ‘sbocciati’ a San Francisco inspiegabilmente impazziti dinanzi a questi due sconosciuti adolescenti (che vita avevano vissuto, prima del loro arrivo?). Nel costruire quest’amicizia, che oscilla pericolosamente tra affetto e amori impossibili, Muccino da’ il meglio di se’, sottolineando come differenze e preconcetti possano tranquillamente cadere dinanzi al rispetto e al confronto reciproco. Una parte centrale in cui il film ‘regge’, facendo avvicinare i 4 ragazzi ed evitando, fortunatamente, la rischiosa ‘conversione’ sessuale da parte del fascinoso Matt nei confronti di Maria, come pericolosamente fatto intuire dal (pessimo) trailer. Almeno questo.

Peccato che Gabriele, qui anche ideatore del soggetto e della sceneggiatura al fianco di Dale Nall, si sia presto perduto in esagerazioni e poco credibili evoluzioni, tra svolte on the road e innamoramenti lampo, caratterizzazioni borderline (la bella Matilde Lutz passa dal mussoliniano al gay friendly in 12 ore) e quelle immancabili sfuriate che da sempre caratterizzano il suo cinema. Isterismi qui contenuti ma in un paio di occasioni almeno portatori sani di involontarie risate, vedi il surreale finale in cui addosso all’estate appena vissuta dai protagonisti cade addosso una montagna di eccessi. Come spesso capitato anche in passato nei film del regista è la misura nei toni a mancare, per un Muccino forse mai tanto artificioso nel provare a raccontare quello ‘stato dell’anima’ in cui quando qualcosa improvvisamente cambia nulla sarà più come prima. Un ‘io’ qui travolto da una stagione, l’estate del titolo per l’appunto, da sempre tipica per accogliere novità e mutamenti, inediti affetti e dolorosi addii, scoperte inattese e incomprensioni, sguardi malinconici sul passato e occhi grondanti illusione nei confronti del futuro. Realtà enfatizzate fino alla nausea da un 49enne finito a scimmiottare ciò che fu a poco più di 30 anni, quando a co-sceneggiare la sua opera seconda c’era un minorenne. Più che un’estate addosso una possibile minaccia radiattiva per buonaparte del potenziale pubblico, come canta Lorenzo Cherubini nell’omonima canzone.

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L’estate Addosso (Usa, Italia, commedia, drammatico, 2016) di Gabriele Muccino; con Brando Pacitto, Matilda Anna Ingrid Lutz, Taylor Frey, Joseph Haro, Guglielmo Poggi, Jessica Rothe, Scott Bakula, Ludovico Tersigni – sezione Cinema nel Giardino – uscita giovedì 15 settembre 2016.