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American Pastoral di Ewan McGregor: Recensione in Anteprima

Premio Nobel per la letteratura nel 1997, Pastorale Americana di Philip Roth sbarca in sala con Ewan McGregor alla regia.

pubblicato 3 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 05:19

45 anni all’anagrafe e da 20 anni celebrità a tutto tondo, Ewan McGregor ha deciso di fare il suo esordio alla regia con l’adattamento cinematografico di Pastorale Americana, romanzo con cui Philip Roth vinse il Premio Pulitzer per la narrativa del 1998. Una scelta rischiosa e temeraria, quella di colui che fu Obi-Wan Kenobi nel prequel della trilogia di Star Wars, qui anche protagonista nei panni di Seymour Levov, ‘svedese’ per tutti, eroe in patria a cui la vita sembrava avesse concesso ogni tipo di gioia e fortuna.

Alto, biondo, atletico, affascinante, con fabbrica paterna alle spalle e una bellissima moglie un tempo Miss New Jersey al suo fianco. Un’esistenza pregna di felicità e apparentemente priva di difficoltà, fino a quando la balbuziente e adorata figlia Merry, ancora minorenne, non si fa travolgere dalle proteste che infiammano l’America tutta, affondata in Vietnam. Sono gli anni ’60, le strade pullulano di manifestanti e le bombe artigianali esplodono in ogni dove, con una di queste che travolge la vita di Levov, perché Merry, sempre più politicamente attiva, porta la guerra in casa. Letteralmente. E da allora nulla più sarà come prima.

Un romanzo politico, quello scritto da Roth, sulla disintegrazione del ‘sogno americano’ e sull’assurdità di una guerra che fece morti non solo in Vietnam ma anche in patria, nonché sulla chiara differenza generazionale nel dover affrontare quel conflitto, tra silenzio/assenzo e rivoluzione. McGregor, evidentemente incapace di gestire un simile capolavoro letterario, tanto pregno di contenuti quanto chiaramente allegorico, ha intrapreso la strada familiare soffermandosi quasi esclusivamente sul rapporto tra padre e figlia. Da una parte Seymor, detto ‘lo svedese’, vincente nato dal sorriso perenne, buono per natura e mai una parola fuori posto; dall’altra la rivoluzionaria Merry, incontrollabile figlia che si tramuta in terrorista, segnando in eterno le sorti della propria famiglia.

Registicamente piatto e dannatamente didascalico, American Pastoral prima introduce e poi sembra quasi dimenticare il terremoto politico e sociale che scosse gli States in quegli anni, lasciandolo di fatto sullo sfondo e affondando pesantemente proprio sul ruolo del protagonista. McGregor, forse troppo impegnato nel complesso e inedito ruolo di regista, è uno ‘svedese’ privo di nerbo e recitativamente parlando mediocre, così come chi ruota attorno a lui, vedi una ringiovanita e mentalmente instabile Jennifer Connelly, una balbuziente e quasi insopportabile Dakota Fanning e una appena accettabile Uzo Aduba.

Mai particolarmente teso e visivamente parlando poco ispirato, American Pastoral porta in sala l’implosione di un Paese 50 anni fa messo a ferro e fuoco da una guerra andata in scena a quasi 14.000 km di distanza, qui vista attraverso gli occhi di una famiglia borghese solo superficialmente perfetta e inattaccabile, chiamata dal nulla a dover ‘espiare’ i propri peccati. McGregor, che ha abbondantemente sforbiciato le oltre 400 pagine dell’impetuoso best seller di Roth (a lui sconosciuto prima di leggere lo script) per rimanere sotto le due ore di durata, ha così confermato la scarsa fortuna cinematografica a cui sono andati incontro i romanzi dello scrittore statunitense, più volte finiti sotto il critico occhio della stampa di settore. American Pastoral, ahinoi, non è da meno.

[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]

American Pastoral (Usa, drammatico, 2016) di Ewan McGregor; con Ewan McGregor, Jennifer Connelly, Dakota Fanning, David Strathairn, Uzo Aduba, Valorie Curry, Rupert Evans, Molly Parker, Peter Riegert, Mark Hildreth, Emily Peachey, Hannah Nordberg, Ocean James, David Whalen – uscita giovedì 20 ottobre 2016.

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