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Il sogno di Francesco: recensione in anteprima

Ennesimo film su una figura che da sempre affascina ed in maniera trasversale, Il sogno di Francesco fatica a restituirci non tanto un’immagine efficace del Santo d’Assisi, ma soprattutto gli uomini ed il loro travaglio davanti agli ostacoli che mettono a dura prova la loro fedeltà, a sé stessi così come a coloro che si amano

pubblicato 5 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 05:13

Si è detto che non vi sia mai stata persona che più si è identificata in Cristo come San Francesco. Al di là dell’immagine spesso distorta di questo santo, la Chiesa ha trasmesso esattamente questo Francesco, che era sì povero, che era sì uomo di pace, che sì amava l’uomo, gli animali, l’acqua, il sole ed in generale quella che lui non aveva riserve nel definire Creazione. Tuttavia questi non erano che aspetti di una personalità ben più complessa, unica ed irripetibile, perciò irriducibile ad uno solo di questi elementi. Vale la pena tale premessa perché in parte contribuisce a spiegare come mai Il sogno di Francesco sia un film essenzialmente non riuscito.

Come spiegare le restanti motivazioni? Il film del duo francese composto da Renaud Fely ed Arnaud Louvet si concentra su una vicenda in particolare, ossia il riconoscimento dell’Ordine da parte del Sommo Pontefice. Il conflitto sta lì, nel fatto che Francesco (Elio Germano) si rifiuti di “aggiustare” la Regola che gli è già tornata indietro come inaccettabile, mentre il fratello Elia (Jérémie Renier) è convinto che qualche concessione alla Santa Sede vada fatta in funzione della possibilità di estendere tale Regola alla cristianità tutta. Una questione politica, se vogliamo, più che spirituale, sebbene la figura del Santo di Assisi trasudi di per sé un carisma tale che oscurarne la spiritualità richiede un impegno che in pochi riuscirebbero a profondere.

Il registro è di stampo documentaristico, con un tono austero che per lo più rema contro la resa della narrazione. La vicenda viene infatti soffocata dal minimalismo con cui i due registi la filtrano, consentendole di respirare, quantunque affannosamente, solo verso il finale. Della diatriba interna all’Ordine fondato da Francesco emerge poco, né si ha modo di prendere una posizione, foss’anche di pancia. Ok, Francesco è testardo, la sua proposta è e deve rimanere estrema ma al contempo aperta a tutti: qui il cavillo, poiché la Chiesa teme che quella dei francescani possa divenire la via di fuga prediletta per malfattori e criminali in genere, che in un contesto senza alcuna selezione potrebbero rifugiarsi semplicemente per sfuggire alle loro malefatte. Ponendo dei paletti, però, a quanto pare verrebbero meno i presupposti fondanti, per cui Francesco desidera visceralmente che chiunque voglia possa abbracciare i suoi consigli per vivere a pieno il Vangelo.

Ma si tratta di discorsi che emergono letteralmente su carta, con quelle postille che tanta pena portano ad Elia, il quale è diviso tra la devozione all’amico fraterno ed il desiderio di formalizzare una realtà che, ne è sicuro, gioverà molto alla Chiesa ed ai cristiani. Stona, in tal senso, la sproporzione tra quanto San Francesco concretamente appare sullo schermo e quanto si riesce a cogliere di lui: troppe volte la macchina da presa si sofferma su di lui, silenzioso o parlante che sia, eppure così poco queste immagini riescono a trasmetterci della sua persona. Non semplicemente notizie bensì stati d’animo, condizioni, travagli interiori, il che per certi versi vale pure per Elia, il quale solo sul finire, come già scritto, diventa più accessibile.

Sia che questa distanza fosse voluta, sia che semplicemente sia capitata, in entrambi i casi il risultato presta il fianco a problemi che in nessun passaggio rientrano. Di tematiche seppur imponenti come amicizia, ambizione, desiderio si avverte a malapena l’aroma, poiché Il sogno di Francesco non ha una forza tale da affrontarle apertamente, di attardarsi su di esse anziché quasi temerle. A tutto ciò si preferisce un andamento che non è contemplativo né tantomeno corroborante, tradendo peraltro il tormento di cui invece, specie da un certo punto in avanti, la storia è permeata. Certo, la scelta di evitare orpelli di qualunque tipo è senz’altro la più coerente, forse pure la più “giusta” entro una certa qual misura; a patto però di accettare la contropartita, ossia che senza correre alcun rischio raramente si ottiene qualcosa di significativo.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]

Il sogno di Francesco (Francia/Belgio/Italia, 2016) di Renaud Fely e Arnaud Louvet. Con Elio Germano, Jérémie Renier, Yannick Renier, Eric Caravaca, Marcello Mazzarella, Stefano Cassetti, Thomas Doret, Alba Rohrwacher e Olivier Gourmet. Nelle nostre sale da giovedì 6 ottobre.