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Deepwater – Inferno sull’Oceano: recensione in anteprima

Peter Berg lavora sul potenziale spettacolare del disastro avvenuto a largo delle coste della Louisiana nel 2010, riuscendo a restituire la drammaticità di quelle ore così concitate

pubblicato 6 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 05:12

Nell’aprile del 2010 il peggior disastro ambientale nella storia americana: la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon s’inabissa per 400 metri a seguito di un’esplosione che ha comportato una fuoriuscita di petrolio il cui flusso è stato interrotto solo cinque mesi dopo. Il film di Peter Berg però non si attarda sull’impatto della tragedia, concentrandosi piuttosto sulle ore precedenti e quelle che hanno immediatamente seguito l’esplosione. Ed è in questi termini che va recepito Deepwater – Inferno sull’Oceano, disaster movie con intento inevitabilmente celebrativo nei riguardi di coloro, undici in totale, che hanno perso la vita durante quell’incidente.

C’è anche stavolta la parabola dell’uomo ordinario capace di azioni se non eroiche quasi: in questo caso si tratta di Mike Williams (Mark Wahlberg), padre di famiglia e tecnico che quel giorno era operativo sulla piattaforma. E che a Berg interessi l’azione e solo quella lo dice la struttura di questo suo lavoro, concepita in funzione del momento in cui la tragedia si consuma. Sin dall’inizio infatti vengono inserite queste sequenze riportanti il fondale, con le prime bolle d’aria che si sollevano dalle crepe diventando man mano sempre più inquietanti. Da questo punto di vista Deepwater riesce a coinvolgere come pochi disaster movie di recente uscita, preparando discretamente la lunga scena madre del film, che consiste nell’esplosione e relativo incendio, con tutto ciò che ne consegue per coloro che si trovano su quella piattaforma.

Lo spettacolo anzitutto perciò, in cui l’elemento umano viene inserito con discrezione, esponendolo il tanto che basta per fornire delle coordinate: capiamo infatti dalle prime battute cosa porterà alla catastrofe, ossia l’avarizia dovuta a procedure, scadenze e protocolli di una multinazionale che è lì per fare soldi e non per rimetterci. Si consideri che la British Petroleum, affittuaria della piattaforma, pagava quasi mezzo milione di dollari al giorno per star lì ed in quel momento si era in ritardo di circa ventidue giorni sulla tabella di marcia (qualunque cosa tutto questo volesse dire). Per quanto semplice, la dinamica che s’instaura sin da subito tra coloro che vigilano sulla sicurezza ed il rappresentante della compagnia petrolifera in qualche modo attecchisce; alla fine si aspetta comunque, manco a dirlo, il momento in cui la situazione sfuggirà miseramente di mano.

In un arco di tempo perciò molto ristretto Berg riesce a gestire piuttosto bene lo sviluppo di questa vicenda, spettacolarizzandola senza svilirne o peggio mortificarne la portata, una ferita viva non soltanto per coloro che in quell’occasione hanno perso i propri cari. In questo caso, però, più che di eroi, così come ventilato in apertura, sarebbe più corretto parlare di vittime, così per lo meno le tratta il film: persone che non si sa fino a che punto fossero consapevoli di quali fossero i rischi, anche perché di episodi del genere la casistica dell’epoca a quanto pare non era così piena. In un incidente in cui a perdere la vita sono undici persone, però, sottintendendo un calcolo cinico ma che ci aiuta a comprendere il meccanismo di Deepwater, colui che riesce a salvarne anche solo una può considerarsi un eroe. Anche perché la vicenda tutta racconta la parabola di un fallimento, a cui la stupidità umana si aggiunge: stando a quanto avviene nel film, le seppur sospette rilevazioni non diedero modo di verificare l’entità del problema, ben al di là di quello che anche i tecnici erano in grado di prevedere.

Ma sono discorsi ai quali la fatica di Berg dà per lo più il là, senza entrarvi nel merito. Lo sforzo sta tutto nel ricreare le condizioni estreme di quel giorno lì, in quel punto dell’oceano poco distante dalla Louisiana. In quest’ottica Deepwater riesce a restituirci la drammaticità di quei momenti terribili e concitati, lavorando dignitosamente sul fronte dell’immersione. Si può anche storcere il naso, da un punto di vista squisitamente cinematografico, riguardo all’ineludibile finale, che però è iscritto a priori nel DNA di un progetto del genere, perciò è comprensibile. Senza arrogarsi perciò il diritto di condannare o promuovere oltre i confini del buon senso, Deepwater – Inferno sull’Oceano riesce a cogliere lo spunto fornito da una simile catastrofe servendosene per dell’onesto intrattenimento, niente di più niente di meno.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]

Deepwater – Inferno sull’Oceano (Deepwater, USA, 2016) di Peter Berg. Con Mark Wahlberg, Kurt Russell, John Malkovich, Gina Rodriguez, Dylan O’Brien, Kate Hudson, Juston Street, J.D. Evermore, Brad Leland, Joe Chrest, Stella Allen, Douglas M. Griffin, Jeremy Sande e David Maldonado. Nelle nostre sale da giovedì 6 ottobre.