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All’Ultima Spiaggia: recensione in anteprima

4 episodi per raccontare l’Italia di oggi, in una cornice con un reality in cui si cerca il più disperato d’Italia. Leggi la recensione di All’ultima spiaggia.

pubblicato 3 Ottobre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 21:37

Quattro episodi per raccontare l’Italia di oggi, filtrata attraverso il tema dei reality show. Questo l’obiettivo di Gianluca Ansanelli, oggi al primo lungometraggio, ma con una lunga gavetta teatrale alle spalle, poi anche televisiva come autore di programmi e regista di diverse serie nostrane. Il regista descrive il suo All’ultima spiaggia come uno “sguardo ironico sull’Italia in cui ci tocca vivere, la crisi del paese vista attraverso l’occhio grottesco e disincantato della comicità”. Bene, però…

Dopo aver bocciato l’idea di un reality con 10 ragazze e “20 protagoniste” (L’Isola delle Protesi), il direttore di un canale tv (Ricky Tognazzi) s’inventa qualcos’altro. Un reality televisivo in cui a vincere sarà il più disperato d’Italia. In un paese all’ultima spiaggia, si presentano in migliaia. Le loro storie raccontano sempre una forma di precariato: lavorativo, familiare, sociale, perfino sentimentale. Come quello di Ester (Nicole Grimaudo), combattuta tra l’amore per Ramona (Paola Minaccioni), e quello per il suo ex Riccardo (Dario Bandiera), al quale chiede il seme per generare un figlio.

Poi c’è Paolo (Giuseppe Giacobazzi), guardia giurata, che dopo l’ennesimo rifiuto di un mutuo da parte della banca in cui lavora, tenta goffamente di rapinarla. C’è poi Antonio (Antonio Giuliani), romano di borgata sposato con la sensualissima dominicana Carmen (Aurora Cossio), di cui è innamoratissimo. Almeno finché i due amici del cuore, Nico e Fabrizio (Pablo&Pedro), non scoprono che la donna ha uno scabroso passato di attrice porno. Infine, l’imprenditore padano Fabio (Ivano Marescotti), a seguito di un infarto, si ritrova ricoverato nell’ospedale più scalcinato di Napoli per subire un intervento al cuore. Qui conosce il napoletano Carmine (Carmine Faraco)…


Gli stereotipi sono sempre stati al servizio della commedia, e negli anni la commedia italiana ha saputo usarli per raccontare il paese in ogni determinato momento storico. Se però l’Italia è quella che racconta All’ultima spiaggia, c’è da rabbrividire, e un pensiero a proposito, guardando il film, lo si fa. Ma Ansanelli, autore anche della sceneggiatura assieme a Tito Buffolini, negli stereotipi ci sguazza, finendo per raccontare quattro lunghissime barzellette le cui vittime principali sono omosessuali e stranieri.

Ogni volta che Dario Bandiera rientra a casa, deve prima affrontare il proprietario che abita davanti al suo appartamento e che vuole i soldi dell’affitto: l’uomo è una macchietta gay, e, per parlarci assieme, Bandiera deve comportarsi in modo effeminato (logico, no?). Si finisce poi per fare addirittura dell’ironia francamente fuori luogo sui pestaggi ai danni degli omosessuali, che non sono mai terminati in Italia, anzi. Continuiamo. Il rosa è “un colore da ricchioni”, i cinesi non fanno altro che lavorare senza freni dalla mattina alla sera in ristoranti/fast food dove si frigge tutto (anche roba scaduta), e le donne sudamericane hanno ovviamente un passato hard.

Ma nonostante ciò, il film tira comunque una frecciata iniziale allo sfruttamento del corpo femminile, ed effettivamente non si vede mai una tetta scoperta. Tutto è molto “pulito”, anche se c’è sesso, si fa l’amore (episodio 1) e si parla di porno e tradimenti (episodio 3). Nonostante la “buona volontà”, però, All’ultima spiaggia si arena ben presto, e non solo nei cliché prima elencati, visto che dopo il primo episodio la noia regna sovrana. Anche perché il film si muove attraverso le grandi tematiche dell’attualità (fecondità assistita alle coppie lesbiche compresa) con una mano che più pesante e maldestra non si potrebbe.

Non aiutano gli attori: non perché non siano capaci, ma il problema sta a monte, ovvero nella scelta di un parco di volti che, nonostante la gavetta teatrale, sono riconoscibili dal grande pubblico soltanto per le loro partecipazioni a show tv in stile Zelig. L’effetto è “devastante”, visto che lo stile comico e recitativo sono, senza differenza alcuna, esattamente quelli che si vedono negli sketch televisivi da una decina di minuti. Per dire: Dario Bandiera rifa sé stesso, e la presenza dei tre emo Enzo, Mara e Eosvaldo, tra gli intervistati dei casting nelle scene di raccordo tra un episodio e l’altro, confermano l’ipotesi “monetaria”.

Il regista dichiara che ha scelto tanti comici perché con i loro volti non da copertina rappresentano la normalità del nostro paese; noi siamo un po’ maliziosi e crediamo che siano fonte di introito abbastanza sicuro. E non basta dire che si vuole fare un film sui reality per parlare dell’Italia di oggi, se poi si banalizzano entrambi gli spunti. Perché quella dello show All’ultima spiaggia è una normalissima cornice in cui inserire gli episodi, che non sono esattamente appetibili.

L’idea del reality show viene così sprecata per raccontare ancora l’ennesimo ritrattino italico, attraverso l’usurato modello ad episodi (che ha fatto cascar per terra anche Woody Allen), usato di nuovo con la scusa di restare ancorati alla cara vecchia tradizione cinematografica. Però ormai quella tradizione è morta e sepolta, e non riusciremo mai a riportarla in vita, neanche tirandola fuori dal sarcofago. Perché i tempi sono cambiati, ed è cambiata la Storia del nostro paese.

Forse il problema sta proprio qui: non è brutto certo cinema italiano, in fondo, ma è brutta certa Italia. Di conseguenza… Poi uno ripensa all’ultimo Garrone e ritorna in sé, rimangiandosi un pensiero critico che ultimamente sta prendendo piede un po’ troppo tra gli addetti ai lavori. All’ultima spiaggia, in fondo, non è altro che l’altra faccia della medaglia di Reality di Matteo Garrone: entrambi prendono spunto dai reality show in Italia, ma le direzioni che prendono sono ben diverse. Va da sé che una ci piace, l’altra un po’ meno.

Ok, Reality è un (complesso) lavoro d’autore, mentre All’ultima spiaggia è un film più popolare, scanzonato. Inutile fare paragoni, quindi? Non del tutto. Ad esempio, c’è Napoli in entrambi i film, e lo scarto tra le due opere si trova forse qui: una Napoli è quella degli stereotipi e della tv, delle piccole truffe e del dialetto con cui (sor)ridere, mentre l’altra Napoli è quella in cui gli stereotipi si trasformano in horror, quella in cui l’aria è satura di nulla, in cui l’aria si fa soffocante e simulacro di un paese in crisi d’identità. C’è una bella differenza.

C’è pur sempre qualcosa di buono in All’ultima spiaggia, come una fotografia accesa e colorata, ed alcune simpatiche trovate visive. Più pesanti, invece, alcuni tocchi vagamente “internazionali”: un pizzico di Almodovar nel primo episodio, un tocco di heist movie virato in parodia (con citazione de Le Iene…) nel secondo. E poi anche canzoni straniere, come Rome Wasn’t Built In A Day o Back to Black: poi però si torna ad Emma e ad Arriverà. Si resta sempre qui, nella nostra Italia, che in fondo ci piace: perché noi italiani saremo anche arrapati, gli uomini sono tifosi cronici e le donne un po’ mignotte, ma abbiamo anche un cuore d’oro.

Film ritenuto d’interesse culturale e finanziato da tre banche diverse.

Voto di Gabriele: 3

All’ultima spiaggia (Italia, commedia, 2012) di Gianluca Ansanelli; con Nicole Grimaudo, Dario Bandiera, Paola Minaccioni, Ernesto Mahieux, Aurora Cossio, Ivano Marescotti, Alessandro Di Carlo, Carmine Faraco, Giuseppe Giacobazzi, Antonio Giuliani, Rosalia Porcaro, Ricky Tognazzi – Uscita in sala: 4 ottobreTrailer italiano.