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Kong: Skull Island – recensione in anteprima

L’isola ed i suoi segreti la fanno da padrone in Kong: Skull Island, ma alla fine è lui, Re Kong, a trarre in salvo un’operazione che attinge da più parti.

pubblicato 3 Marzo 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 01:16

La stagione dei monster movie si arricchisce di un nuovo tassello, il che è di per sé una notizia interessante visto e considerato che trovarne di notevoli è sempre stato piuttosto raro, perciò la tendenza a ripiegare su una sorta di b-movie parodistici, come per esempio gli innumerevoli Godzilla. Con Kong: Skull Island Jordan Vogt-Roberts sconfessa Spielberg, senza però disdegnare i toni leggeri à la Indiana Jones per intenderci, e ci dà in pasto quello che si pensa essere il protagonista entro i primi cinque minuti; salvo poi capire in seguito che il vero protagonista di questo capitolo (perché ce ne saranno altri, sì) è un altro, nemmeno tanto taciuto, ossia l’isola.

Esatto, tutto fa perno su quest’isola misteriosa e a più livelli: visivo, narrativo, strutturale. La qual cosa dà a maggior ragione un senso alla dicitura, se vogliamo, perché si tratta di un monster movie che (si) concede davvero tanto. I mostri, al plurale, sono un tutt’uno con l’ambiente, appaiono all’improvviso, facendo filtrare un messaggio piuttosto netto, ossia che su quell’isola la simbiosi tra luogo e abitanti è armoniosa (Avatar, certo, e tanti altri prima di lui). Alcune trovate sono stuzzicanti, come quando un gruppo di soldati si trova a farsi largo all’intendo di una palude piena di quelle che sembrano canne da bambù ma in realtà non sono… o per lo meno, non tutte.

La trama vuole questa organizzazione denominata Monarch, un ente segreto para-governativo, organizzare una spedizione nel 1973. Insieme ad un loro delegato, Bill Randa (John Goodman), partono pure un ex-capitano della SAS britannica (Tom Hiddlestone), una fotogiornalista (Brie Larson) e un tenente colonnello dell’esercito americano (Samuel L. Jackson) insieme alla sua squadra di soldati. Giunti in loco è il delirio: Kong li accoglie malissimo e butta giù tutti gli elicotteri. Da qui ha inizio il secondo atto del film, quello più debole ancorché centrale, attraverso cui veniamo direttamente a contatto con l’isola ed i suoi segreti.

Si resta interdetti proprio alla luce dell’appena menzionato secondo atto, escursione forzata nei meandri di questo luogo realistico ma con venature fantastiche; in primis è la fauna a suggerircelo, composta di animali giganteschi e alquanto strani. Qui capiamo di che tratta Kong: Skull Island e che l’enorme bestione che ha con violenza compromesso la spedizione all’inizio non è esattamente ciò che si è portati a credere. Nondimeno questa parte risulta sgangherata, stirata, ed alla quale non contribuiscono certo dei dialoghi francamente sciocchi. Il film di Vogt-Roberts d’altra parte ingloba tante di quelle citazioni che in pratica è come se una persona a cavallo tra il fan ed il cinefilo si fosse cimentato in un esercizio da quasi 200 milioni di dollari. Svariati e oltremodo percepibili i riferimenti, da Apocalypse Now (già in locandina) a Jurassic Park, tenendo anche conto appunto di certe produzioni a tema ben più modeste – ché nell’era digitale non puoi certo dare per scontato che il pubblico non conosca certe cose, anzi semmai il contrario.

Un difetto su cui si può solo parzialmente soprassedere, soprattutto in considerazione di quanto evidenziato riguardo al vero protagonista del film, cioè l’isola. Ciò che però Kong: Skull Island cede sul lato adventure lo recupera sul lato action, bilanciando a proprio modo, specie nel rocambolesco e liberatorio finale, quando finalmente si assiste al tanto atteso scontro fra fiere: girato in maniera pulita, con un buon ritmo e trovate che ci stanno. Non dimentico, peraltro, della dimensione umana del Re Kong, leggermente rivista ma sensata: si tratta di un Kong prima di Kong, per così dire, dunque non ancora strappato al proprio territorio ne viene fuori un ritratto che lo vuole ancora più equilibrato, per nulla preda di estemporanei attacchi d’ira incontrollati.

Meno centrato ed appassionante rispetto al Godzilla di Gareth Edwards ma con un cuore un po’ più grande rispetto a Jurassic World, il delirio citazionista di Kong: Skull Island riesce, sebbene a malapena, a smarcarsi dalla mera operazione tutto spettacolo. Certo, ce la fa per compensazione, non annullando ma quantomeno mettendo una pezza a certe sue lacune proprio in virtù di quella iniezione di vita per la quale, alla fine della fiera, bisogna comunque risalire proprio a lui, Re Kong: che non sarà il cosiddetto primattore ma di certo è il vero eroe, sia in relazione alla vicenda narrata che al progetto in generale.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”6.5″ layout=”left”]

Kong: Skull Island (USA, 2017) di Jordan Vogt-Roberts. Con Tom Hiddleston, Samuel L. Jackson, John Goodman, Brie Larson, Tian Jing, John Ortiz, Terry Notary, John C. Reilly, Corey Hawkins, Toby Kebbell, Thomas Mann, Jason Mitchell, Shea Whigham e Will Brittain. Nelle nostre sale da giovedì 9 marzo 2017.