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Slam – Tutto per una ragazza: recensione in anteprima

La gravidanza indesiderata quando si è adolescenti. Slam – Tutto per una ragazza si perde in un approccio che presenta tutti i limiti, o quasi, del romanzo di formazione 2.0

pubblicato 13 Marzo 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 01:04

Samuele (Sam per amici e parenti) quella sera proprio non vuole andare con la madre (Jasmine Trinca): quest’ultima desidera solo essere accompagnata ad una festa che si tiene presso l’appartamento di un avvocato della Roma bene, una di quelle occasioni importanti per fare conoscenza ed allargare il proprio bacino lavorativo. Immaginate che due cojones per il sedicenne, che si rifiuta proprio perché sa che la mamma vorrà pure che le si faccia compagnia. No way.

Ma la mamma è sempre la mamma, e Sam non solo la scarrozza a bordo del suo cinquantino, bensì sale pure, malgrado controvoglia. Tutto molto elegante, adulti noiosi che indossano maschere, tenendo un profilo finto, finto in maniera irritante. Seduta su un divano c’è però lei, Alice, e Sam non capisce più nulla: l’avvicina, goffamente tenta un approccio, ma è lei a fare tutto, finanche portarselo in camera per evadere da quel contesto pesante. Non succede nulla ma i due si danno appuntamento e da lì nasce la loro storia, quella che porterà la giovane a restare incinta.

Slam – Tutto per una ragazza è tratto dal quasi omonimo romanzo di Nick Hornby, non tra i suoi migliori, ma al di là di questo va detto che dal seppur famoso ed apprezzato scrittore britannico difficilmente si riescono a trarre film notevoli, tranne che non sia lui stesso a firmarne la sceneggiatura (vedi il buon Febbre a 90°). Qui Andrea Molaioli fa delle scelte stranamente discutibili, proprio perché risulta chiaro quanto queste finiscano con l’incidere in negativo. In tre momenti diversi Sam fa dei sogni premonitori, che in poche parole gli profetizzano un possibile sviluppo circa la sua storia con Alice ed il figlio; una sorta di ammonimento in merito a cosa accadrà qualora prendesse una decisione piuttosto che un’altra. Un gioco che forse in ottica letteraria ha un suo perché mentre qui appesantisce di molto, in termini puramente narrativi, certo, ma anche in relazione al senso che assumono nell’economia del racconto.

Un po’ come accaduto con Piuma di Rian Johnson, si vuole trattare una tematica molto attuale, relegandola però ai “codici” della favola, forse per stemperare un realismo che appare troppo insostenibile, o magari per venire incontro al pubblico al quale un film di questo tipo è destinato, cioè gli adolescenti, visto che parla di loro in buona sostanza. Quali che siano le ragioni, come già ravvisato, la procedura non funziona, ottenendo effetti che si fa fatica a credere “desiderati”, per esempio il venire meno della complessità oggettiva in cui si trovano due sedicenni che non sanno nemmeno farsi il letto dinanzi ad una gravidanza per forza di cose indesiderata. Questo accade proprio perché, calando la fattispecie nel contesto irrealistico di una favola, il messaggio che viene veicolato, consapevolmente o meno, è che certi sviluppi si hanno solo nell’ambito della fantasia. Ma allora non si vuole raccontare la contemporaneità, venendo perciò meno al patto implicito stipulato in partenza con lo spettatore, il quale si trova difronte a delle premesse marcatamente sul pezzo, salvo poi essere filtrate mediante un’altra lente.

Tuttavia l’entra ed esci dal sogno alla quotidianità è su un altro fronte che penalizza maggiormente, ovverosia sul ritmo del film, al di là della verosimiglianza sulla quale ci siamo soffermati poco sopra. Didascalico è il modo in cui, a mo’ di videogioco, Sam svolge oniricamente la sua prima run (gergo videoludico che sta in luogo di “partita”, “sessione di gioco”), per poi darsi ad una seconda, quella “reale”, con maggiore consapevolezza, forte della panoramica che gli è stata offerta al primo giro. Un’intuizione senz’altro suggestiva ma che così per com’è non solo lascia tiepidi ma addirittura rischia d’indisporre, poiché appare come una logica inglobata a forza. Non concettualmente inapplicabile, e basta a tal proposito citare Edge of Tomorrow, dove il ricorso a questa misura è strutturale e funziona: lì però è fantascienza, mentre qui si ha a che fare con uno scorcio su quanto accade nel mondo, in quest’epoca, per cui simili misure stonano.

L’impossibilità di esplorare tale idea, ossia quella di farci assistere a due versioni del medesimo sviluppo di una vicenda, diviene perciò centrale sebbene in negativo. E lo è a tal punto che, a differenza di Piuma, qui non abbiamo modo di conoscere meglio nemmeno i personaggi, che non sono tali: Alice, Sam, i rispettivi genitori, così come altri secondari, li si può tutt’al più definire profili, personaggi in potenza, che però non prendono mai davvero forma. Un limite non da poco, che rende vano qualsivoglia tentativo di attardarsi su un discorso la cui rilevanza si ritorce contro chi lo sta affrontando. Tony Hawk o meno.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]

Slam – Tutto per una ragazza (Italia, 2016) di Andrea Molaioli. Con Ludovico Tersigni, Barbara Ramella, Jasmine Trinca, Luca Marinelli, Fiorenza Tessari, Pietro Ragusa, Gianluca Broccatelli, Fausto Maria Sciarappa e Tony Hawk. Nelle nostre sale da giovedì 23 marzo 2017, su Netflix da sabato 15 aprile 2017.