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Non è un paese per giovani: recensione in anteprima

Due italiani all’estero sarebbe stato un meno incisivo titolo ma se non altro più indicato di Non è un paese per giovani. L’ultimo lavoro di Veronesi affronta una tematica non sviscerata e cavalcata con una disinvoltura francamente poco sostenibile

pubblicato 20 Marzo 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 00:55

Sandro (Filippo Scicchitano) conosce Luciano (Giovanni Anzaldo) presso il ristorante per cui lavorano entrambi come camerieri. Luciano è un ragazzo schivo, assente sui social ma non per questo asociale. Sandro è in qualche modo attratto da questo personaggio così misterioso, che ogni giorno si fa accompagnare col motorino presso una scalinata, mai davanti casa. Quando finalmente hanno modo di conoscersi meglio ci si rende allora conto che in fondo si trovano sulla stessa barca, quella dei giovani italiani alle prese con un Paese in cui è difficile realizzarsi. Tuttavia non ci si faccia fuorviare dal titolo, ché quel Non è un paese per giovani c’entra relativamente.

Veronesi evoca lo spettro della tematica in premessa, con quei fintissimi video (a prescindere dal fatto che siano reali) in cui viene passata in rassegna la gioventù emigrante, quella che ha smesso di sopportare il clima di sfiducia e disinteresse verso di loro e sta tentando di vivere e sopravvivere altrove. Passato questo momento il discorso vira altrove e si capisce che il titolo funge come da clickbait sulla rete: un invito ad accostarsi al film per confrontarsi con una tematica oltremodo attuale, quando invece la storia di Non è un paese per giovani racconta qualcosa che poco ha a che vedere col fenomeno in questione, le cui dinamiche ci restano manco a dirlo precluse.

A quanto pare infatti Luciano ha un contatto a Cuba per l’acquisto di un locale su una spiaggia dove il governo ha intenzione di portare il wi-fi, merce rara da quelle parti. Ed allora si parte, lasciandosi dietro quell’Italia che li ha traditi, così i due ragazzi potranno forse trovare quella vita che a quanto pare qui viene loro negata. Neanche il tempo di ambientarsi però gli immigrati italiani capiscono che le cose non stanno esattamente come avevano immaginato: l’italiana che li accoglie, Nora (Sara Serraiocco), è una stramba coetanea dai capelli rasati costantemente spaesata, non senza ragione però. Il morale resta comunque alto, non importa che i due romani dovranno condividere lo stesso letto; in giro per L’Avana ci si prende la prima sbronza cubana, si vive da turisti e già ci si proietta in quel futuro fatto di fortuna e successo.

Se fin qui il film di Veronesi appronta un discorso lineare, pure troppo, descrivendo senza colpi di coda una situazione tipo di italiani che vanno all’estero, da quel momento Non è un paese per giovani diventa qualcos’altro, a metà strada tra il romanzo di formazione e quello picaresco: Luciano e Sandro si separano e i due proseguono per le rispettive strade, che non sembrano portare da nessuna parte. Si vuole forse raccontare lo smarrimento di due ragazzi impreparati alla vita, una vita che per la prima volta stanno assaggiando ed il cui gusto è amaro, addirittura ripugnante. Solo che mancano gli strumenti per reggere il peso di una simile svolta, che non a caso appare priva di verve, standard nei contenuti e nell’approccio.

La deriva meno incoraggiante sta nel fatto che a quel punto si capisce che gli autori non hanno una reale percezione di certe situazioni, se non altro perché a noi arrivano posticce, romanzate in eccesso. Dunque a che pro parlare di ciò che non si conosce o che, per lo meno, si dimostra di non conoscere? Veronesi e soci devono per forza attingere a fattispecie più universali, calandole e piegandole al discorso anziché estrapolare tale universalità dagli eventi ed il loro svolgersi. Un processo inverso che fa tutta la differenza di questo mondo, a conti fatti depotenziando all’inverosimile qualsivoglia tentativo di agganciarci. Cosa vogliono questi giovani? Che cercano davvero a parte la stabilità economica? E come? In altre parole, chi sono? Il film non risponde a nessuno di tali quesiti, da cui sembra anzi volersi prudentemente smarcare.

Non per nulla quelle poche cose che funzionano hanno a che vedere con la bravura degli attori, la cui prova inspessisce dei personaggi diversamente poco più che piatti. È questo il caso della Serraiocco, credibile nel ritratto che fa di questa ragazza che ha attraversato dei brutti momenti, così come del personaggio di Nino Frassica, irresistibile fanfarone messinese che rappresenta l’unica voce di verità là in mezzo, facendoci sorridere e riflettere al contempo. Il resto è un claudicante tentativo di raccontare un percorso, forse due, addirittura tre, tutti però facenti capo alla sempreverde ricerca di sé stessi, del proprio posto nel mondo. In un simile contesto ci si può perdere, oppure ritrovarsi, dipende, ma quel che più conta è il viaggio: ed è proprio la qualità di questo viaggio a castigare Non è un paese per giovani, salvo non voler scorgere non tanto nella sua storia quanto nel film stesso il senso del suo sfortunato titolo.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]

Non è un paese per giovani (Italia, 2017) di Giovanni Veronesi. Con Filippo Scicchitano, Giovanni Anzaldo, Sara Serraiocco, Sergio Rubini e Nino Frassica. Nelle nostre sale da giovedì 23 marzo 2017.