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Venezia 2017, The Shape of Water di Guillermo Del Toro: Recensione in Anteprima

Via di mezzo tra Amelie e Il Mostro della Laguna Nera, The Shape of Water di Guillermo Del Toro conquista la Mostra del Cinema di Venezia.

pubblicato 31 Agosto 2017 aggiornato 28 Agosto 2020 02:46

25 anni dopo Cronos, suo esordio alla regia, Guillermo Del Toro è finalmente sbarcato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con The Shape of Water, sua decima attesa fatica. Archiviato il fallimentare Crimson Peak, il regista messicano è tornato alle atmosfere del titolo che nel 2006 lo rese celebre al grande pubblico, ovvero quel Labirinto del Fauno vincitore di 3 premi Oscar. 12 mesi dopo La La Land, film d’apertura che fece danzare il Lido sulle note di una storia d’amore poi diventata un ‘instant classic’, il romanticismo vintage e citazionista è tornato in laguna grazie al regista di Pacific Rim e La spina del diavolo, co-sceneggiatore di un’opera che trasuda sentimentalismo in salsa fantastica, occhieggiando al Tim Burton dei tempi migliori.

Una fiaba ‘horror’ ambientata nell’America della Guerra Fredda, nel cuore degli anni ’60, tra diritti civili rivendicati e nucleari rivalità politiche. Protagonista la dolce e solitaria Elisa, muta e sognante donna delle pulizie all’interno di un segretissimo laboratorio governativo. Al suo fianco la logorroica collega ed amica Zelda e il pittore vicino di casa. La prima nera, il secondo omosessuale. ‘Diversi’, reietti travolti dall’arrivo di un essere mostruoso, subacqueo, conteso da Russia e Stati Uniti per le sue eccezionali ed inedite capacità e in grado di cambiare per sempre la regolare quotidianità della tenera Elisa.

Il mostro della Laguna Nera che incrocia Amelie. Del Toro regala commozione a buon mercato con la sua decima opera, la prima in Concorso a Venezia, affidando a due protagonisti ‘muti’ il compito di suscitare emozioni, ‘perché l’amore è talmente potente da non richiedere parole’. Per riuscire nell’impresa il regista messicano si è affidato ad una straordinaria attrice da molti sottovalutata. Sally Hawkins, 41enne britannica qui letteralmente messa a nudo dal padre di Hellboy. Una prova mastodontica quella dell’attrice feticcio di Mike Leigh, perché priva di parole e unicamente affidata alla sua espressività, fisica e facciale, tra linguaggio dei segni e passi di danza.

Omaggiando il cinema degli anni ’40 e ’50 Del Toro dirige una storia d’amore d’altri tempi, lontana dall’imperante cinismo odierno e di fatto centrata sull’impossibile rapporto tra la ‘bella’ e la ‘bestia’. Tecnicamente sontuoso, il film volteggia sulle splendide note di Alexandre Desplat, partendo con ipnotica grazia nel presentare i suoi protagonisti. Non solo la stralunata Hawkins ma anche la sboccata e divertente Octavia Spencer, il malinconico e innamorato Richard Jenkins, il temibile e violento Michael Shannon ed infine lui, il misterioso, ‘mostruoso’ ma ammaliante Doug Jones, celebre volto di Del Toro in passato già Abe Sapien in Hellboy, Fauno nel film del 2006 e qui nelle squame di una creatura dalle capacità quasi divine.

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Banale nella sua evoluzione, The Shape of Water galleggia tra Edward Mani di Forbice e Jean-Pierre Jeunet, tra thriller spionistico, horror, musical e sentimentalismo in stile vecchia Hollywood. Del Toro, che nella meravigliosa fotografia firmata Dan Laustsen non abbandona il suo amato ‘giallo’ virando con forza verso il verde, l’azzurro e il rosso, strizza forzatamente l’occhio al pubblico mainstream, puntando più alla forma che alla sostanza. Un monster movie ‘sensuale’, quello pensato dal regista, in cui c’è il sesso, visibile, la chiara e inspiegabile attrazione, la dolcezza del corteggiamento e la paura che si tramuta in amore, da celebrare abbracciati sott’acqua o molto più semplicemente ballando all’interno della propria immaginazione. Un elogio alla diversità dall’infinita delicatezza, in contrasto alla galoppante indifferenza dei nostri tempi che il più delle volte si tramuta in odio.

Personaggi asimmetrici in un determinato contesto storico, il 1962, quanto mai attuale anche al giorno d’oggi, tra classismo, razzismo, sessismo, omofobia e patriottismo. Quotidiane realtà da combattere attraverso l’universale forza dell’amore, nella filmografia di Del Toro mai stata tanto centrale come in questo caso. Un possibile limite dal punto di vista della scrittura, innegabilmente ordinaria nella sua costruzione, ma anche, se non soprattutto, un punto di forza emozionale, perché sarà di fatto impossibile non farsi conquistare dalla romantica favola della Creatura ed Elisa, superba Hawkins da Oscar.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”4″ layout=”left”]

The Shape of Water (Usa, 2017, fantastico, romantico) di Guillermo Del Toro; con Sally Hawkins, Michael Shannon, Doug Jones, Lauren Lee Smith, Michael Stuhlbarg, Octavia Spencer, Richard Jenkins, Nick Searcy, Dru Viergever