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Thelma: recensione in anteprima del film di Joachim Trier

Thriller soprannaturale per Joachim Trier, che torna al Paese d’origine non solo materialmente. Thelma attinge infatti ad una tensione spirituale analoga a quella di certi maestri scandinavi, pur fermandosi a metà strada, sia in premessa che in relazione al risultato

pubblicato 16 Giugno 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 19:15

Trond porta la figlia, Thelma, ad una battuta di caccia. L’atmosfera di queste prime battute è tesa, come se si stesse preparando qualcosa di terribile. Ecco, è questa la cifra del film di Joachim Trier: questo senso d’incombenza, di un evento che, appunto, da un momento all’altro potrebbe ribaltare ogni cosa, scuotendoci. Thelma, va detto, non corrisponde in tutto e per tutto a questa sorta di promessa implicita (anzi, promesse), ed è davvero l’unico appunto che si può fare ad un lavoro che, diversamente, rende abbastanza, nel suo essere peraltro ricercato. E lo è volutamente, proprio perché preciso, quasi fatto in economia verrebbe da dire; peccato solo questa sensazione di mancata chiusura del cerchio, che non ha a che vedere con l’epilogo bensì con più di una tra le vocazioni interne al racconto.

Finché Trier evoca a fasi alterne registri diversi, ora horror, ora thriller, ora un non meglio precisato realismo, ora note tendenti al soprannaturale, lo straniamento si avverte ma l’impressione è che deponga a favore. Thelma è oramai una ragazzina in età da università e si trasferisce ad Oslo per studiare. Conosce Anja e cominciano i primi sguardi, quei primi fremiti tipici del fresco innamoramento; ma Thelma non è d’accordo, divisa in due tra il desiderio di andare fino in fondo e la consapevolezza che questa sua passione sia fondamentalmente sbagliata. Espressione di un retaggio da educazione cristiana, viene adombrato in un primo momento, ma andando avanti si capisce che non si tratta della solita, becera critica alla religione, quantunque non venga certo imbastita alcuna apologia (per dire il meno).

Al primo attacco, simile a una crisi epilettica, Thelma si rende conto che c’è qualcosa che non va. In biblioteca cade a terra a seguito di quelle che hanno tutta l’aria di essere delle convulsioni, e che la obbligano ad affrontare il problema, non solo da un punto di vista medico. L’aspetto forse più accattivante di quest’ultimo lavoro di Trier sta nel suo tentativo di attualizzare, consapevolmente o meno, certa tensione manifestata da maestri scandinavi del passato come Dryer e Bergman, declinandola perciò in chiave moderna, alla luce dunque di tempi in cui le potenziali problematiche sono per forza di cose diverse. Guardando pure al depalmiano Carrie, rimando anche sin troppo ovvio, quantunque di quella prova Trier si tiene lo spirito, frenandone però l’impeto, appunto ben più affine all’epoca che fu.

Come avviene per il processo relativo ai generi evocato sopra, una dinamica simile si presenta pure su tale fronte, quello che, forse un po’ sbrigativamente, possiamo dire faccia capo alle chiavi di lettura a cui Thelma si presta. Volendolo incasellare, non saremmo lontani dal vero nel definirlo un thriller soprannaturale, con pochissimi effetti visivi ed un lavoro sulla vicenda e sui personaggi ridotto all’essenziale, che è poi l’approccio di Trier al racconto. Nella protagonista, perciò, Eili Harboe, trova una discreta complice; le sue trasformazioni tra una scena e l’altra, in fondo, ci restituiscono questa varietà quasi camuffata da schizofrenia di un film che è una cosa ma pure il suo contrario.

Opera ambiziosa, che in pratica offre un surrogato di più elementi, a loro volta già passati al vaglio di una sintesi quanto più centrata possibile, ed amalgamati in questa storia contemporanea di streghe e sortilegi. Esatto, avete letto bene, siamo da quelle parti, ed è opportuno buttar lì qualche indirizzo senza spogliare troppo il dipanarsi della trama, giusto per affacciarsi sulla complessità dell’operazione che sta dietro il ben meno “complicato” esito, a dire il vero più alla portata, che guarda all’horror proprio in quel suo tentativo di oltrepassare certe barriere ed arrivare direttamente. Eppure, va detto, il non perseguire alcun tentativo di intellettualizzare troppo gli eventi, non significa che da un simile trattamento possano essere esentate le implicazioni.

Thelma inquieta, per buona parte pure parecchio, anche se qua e là rischia d’incartarsi, vittima di quelle stesse intenzioni che però lo rendono così suadente. È che magari Trier vuole dire troppo, e se proprio non intende dirlo espressamente, intende senz’altro suggerirlo, lasciando che poi si sia noi, lo spettatore, ad elaborare questa parabola che ci parla di come una ragazza norvegese approda dall’incoscienza all’accettazione, previo conoscimento, di ciò che è. E a suo modo è intelligente il fermarsi un istante prima; prima di conoscere cosa se ne farà Thelma di tale consapevolezza. Da questo punto di vista l’amore non è che una prima risposta, quella più immediata e perciò nient’affatto risolutiva. Com’è opportuno che sia.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]

Thelma (Norvegia/Francia/Danimarca/Svezia, 2017) di Joachim Trier. Con Eili Harboe, Okay Kaya, Henrik Rafaelsen, Ellen Dorrit Petersen, Grethe Eltervåg, Marte Magnusdotter Solem, Anders Mossling, Vanessa Borgli, Ingrid Giæver, Steinar Klouman Hallert e Jonas Jörgensen. Nelle nostre sale da giovedì 21 giugno 2018.