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Bumblebee, recensione: un Transformers con molti meno dolciumi per gli occhi

Bumblebee è un mezzo Transformers che ce la fa, rievocando la stagione dei film per ragazzi che, non potendo ancora delegare tutto alle caramelle per gli occhi, s’industriavano a costruire se non storie almeno legami

pubblicato 15 Dicembre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 14:09

A Cybertron la battaglia oramai si è praticamente consumata e gli Autobot hanno perso: Optimus Prime batte allora la ritirata, provvisoria, perché i Transformers al loro pianeta devono prima o poi tornare, da sempre. B-127 viene spedito sulla Terra, col compito di preservare il pianeta in attesa che tutto il gruppo possa riunirsi e pianificare il ritorno. È lui Bumblebee, prima che Charlie (Hailee Steinfeld) gli appioppi questo nomignolo per via del fatto che il nostro non parla e somiglia vagamente a un’ape. Manco a dirlo, due Decepticon, Shatter e Dropkick, riescono ad intercettare un segnale che li conduce proprio sul nostro pianeta, dove cominciano a dare la caccia all’Autobot così da estorcergli informazioni su tutti gli altri.

Bumblebee è intriso di una nostalgia profonda, al di là di certi richiami immediati, che in parte si spiega con l’onda anni ’80 che da qualche tempo ha colpito Hollywood e dintorni, in parte con la scelta di tornare a un tempo in cui certe formule riuscivano ad attecchire. Qui infatti la saga, che ha sempre guardato anzitutto a un pubblico più giovane, torna con maggiore incisività a quella direzione già fortemente impressa da Michael Bay, affidandosi però a una struttura nonché a dei riferimenti più rodati, per così dire.

Il rapporto tra Charlie e Bumblebee è tutto, ed infatti è su quest’asse che vengono edificate le cose più riuscite del film. Uno spin-off che non indulge troppo sui rimandi interni alla saga, proponendosi appunto come episodio a sé stante, nel senso che deve reggersi sulle proprie gambe. Forma d’intrattenimento che tenta di filtrare quella serie di valori emotivi che vanno per la maggiore, proprio rifacendosi a leitmotiv quintessenzialmente legati al filone di certi film per ragazzi che popolavano gli anni ’80, da Joe Dante in giù. Anziché delegare tutto alla computer grafica, finalmente si lavora di più su altre componenti, sacrificando un pizzico di spettacolo alla già menzionata componente emotiva.

Tutto ciò ovviamente ha delle ripercussioni su altri fronti. Se infatti la relazione tra Charlie e l’alieno dà adito a qualche caloroso momento di tenerezza, dall’altro si sacrifica l’azione, divenuta qui pressoché secondaria. È chiaro che in un contesto del genere, a questi livelli, non si può del tutto sorvolare su tale componente, che nondimeno viene però ridimensionata, messa per l’appunto in secondo piano, quasi un riempitivo rispetto a ciò che più conta, ossia come e se Charlie riuscirà a superare il momento delicato che sta attraversando.

La giovane ha infatti perso da non molto tempo il padre; mentre la madre si è già rifatta una vita, coinvolgendo inevitabilmente a forza la figlia, quest’ultima non riesce proprio a superarla, e ripiega negli Smiths, nelle auto, insomma, in tutta quella serie di cose che la pongono in contrapposizione ai suoi coetanei, a ciò che ci si aspetta da una ragazza della sua età. Dall’altra parte c’è il più pazzerello dei Transformers, quel Bumblebee di cui questo film ci fornisce una sorta di genesi, per esempio mettendoci a parte del come e del perché parli ripescando spezzoni di brani musicali.

La nostalgia evocata in apertura non sta comunque solo nei toni, così come nelle premesse. Bumblebee è infatti ambientato nel 1987, perciò il tripudio di musica proveniente da quel decennio lì, attraverso un processo tuttavia accettabile, quasi corroborante. Un’ispirazione da cui il lavoro di Travis Knight non ne esce travolto come riscontrato altrove (si pensi a Thor: Ragnarok), da cui perciò si riesce a trarre quanto serve per dare vita a qualcosa di familiare ma al tempo stesso piacevole.

Non si può certo far finta che personaggi come quello di John Cena e John Ortiz siano anche solo passabili, ma va altresì rilevato che tutto il malloppo di villain e semi-villain esistono solo perché proprio non se ne può fare a meno, presenza necessaria, dunque esposta quanto basta per giustificare la crescita dei due protagonisti assoluti. Bumblebee, lo ripetiamo per un’ultima volta, sta nella dolcezza di quelle scene in cui il goffo Transformer e la dura Charlie si muovono insieme; lo si nota di più in quei passaggi in cui i due si separano, anch’essi contemplati proprio in funzione del momento in cui hanno modo di riunirsi. Un cambio di rotta sensato, con echi per nulla ingombranti, tra un E.T. e un più recente ma ben meno blasonato Real Steel; quest’ultimo, a sua volta espressione di un’operazione analoga a questo a tratti adorabile Bumblebee.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6.5″ layout=”left”]

Bumblebee (USA, 2018) di Travis Knight. Con Hailee Steinfeld, John Cena, Jorge Lendeborg Jr., John Ortiz, Jason Drucker, Pamela Adlon, Stephen Schneider, Christian Hutcherson, Kenneth Choi, Vanessa Ross, Rachel Crow, Peter Cullen, Abby Quinn, Ricardo Hoyos e Grace Dzienny. Nelle nostre sale da giovedì 20 dicembre 2018.