Home Festival di Venezia Venezia 2019, J’Accuse di Roman Polanski, la recensione: solida e attuale ricostruzione storica di un processo farsa

Venezia 2019, J’Accuse di Roman Polanski, la recensione: solida e attuale ricostruzione storica di un processo farsa

L’errore giudiziario più celebre di fine ‘800 / inizio ‘900 sbarca al cinema grazie all’86enne regista polacco.

pubblicato 30 Agosto 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 17:10

Otto anni dopo lo strepitoso Carnage, l’86enne Roman Polanski torna in Concorso alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con J’Accuse – L’ufficiale e la spia, titolo interamente dedicato al cosiddetto caso Dreyfus, che sconvolse la Francia tra fine ‘800 e inizio ‘900.

Il 5 gennaio del 1895 Alfred Dreyfus, giovane e promettente ufficiale dell’esercito francese, viene accusato di essere una spia dei tedeschi. Senza reali prove e alcun processo, viene degradato, condannato e deportato a vita nell’Isola del Diavolo nell’Oceano Atlantico, al largo delle coste della Guyana francese. Pochi anni dopo Georges Picquart, promosso proprio a capo di quell’unità di controspionaggio che l’aveva accusato, scopre l’indecente macchinazione che aveva ingiustamente portato all’arresto del Capitano, anche perché i tedeschi continuano a ricevere informazioni riservate da una spia francese. Che non può essere Dreyfus, tenuto prigioniero…

La polemica nei confronti del nuovo atteso film di Polanski ha preso vita ancor prima del via di Venezia 76, a causa di Lucrecia Martel, presidente di giuria che noncurante del ruolo coperto ha incredibilmente attaccato il regista polacco a causa del suo passato giudiziario. Una presa di posizione pubblica, quella della regista argentina, a dir poco criticabile ed evitabile, visto il compito datole da Alberto Barbera di presiedere la giuria del Concorso, immancabilmente segnata dal suo essere esplicitamente prevenuta. Ed è un problema, nonché un peccato, perché il gigantesco Polanski ha diretto con formezza un film che ricostruisce mirabilmente una celebre pagina di storia francese.

Un vero e proprio scandalo che prese forza dall’imperversante antisemitismo che all’epoca coinvolgeva parte della società francese, in quanto Dreyfus tra i pochi soldati ebrei di Francia. Polanski, che è tornato ad adattare un libro di Robert Harris, già autore e sceneggiatore de L’uomo nell’ombra, incrocia il dramma storico al legal thriller, intrecciando errori giudiziari e spionaggio militare, giustizia fallimentare e giudeofobia.

Solido e avvincente, grazie anche alle musiche del due volte premio Oscar Alexandre Desplat, J’Accuse va esplicitamente ad omaggiare l’omonimo editoriale scritto da Émile Zola in forma di lettera aperta al presidente della Repubblica francese Félix Faure, pubblicato dal giornale L’Aurore con lo scopo di denunciare pubblicamente i persecutori di Dreyfus, le irregolarità e le illegalità commesse nel corso del processo. Per quanto scritto Zola venne condannato a un anno di carcere e a tremila franchi di ammenda per vilipendio delle forze armate, ma fu proprio quella lettera a far riaprire il caso Dreyfus, scoperchiando il vaso di omertà che coinvolgeva l’intero apparato militare francese.

Tramite dissolvenze e salti temporali, Polanski ricostruisce il ‘caso Dreyfus’ abbracciando 12 anni a cavallo tra i due secoli, tra la Guerra franco-prussiana e la Prima Guerra Mondiale, sfruttando a piene mani un budget da 50 milioni di dollari per ricostruire straordinariamente ambientazioni e costumi. Jean Dujardin, 7 anni fa premio Oscar grazie a The Artist, è un impeccabile Georges Picquart, ufficiale che rischiò la propria carriera e la propria vita pur di dimostrare la verità e liberare Dreyfus, ribaltando il Governo e gli ufficiali militari suoi superiori. Il divo francese domina la scena con capacità e superba credibilità, mentre il sex symbol Louis Garrel perde kg e capelli pur di rendere giustizia al vero Dreyfus, con il subdolo Grégory Gadebois, Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric e il nostro Luca Barbareschi, co-produttore del film, a completare il cast.

Una storia quanto mai attuale, quella raccontata da Polanski, in un’epoca contraddistinta dalle fake news e dal giustizialismo mediatico, in cui la verità lascia troppo spesso spazio al chiacchiericcio social, all’odio nei confronti di chi viene consideraro ‘diverso’, alla costruzione di una non-notizia per screditare qualcuno. Temi chiaramente legati al regista polacco, cacciato da quell’Academy che 16 anni fa gli assegnava un Oscar per la regia de Il Pianista, qui tornato a livelli di compatta e ineccepibile forza narrativa.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]

J’accuse (Francia, Italia, storico) di Roman Polanski; con Jean Dujardin, Louis Garrel, Emmanuelle Seigner, Grégory Gadebois – CONCORSO – uscita in sala: 21 novembre

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