Home Recensioni Gli Anni Più Belli, la recensione: l’imperfetto romanzo popolare di Gabriele Muccino

Gli Anni Più Belli, la recensione: l’imperfetto romanzo popolare di Gabriele Muccino

Una storia d’amore e una lunga amicizia al centro del nuovo film del regista romano.

pubblicato 1 Febbraio 2020 aggiornato 29 Luglio 2020 14:00

A due anni dai 9.2 milioni di euro incassati con A casa tutti bene, Gabriele Muccino torna al cinema con un film ancor più ambizioso, Gli Anni Più Belli, storia di quattro amici che abbraccia quattro decenni di Storia d’Italia. Dagli anni ’80 del mondiale di calcio vinto passando per i ’90 di Tangentopoli, i primi anni ‘2000 delle Torri Gemelle e gli anni 10 degli onnipresenti smartphone.

Giulio, Gemma, Paolo e Riccardo si conoscono da una vita, da quando sono poco più che adolescenti, nel cuore di Roma. In poco più di due ore di film Muccino intreccia speranze, delusioni, amori, tradimenti e fallimenti, provando a raccontare un pezzo d’Italia, e di italiani, in un arco temporale che è ciclico, perché immutabile, secolo dopo secolo. Il tempo, e il suo inesorabile scorrere, è l’asse portante di una pellicola particolarmente pretenziosa e non poco difettosa, ma indubbiamente piena di cuore, nei confronti dei suoi personaggi e della storia che vuole raccontare. Registicamente parlando Muccino è un cavallo di razza, perché ha uno stile riconoscibile e in molti casi invidiabile, nel saper trattare piani-sequenza complessi (dalla sassaiola iniziale alla lunga e dolorosa confessione di Giulio a Paolo), scene importanti, attori di indubbio spessore. Ma è sui dialoghi melensi, sulla scrittura e sulla gestione dei toni, da sempre, che Gabriele tentenna, scivolando spesso e volentieri nella retorica, nell’auto-parodia che eccede in decibel, puntualmente incontrollati sin dai primi minuti.

Gli Anni Più Belli è un romanzo popolare sicuramente meno urlato di A Casa tutti Bene, ma anche qui piovono scene-madri e discussioni faccia-a-faccia come se non ci fosse un domani, mentre i giovani attori che interpretano i 4 protagonisti nei primi anni ’80 lasciano troppo rapidamente spazio e set ai quattro protagonisti adulti. In poche scene assistiamo ad una trasformazione fisica che non ha alcun senso logico, perché da ragazzini quali erano, Giulio, Gemma, Paolo e Riccardo si tramutano improvvisamente in Pierfrancesco Favino (50 anni), Micaela Ramazzotti (41 anni), Kim Rossi Stuart (50 anni) e Claudio Santamaria (45 anni), catapultati nei giovanissimi abiti di neo-laureati poco più che ventenni nel 1989. Un azzardo che anche Martin Scorsese ha maneggiato in The Irishman grazie a 170 milioni di dollari di budget e ad una discussa CG, ma è travolgente lo straniamento che ne Gli Anni Più Belli prende forma nel vedere Favino dover interpretare un under 30, affidandosi praticamente unicamente al trucco.

Nel guardare al monolite Ettore Scola, e al suo capolavoro C’eravamo tanto Amati, Muccino forza la mano nel voler ricostruire 40 anni che raccontano poco o niente della Grande Storia, tanto dell’Italia quanto dal mondo, inserendo un Muro che cade, un aereo che entra nelle Torri Gemelle, la caccia a Osama Bin Laden, le monetine su Craxi, il volto di Berlusconi. Nei 40 anni raccontati da Muccino ci sono quattro ‘piccole storie’ che i suoi protagonisti vivono con passione, spesso impetuosa, partendo da una solida amicizia e da una grandissima storia d’amore, la primissima, che vuoi o non vuoi non si scorda davvero mai. Gabriele a tratti sorprende, con trovate spiazzanti (ottimo al montaggio Claudio Di Mauro) e riprese complesse, e in altri casi straborda, tra un surreale volatile suicida e incidenti d’auto da b-movie, mentre le insistenti musiche di Nicola Piovani accompagano i quattro senza mai abbandonarli. È invece da juke-box la ricchissima colonna sonora, impreziosita dall’inedito di Claudio Baglioni che ha l’omonimo titolo del film.

Se Pierfrancesco Favino fatica soprattutto nella parte più giovane a risultare realmente credibile, Micaela Ramazzotti si accartoccia nel fare la solita Micaela Ramazzotti, ovvero la ragazza di borgata svampita, bella, nevrotica e complicata, con Kim Rossi Stuart verosimile idealista perdutamente innamorato di un’unica donna e Claudio Santamaria (il migliore dei quattro) sognatore dall’animo buono, vero collante del gruppo uscito malconcio dal matrimonio con Anna. Ad indossarne gli abiti l’esordiente Emma Marrone, inaspettatamente plausibile in veste d’attrice, nell’interpretare questa donna piena di rancore, frustrata per aver sotterrato i propri sogni a causa di quelle nozze presto naufragate. Un ruolo minore ma centrato, per l’ex vincitrice del Festival di Sanremo, mai fuori luogo bensì sorprendentemente calatasi nella parte. A completare il cast Nicoletta Romanoff, lanciata proprio da Muccino ai tempi di Ricordati di Me, Alma Noce, Francesco Centorame, Andrea Pittorino, Matteo De Buono, Mariano Rigillo, Francesco Acquaroli, Paola Sogiu e Fabrizio Nardi. Complessivamente parlando ne esce abbastanza malconcio il ruolo femminile, perché le donne de Gli Anni Più Belli sono tutte enormemente negative. Se non è stronza (Marrone), è di facilissimi costumi, tentatrice nata e traditrice seriale (Ramazzotti e Romanoff). Non ci sono sfumature o vie di mezzo, per Gabriele e il co-sceneggiatore Paolo Costella, con cui il regista aveva scritto anche A casa tutti bene.

Il tempo è fuori dal nostro controllo, rimarca Muccino, mentre i suoi personaggi provano a cavalcare a fatica gli inevitabili mutamenti che lentamente modificano le loro esistenze, rendendosi tardivamente conto che non ha senso opporsi, fare resistenza, perchè solo accettando quel che siamo potremo andare incontro alla serenità, all’appagamento, alla chiamiamola ‘felicità’. Nel corso dei suoi 40 anni di narrazione cinematografica in cui il reale approfondimento generazionale appare assai limitato, Gli anni più Belli oscilla continuamente (e pericolosamente) tra ingenuità, emotività, eccessi, positività, stereotipi, malinconia, nevrosi a buon mercato e sinceri sentimenti, pagando a caro prezzo un’infelice prima ora esageratamente strillata e uno sviluppo che trova oggettiva difficoltà nel gestire ed esplicitare quell’inesorabile trascorrere del tempo che dopo The Irishman di Scorsese torna ora nuovamente al cinema, ma con ben altri risultati.

[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]

Gli anni più Belli (Italia, 2020, drammatico) di Gabriele Muccino; con Pierfrancesco Favino, Micaela Ramazzotti, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Francesco Centorame, Andrea Pittorino, Matteo De Buono, Alma Noce, Nicoletta Romanoff, Emma Marrone, Gennaro Apicella, Paola Sotgiu, Francesco Acquaroli, Elisa Visari, Ilan Muccino, Fabrizio Nardi, Titti Nuzzolese – uscita giovedì 13 febbraio 2020.