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Big Game – Caccia al Presidente: recensione in anteprima

Omaggio al cinema action-avventuroso a cavallo tra anni ’80 e ’90, Big Game – Caccia al Presidente va oltre la mera operazione nostalgia, proponendo un intrattenimento familiare sebbene in modo atipico

pubblicato 18 Giugno 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 14:53

In un villaggio della Finlandia, dove le persone vivono ancora di ciò che cacciano (più o meno), c’è un’usanza che si trasmette da generazioni. Al compimento del tredicesimo anno ogni maschio viene mandato nella foresta da solo; da lì deve ritornare con la testa di un animale, un bottino che segna il passaggio dall’infanzia direttamente alla vita adulta. Non fatevi ingannare dalle tante panoramiche iniziali però… Big Game è anche altro. Sopratutto altro.

Di mezzo c’è infatti un complotto ordito contro il Presidente degli Stati Uniti d’America (Samuel L. Jackson), il cui piano prevede l’abbattimento dell’Air Force One. Ma non è tutto. Perché il Presidente non ha da morire sul colpo, nossignore; prima dev’essere esibito come un trofeo, perciò in realtà, mentre il velivolo istituzionale finisce chissà dove, lui riesce a restare illeso all’interno di una capsula. L’avventura comincia quando Oskari, il tredicenne chiamato al rito di passaggio, incontra il potente personaggio tra le lande finlandesi.

Big Game è un film che va senz’altro preso col suo verso, trattandosi principalmente di un omaggio a certo cinema avventuroso e d’azione smaccatamente anni ’80. Parecchie le citazioni, alcune delle quali palesi, da E.T. a Indiana Jones, passando per The Karate Kid, giù sino ad accenni più o meno vaghi al filone action-complottista anni ’90. Una lettera d’amore che non scherza riguardo ai sentimenti che ne muovono le intenzioni, ma che per il resto non si prende in alcun modo sul serio.

Come recepire diversamente la rocambolesca fuga all’interno di un frigorifero lungo un fiume, giusto per dirne una? Semplice, entrando in sintonia col regista. Oskari, il giovane protagonista, potrebbe benissimo essere il regista stesso che finalmente, dopo anni, realizza il suo sogno di «diventare uomo» salvando la «persona più potente al mondo» dai cattivi. Ok, il film è basato su un romanzo di Dan Smith, ma chi ci dice che Helander non l’abbia interiorizzata a tal punto da tirarne fuori questa sceneggiatura? Una sceneggiatura volutamente demenziale quanto alle dinamiche mediante cui si dipana la storia, con personaggi a cui non par vero di potersene uscire con battute iconiche, tra il serio e il faceto.

Tuttavia un lavoro totalmente votato all’intrattenimento, e che in una qual misura riesce davvero in tale intento. Che scava nel déjà vu proprio perché vuole offrire degli appigli, qualcosa grazie a cui entrare in quest’avventura improbabile ma proprio per questo interessante. Colpisce infatti, e suona strano anche a chi scrive, l’atipicità di questo prodotto, che spizzica un po’ di questo e un po’ di quello, riuscendo a costruirsi una “forma” che gli è propria. Trash, avventura, azione, spionaggio… tutti elementi di cui si avverte appena la presenza, ma che eppure ci sono. Il segreto sta perciò nel dosaggio e nella successiva mistura.

Da questo si comprende perché vi siano al tempo stesso alcune barriere all’entrata, sebbene meno imponenti di ciò che sembra. Perché sì, è vero che un pubblico che naviga tra i 30 e i 40 d’età subisce un fascino precluso alle generazioni successive – salvo che quest’ultime, per vie traverse, non abbiano autonomamente colmato il gap. Ciononostante quel suo insistere su toni in fondo universali, in particolar modo l’avventura, fa di Big Game un film piuttosto godibile, e da più parti.

Senza farsi depistare da un contesto assurdo, molti passaggi surreali e personaggi funzionali a tutto ciò: fa parte del gioco. Ci si lasci perciò andare, anche perché opere di questo tipo, che al tempo stesso risultano riuscite, sono sempre più rare. Non a caso siamo sempre lì a sperare che qualcuno recuperi questo cinema spensierato ma sappia pure cosa farci. Anche perché se il tutto si limita ad un’operazione nostalgia il rischio è di trovarsi dinanzi a cose come Kung Fury… che per carità, ha un suo perché, ma è innegabile che ci si sia lasciati prendere troppo la mano. Niente di tutto questo in Big Game, il cui impeto viene saggiamente contenuto. Da notare peraltro, en passant, che sia Jalmari Helander che David Sandberg sono scandinavi – in questo film le maestranze sono pressoché tutte finlandesi addirittura. Così, giusto per lasciare a voi l’onere di approfondire.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]

Big Game – Caccia al Presidente (Big Game, USA, 2015) di Jalmari Helander. Con Samuel L. Jackson, Onni Tommila, Ray Stevenson, Victor Garber, Felicity Huffman, Jim Broadbent, Ted Levine, Jaymes Butler, Mehmet Kurtulus, Jorma Tommila, Ken Thomas, Erik Markus Schuetz e Jean-Luc Julien. Nelle nostre sale da giovedì 25 giugno.