Home Curiosità Dorian Gray – La recensione in anteprima

Dorian Gray – La recensione in anteprima

Dorian Gray (Dorian Gray) Regia di Oliver Parker. Con Ben Barnes, Colin Firth, Ben Chaplin, Rebecca Hall, Fiona Shaw, Emilia Fox, Rachel Hurd-Wood, Caroline Goodall, Pip Torrens, Douglas Henshall, Maryam D’Abo, Michael Culkin, Johnny Harris, David Sterne, Jo Woodcock, Hugh Ross, Max Irons, Noli McCool, Louise Rose, Tallulah Sheffield, Paul Warren, Aewia Huillet, Lily Garrett.Dorian

pubblicato 27 Novembre 2009 aggiornato 2 Agosto 2020 07:53

Dorian Gray (Dorian Gray) Regia di Oliver Parker. Con Ben Barnes, Colin Firth, Ben Chaplin, Rebecca Hall, Fiona Shaw, Emilia Fox, Rachel Hurd-Wood, Caroline Goodall, Pip Torrens, Douglas Henshall, Maryam D’Abo, Michael Culkin, Johnny Harris, David Sterne, Jo Woodcock, Hugh Ross, Max Irons, Noli McCool, Louise Rose, Tallulah Sheffield, Paul Warren, Aewia Huillet, Lily Garrett.

Dorian Gray, bellissimo nell’aspetto ma ingenuo e fragilissimo nell’animo, torna a Londra dopo un esilio volontario che lo portasse lontano dal nobile padre. L’alta società dell’epoca Vittoriana lo accoglie con freddezza. Tra i borghesi che frequentato gli stessi salotti c’è il carismatico Henry Wotton, capace di trascinare il giovane Dorian alla scoperta dei piaceri edonistici che la capitale inglese offre ai ricchi cittadini. Nel pieno del viaggio alla scoperta di un mondo fino allora sconosciuto alla sua anima, Dorian diventa il modello per il pittore Basil Hallward che realizza il suo capolavoro con il suo ritratto.

Un dipinto splendido che secondo Henry ha dentro di se la forza di non invecchiare mai. Davanti a questa verità Dorian, travolto dal passione per la propria bellezza, recita quello che pare un giuramento: si sente pronto a sacrificare qualsiasi cosa pur di rimanere per sempre come appare ritratto, a costo di cedere la propria anima. La vita di Dorian prosegue così senza limite alcuno, cavalcando la sua bellezza per ottenere qualunque piacere.

Misteriosamente però la pelle del suo viso col tempo non appassisce, i capelli non imbiancano, per Dorian il gli anni non passano mai. A compiere questo processo di avvizzimento è invece il suo ritratto, chiuso a chiave come un segreto inconfessabile in una buia soffitta. Quando Basil insiste nel voler vedere il ritratto, Dorian è costretto ad ucciderlo e conseguentemente a fuggire dal paese. Venticinque anni dopo Dorian farà il suo rientro in città lasciando tutta Londra a bocca aperta, ma dovrà fare i conti con il suo passato e con il quadro dimenticato da tutti.

Il fatto che un libro come Il ritratto di Dorian Gray sia un’opera difficile da adattare in chiave cinematografica non può essere una giustificazione che salva dal fallimento totale il film di Oliver Parker. Chi scrive ha sempre sostenuto che il confronto tra testo filmico e testo letterario sia uno strumento di difficile (se non inutile) analisi, cinema e letteratura sono infatti due linguaggi complessi ed estremamente differenti che non necessariamente possono veicolare lo stesso messaggio. Il romanzo di Oscar Wilde, capolavoro della decadentismo inglese di fine ottocento, è una grande metafora dell’edonismo di cui si nutriva il più dandy degli scrittori, un’iperbole capace di descrivere il profondo disagio di chi è consapevole della caducità della bellezza e, al contempo, dell’impossibilità di porre rimedio alla necrosi incipiente dell’essere umano.

Pensare che questo messaggio sia stato interpretato dal regista Oliver Parker, che ha definito Il ritratto di Dorian Gray come il più grande romanzo gotic-horror è un’idea che provoca maggior raccapriccio in chi scrive piuttosto che nel Dorian di fronte alla degenerazione del suo ritratto. Difficile quindi il compito di vedere il film dimenticando il modello d’origine, sono però molti gli elementi che giocano a sfavore del lavoro di Parker.

Il film si apre con un volo d’uccello sulla ricostruzione della Londra dell’epoca vittoriana con un vago sapore alla Tim Burton. Le ambientazioni e i costumi ben curati sono però parte di una confezione vuota e fine a se stessa dove si muove un Dorian Gray ingessato e assai poco credibile, interpretato da Ben Barnes (il principe Caspian della saga de Le Cronache di Narnia) che potrebbe avere il physique du role ma è incapace di comunicare la complessità delle emozioni che muovono i le azioni di Dorian, la cui purezza morale viene violata dall’iniziazione ai piaceri della carne da parte del sordido Henry (Colin Firth), che predica l’edonismo ma non lo prativa. Così una notte di piacere in un bordello della capitale inglese è sufficiente per trasformare un’anima candida nel più turpe dei mostri.

Il film vorticosamente trascende in scene orgiastiche degne della fantasia di Andrew Blake, ma che per necessità di evitare la censura, non concedono alla vista altro che laocontiche configurazioni di corpi, liquidi gemiti e accenni di pruriti inguinali.

Parker preferisce provare la carta della spettacolarizzazione, piuttosto che quella dell’introspezione e qui fallisce. Basterebbe la prima inquadratura in soggettiva deforme e desaturata dal punto di vista del Dorian del ritratto per far inorridire il pubblico, ma l’apoteosi arriva solo quando questo prende vita come un un film di Clive Barker. Visioni mostruose che vorrebbero avvicinarsi al cinema horror ma che risultano un’estrema banalizzazione che trasforma Dorian in un personaggio vuoto, invece che pieno di se’.

Dorian Gray esce nelle sale venerdì 27 novembre 2009.

Voto Carlo: 3
Voto Federico: 6,5
Voto Simona: 7
Voto Gabriele: 2
Voto Carla: 4,5