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Febbraio con Documè, a Torino

Come è possibile che in Italia esistano film documentari così pieni di significato dal punto di vista sociale e culturale, ma non esiste la possibilità da parte del pubblico di fruire liberamente e facilmente di queste opere? E’ accettabile il totale disinteresse a questo fenomeno da parte delle televisioni, delle istituzioni e dei circuiti cinematografici?

10 Febbraio 2005 09:17

Come è possibile che in Italia esistano film documentari così pieni di significato dal punto di vista sociale e culturale, ma non esiste la possibilità da parte del pubblico di fruire liberamente e facilmente di queste opere? E’ accettabile il totale disinteresse a questo fenomeno da parte delle televisioni, delle istituzioni e dei circuiti cinematografici? E’ da questi quesiti che Documè ha preso vita nel 2002. L’obiettivo è molto semplice: raccogliere un catalogo dei più rappresentativi documentari italiani (ed in parte stranieri) al fine di renderli disponibili al pubblico grazie alla circuitazione/distribuzione in piccole sale cinematografiche, sale video di associazioni, scuole, rassegne, spazi di comunità etc..
Il progetto ha preso vita ufficialmente nel luglio 2003 con una rassegna estiva, cui ha fatto seguito la nascita della prima sala dedicata al documentario a Torino; al termine della prima stagione il modello torinese è stato esportato in altre 20 realtà in tutta Italia, che ora fanno parte del circuito.

Sulla scia del successo ottenuto con la serie di proiezioni conclusasi il 31 gennaio 2005 (con ben due repliche di Life and Debt di Stephanie Black per accontentare tutto il pubblico accorso), il circolo continua con altri appuntamenti presso il Cinema Baretti di Via Baretti 4, a Torino. Ecco il calendario di febbraio:

Lunedì 14-feb ore 21.30
Chi non rischia non beve champagne di Enrica Colusso
Italia/Ucraina, 2003, 90′, Digibeta/Dvcam, prod RAIFICTION e Fandango
Giovani donne che lasciano l’Ukraina per cercare la loro fortuna in Occidente. Qualcuna spera di trovare un marito, altre sono convinte di avere un contatto per un lavoro serio, qualcuna è disposta a tutto perché, come recita un vecchio proverbio russo, “chi non rischia non beve champagne”. Nessuna si aspettava l’inferno che ha trovato. Le loro sono piccole vite in cui però si racconta qualcosa di importante che riguarda l’occidente, la civiltà nata sul valore dell’individuo come irripetibile persona, e ormai diventata idolatria della merce, dove chi è povero abbastanza può essere comprato, spostato e, quando serve, rimpiazzato.

Lunedì 21-feb ore 21.30
Pretty Dyana di Boris Mitic
Serbia, 2003, 45’, Betacam SP, Dribbling Pictures
Degli strani veicoli entrano ed escono da un campo di zingari fuggiti dalla guerra in Kosovo. Le classiche automobili Citroën vengono qui trasformate in futuristiche macchine ecologiche alla Mad Max. Tutto tranne il motore viene rimosso dallo chassis e il resto dipinto con colori splendenti e decorato con buffi gadgets. Uno sguardo intimo osserva quattro famiglie rom da una “favela” di Belgrado che si guadagnano da vivere vendendo cartoni e bottiglie che raccolgono con le loro “risorte” Dyane, sinonimo di libertà, speranza e stile per i loro proprietari artigiani…Ma la polizia non sempre trova divertenti questi strani veicoli…

Lunedì 28-feb ore 21.30
Eyes Wide Open di Elisa Mereghetti e Marco Mensa
Italia, 2004, 58’, Dvcam, prod Ethnos
Catherine Phiri era un’infermiera malawiana che scoprì di essere sieropositiva a seguito della morte del marito per AIDS. Rischiando l’emarginazione e persino la violenza in una società conservatrice qual è quella del suo paese, Catherine decise di dichiarare pubblicamente la sua condizione, e di usare la sua esperienza personale per rompere il silenzio che circonda l’AIDS. Divenne una figura carismatica, una fonte di ispirazione per migliaia di persone. Catherine ha esemplificato in modo eccezionale la capacità delle donne africane di reagire alle avversità, e il loro continuo impegno in nuove esperienze di solidarietà, auto-organizzazione e creatività sociale.