Home Curiosità George Lucas spiega perché ha venduto Star Wars alla Disney

George Lucas spiega perché ha venduto Star Wars alla Disney

George Lucas racconta cosa c’era dietro alla dolorosa scelta di cedere la sua creazione Star Wars alla Disney.

pubblicato 5 Dicembre 2020 aggiornato 5 Dicembre 2020 20:09

George Lucas ha creato un vero impero da un singolo film, l’originale Star Wars del 1977, in cui all’epoca credettero solo lui e una manciata di visionari lungimiranti tra cui l’amico Steven Spielberg. Il costo in stress e salute del produrre uno dei film di fantascienza più amati e popolari di sempre fu piuttosto alto, Lucas finì anche in ospedale durante le riprese per un sospetto attacco cardiaco che si rivelò invece un attacco di panico generato dallo stress accumulato sul set. Alla fine Lucas ebbe la meglio, creò una saga iconica entrata nell’immaginario della cultura pop, lanciò la mania delle action figures da collezione che spopolò all’epoca e persiste ancora oggi e resta l’unico e solo creatore dell’iconica “Galassia lontana lontana”.

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Lo stress e i problemi affrontati da Lucas sul set dell’originale “Star Wars” lo spinsero a restare dietro le quinte per i successivi due film della trilogia originale, in realtà Lucas non dirigerà più nessun film fino al 1999, anno in cui riporterà sul grande schermo la controversa trilogia prequel, amata dai fan più giovani ma fortemente criticata dai fan di lunga data a causa di uno smodato utilizzo di CGI e la creazione di uno tra i personaggi più irritanti della storia del cinema, lo sbertucciato Jar Jar Binks. Lucas volle fortemente Jar Jar come co-protagonista de “La minaccia fantasma” poiché convinto che avrebbe spopolato tra i bambini, per poi rendersi conto della pessima reazione dei fan e correndo ai ripari rendendo il personaggio praticamente una comparsa dal secondo capitolo in poi.

Nel 2012 arriva il colpo di scena, la Disney riesce ad acquisire Lucasfilm per la somma di 4 miliardi di dollari, acquisendo nel processo franchise storici come “Star Wars” e “Indiana Jones”. Ora tramite il sito Screenrant apprendiamo che nel nuovo libro “The Star Wars Archives: 1999-2005”, Lucas ha motivato la sua decisione di vendere al colosso Disney, cedendo il controllo della sua più grande e famosa creazione.

Stavo ancora lavorando all’episodio IX nel 2012, avevo 69 anni. Quindi la domanda era: continuerò a farlo per il resto della mia vita? Voglio ripetere tutto questo? Alla fine, ho deciso che avrei preferito crescere mia figlia e godermi la vita per un po’. Non avrei potuto vendere LucasFilm e convincere qualcuno a dirigere le produzioni, ma non significava andare in pensione. In L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi ho cercato di stare alla larga, ma non ci sono riuscito. Ci sono stato tutti i giorni. Anche se le persone erano mie amiche e facevano un ottimo lavoro, non era come se lo stessi facendo di persona; era come essere stati rimossi, sapevo che probabilmente non avrebbe funzionato di nuovo, che sarei stato frustrato. Sono come uno di quei maniaci del controllo e non posso farci niente. Quindi ho pensato che avrei rinunciato a quello, mi sarei goduto quello che avevo e non vedevo l’ora di crescere mia figlia. Inoltre, volevo costruire un museo, cosa che avrei sempre voluto fare, quindi ho pensato: “Se non lo faccio ora, non lo farò mai”. Ho passato la mia vita a creare Star Wars – 40 anni – e rinunciarvi è stato molto, molto, doloroso. Ma era la cosa giusta da fare. Pensavo di avere qualcosa in più da dire sui prossimi tre perché li avevo già avviati, ma hanno deciso che volevano fare qualcos’altro. Le cose non vanno sempre nel modo desiderato. La vita è così.

Dopo la conclusione della nuova trilogia sequel, che ha salutato per l’ultima volta personaggi iconici come Luke, Leia e Han Solo, ci sono attualmente in sviluppo oltre alla nuova trilogia di Rian Johnson, film del regista Taika Waititi (Thor: Ragnarok), del produttore Kevin Feige, del regista  J.D. Dillard (Sleight – Magia) e un ulteriore progetto che vede coinvolta Laeta Kalogridis produttrice di Avatar.

Fonte: Paul Duncan