Home Curiosità Ghost in the Shell: Paramount accusa la controversia casting per il sonoro flop del live-action

Ghost in the Shell: Paramount accusa la controversia casting per il sonoro flop del live-action

Kyle Davies di Paramount ritiene che la controversia sul casting “imbiancato” abbia danneggiato “Ghost in the Shell” al botteghino.

pubblicato 6 Aprile 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 00:32

Marzo è stato il mese del live-action La Bella e la Bestia che ha dominato incontrastato il box-office, ma è stato anche il mese del live-action Ghost in the Shell che ha floppato, sconfitto dal Baby Boss di DreamWorks Animation che ha esordito con 50.1 milioni di dollari contro i 18.6 milioni di Ghost in the Shell e un terzo posto davvero deludente per un film costato 110 milioni. Con un flop al botteghino ormai conclamato, un executive di Paramount ha rivelato in un’intervista che la controversia sull’imbiancatura del cast (“whitewashing”). ha probabilmente portato a critiche negative che possono aver influenzato il risultato al botteghino.

Per quanto riguarda la critica, Ghost in the Shell ha raccolto il 45% di pareri positivi su Rotten Tomatoes contro il 50% di Baby Boss che a livello nazionale ha avuto a disposizione 3.773 sale contro le 3.440 sale di  Ghost in the Shell. A conti fatti Baby Boss nel suo weekend di apertura ha incassato più del doppio rispetto a Ghost in the Shell, anche se bisogna specificare che i due film sono indirizzati a target di spettatori molto diversi. Durante un’intervista con CBC, Kyle Davies di Paramount ha detto che la colpa degli incassi deludenti di Ghost in the Shell sono riconducibili alla polemica sull’imbiancatura del cast, che avrebbe influenzato recensioni e box-office.

[quote layout=”big”]Speravamo di ottenere risultati migliori a livello nazionale. Credo che il discorso per quanto riguarda il casting abbia influenzato le recensioni. Hai un film che è molto importante per i fan dal momento che è basato su un film anime giapponese. Così si cerca sempre di trovare un equilibrio tra l’onorare il materiale di partenza e fare un film per un pubblico di massa. Questo è impegnativo, ma è chiaro che le recensioni non hanno aiutato.[/quote]

In realtà non vi è stato alcun clamore significativo quando Scarlett Johansson è stata lanciata nel ruolo principale del Maggiore, noto come Maggiore Kusanagi nel film anime, le polemiche sono arrivate dopo che la prima foto ufficiale dell’attrice è stata resa pubblica la scorsa primavera, con molti fan hanno iniziato ad accusare lo studio di aver scelto un’attrice bianca per un ruolo asiatico. Un rumor di aprile dello scorso anno aveva soffiato sul fuoco sostenendo che la Paramount aveva ordinato test di effetti visivi per dare a Scarlett Johansson lineamenti asiatici utilizzando tecniche note come “”beauty work”, che in genere vengono usate per invecchiare o ringiovanire attori e attrici.

Ghost in the Shell è solo l’ultimo dei film accusati di “whitewashing”, la lista include Sotto il cielo delle Hawaii (Aloha) con Emma Stone nel ruolo di una donna per metà cinese e metà hawaiana, Pan – Viaggio sull’isola che non c’è che ha reclutato la caucasica Rooney Mara nei panni della nativa americana Tiger Lily e il fantasy Gods of Egypt con un cast prevalentemente bianco che ha interpretato personaggi egiziani, parliamo di film pesantemente criticati che guarda caso sono stati dei flop al botteghino. Per quanto riguarda Ghost in the Shell. il live-action se l’è cavata un po’ meglio all’estero con un incasso globale di 62 milioni, ma sembra chiaro che solo un improbabile miracolo potrebbe risollevarne le sorti.