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Il business del trailer

Un articolo assolutamente da leggere sul Los Angeles Times che riguarda il business dei trailer. Secondo voi quando è che la visione fa più effetto? Porta più gente al cinema un trailer passato in tv, oppure una recensione sul giornale o ancora una locandina? Io credo che molti abbiano un critico di riferimento, su quotidiani

18 Febbraio 2005 10:09

Un articolo assolutamente da leggere sul Los Angeles Times che riguarda il business dei trailer.
Secondo voi quando è che la visione fa più effetto? Porta più gente al cinema un trailer passato in tv, oppure una recensione sul giornale o ancora una locandina?
Io credo che molti abbiano un critico di riferimento, su quotidiani o riviste, su internet o ancora sui weblog. Una persona, quindi, che solitamente incarna i propri gusti e anticipi le sensazioni di un film.
Giungo a questo post perché da quando ho inizato a scrivere per cineblog non ho fatto altro che imbattermi in lamentele di cinefili, che notavano quanto le case cinematografiche tendano a puntare su un target molto ristretto di utenza: gli under-35. Gli under-35 rappresentano il pubblico più sprovveduto, quello spassionato, che va al cinema perché “ha sentito dire” o “ha scoperto” che un film è al cinema. Il risultato sembra essere un cartellone ripetitivo di film esteticamente molto validi ma vuoti di significato.

L’articolo segnalato spiega il momento perfetto del trailer, quello in cui è bene venga trasmesso per incuriosire e catturare pubblico: il buio in sala, quando magari, per ingannare l’attesa, uno è seduto comodo con pop corn e bibita e, probabilemnte (questa è una mia deduzione), il piacere della comodità mista al sapore viene trasmesso per psico-analogia anche al trailer.
A questo punto diventa interessante notare come MMU intervenga citando l’importanza di servizi come yahoo e aol, che provvedono alla trasmissione e/o alla segnalazione di trailer con tanto di critica, servizi totalmente ignorati dal giornalista dell’articolo. Perché questa dimenticanza? Forse perché gli sprovveduti under-35 non fanno ricerche su internet?
Si tratta del mercato americano e del pubblico americano, ma anche noi abbiamo i nostri nei.