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Il cinema d’essai: diatriba su Il Manifesto

Ci arriva la segnalazione di una diatriba cinematografica insorta sulle pagine de Il Manifesto. Vediamo di raccontarvela dall’inizio. Dunque, prima di tutto riportiamo le parole di Cesare Petrillo della Teodora film distribuzione: Cari amici, venerdi 28 settembre, in occasione della proiezione seguita dalla conferenza stampa di Angel, ho fatto una breve introduzione in cui lamentavo

di carla
3 Ottobre 2007 12:44

Ci arriva la segnalazione di una diatriba cinematografica insorta sulle pagine de Il Manifesto. Vediamo di raccontarvela dall’inizio. Dunque, prima di tutto riportiamo le parole di Cesare Petrillo della Teodora film distribuzione:

Cari amici, venerdi 28 settembre, in occasione della proiezione seguita dalla conferenza stampa di Angel, ho fatto una breve introduzione in cui lamentavo la quasi sparizione del cinema d’essai in Italia. Dicevo infatti che a parte i film americani a budget miliardario, e alcune produzioni italiane della Medusa e di Rai Cinema, il resto sta scomparendo. Ancora qualche anno fa vedevamo grazie allo sforzo di tante compagnie film mediorientali, scandinavi, sudamericani, orientali, spagnoli, tedeschi francesi eccetera. Da qui a Natale, a parte Ozon, Denis Arcand, Ai confini del paradiso, Irina Palm e il libanese Caramel il cinema d’essai è finito. Il manifesto del giorno dopo mi chiedeva di spiegarne le cause. Tra queste, sostenevo la mancanza di interesse di Sky che in situazione di monopolio tende a comprare esclusivamente alle grandi compagnie e comunque cinema da grandi numeri, avendo quasi azzerato il metodo Tele+ di programmare sia Vacanze di Natale di De Laurentis che Rosetta dei Dardenne.

Questa mia dichiarazione non è affatto piaciuta a Sky (mentre tutti gli altri, non sentendosi in colpa, mi hanno ignorato). Con gran coda di paglia, il responsabile comunicazione di Sky Tullio Caviglieri ieri sullo stesso manifesto mi ha preso per il culo, asserendo che mi piacerebbe vedere instaurato un sistema di quote per cui in discoteca si ascolta anche musica azera e caucasica e le sale si dovrebbero riempire di film africani. A questo attacco grossolano e razzista, ho risposto oggi sul manifesto. Inoltro a tutti questa “amorosa” corrispondenza sperando che qualcuno che ancora crede ai diritti delle minoranze, alla libertà di pensiero e di parola, alla diffusione di tutta la cultura e l’arte oltre a quella dominante, si decida a schierarsi contro il regime di monopolio. Per fortuna ancora siamo in democrazia.

Per dare a tutti voi la possibilità di capire riportiamo di seguito i tre articoli e vi invitiamo ad una (pacata) discussione sul Cineblog.

Capisco la programmazione cult e modaiola de I Simpsons e dei cosiddetti film di massa (sono la prima ad andare!) ma certe volte mi ritrovo ad aspettare un film che al cinema non vedrò mai. Non andiamo troppo lontano, non andiamo a parlare di film Sudafricani o Iraniani o di Honolulu. Prendiamo un caso solo: INLAND EMPIRE. E’ Americano eppure è arrivato in Italia con sole 25 copie (VENTICINQUE!). Perché? Io non sono riuscita a vederlo al cinema, io che (povera) abito in provincia. E chissà quanti come me. Perché succede questo? Quanti film avrei voluto vedere e non ho visto. Quante storie bellissime mi sono persa. Quante pellicole mi sono lasciata sfuggire perché i cinema della mia zona non li hanno proiettati. Devo aspettare le rassegne d’essai delle calde serate estive od il noleggio per recuperare? Capisco la paura di proiettare un film e di vedere arrivare solo 3 persone… ma un compromesso non si può trovare? Cosa ne pensate voi lettori?

L\'intervento di Cesare Petrillo della Teodora Film

Il cinema d\’essai: diatriba su Il Manifesto
L\'intervento di Cesare Petrillo della Teodora Film
La risposta del responsabile comunicazione di Sky Tullio Caviglieri
La risposta di Cesare Petrillo