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Cineblog consiglia: Il disprezzo di Jean-Luc Godard

Il disprezzo Un film di Jean-Luc Godard con Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Jack Palance, Fritz Lang. Genere Drammatico Francia, 1963 Durata 103 minuti circa Stasera 20 ottobre su La7 all’ 1:55 Il Disprezzo è un film del ’63, opera di uno dei pionieri della nouvelle vague francese, Jean-Luc Godard, e tratto dal romanzo omonimo di

19 Ottobre 2007 22:15

Il disprezzo
Un film di Jean-Luc Godard con Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Jack Palance, Fritz Lang.
Genere Drammatico
Francia, 1963
Durata 103 minuti circa

Stasera 20 ottobre su La7 all’ 1:55

Il Disprezzo è un film del ’63, opera di uno dei pionieri della nouvelle vague francese, Jean-Luc Godard, e tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia.
Il protagonista Paul ( Michel Piccoli) è uno scrittore sposato con la bellissima Camille (Brigitte Bardot in pieno splendore). La coppia sembra affiata, innamoratissima.
Tra le scene iniziali del film li vediamo insieme a letto e parlano d’amore.
Paul accetta di sceneggiare, o meglio di correggere, un film sull’Odissea le cui riprese si svolgeranno tra Cinecittà e la splendida Capri.

Il regista del film, poco gradito al produttore, è niente di meno che Fritz Lang che interpreta sé stesso.
Paul si piega alla sceneggiatura di un’Odissea assurda, completamente estranea alla sensibilità culturale europea e comunque lontana dall’idea iniziale di Fritz Lang, in nome di un film più commerciale, gradito al produttore del film, l’americano Prokosch.
Ma questo non è l’unico compromesso di Paul che genera il disprezzo di Camille nei suoi confronti.
Infatti l’uomo fa finta di non accorgersi delle avance che il produttore fa alla moglie che all’inizio tenta inutilmente di scatenare una reazione nel marito.

Godard non fa un’analisi emotiva dei personaggi, né ci mostra in modo chiaro i sentimenti di Paul e Camilla.
Ne dà piccoli assaggi nel corso della pellicola, ma soprattutto spinge la coppia a dialoghi interminabili, che non sono però chiarificatori, ma che anzi alimentano l’equivoco.
Il dialogo iniziale è pieno d’amore, sensuale, già nel dialogo dopo l’incontro con Prokosh l’astio comincia ad insinuarsi nella coppia: all’interno del loro rapporto è entrato il marcio del compromesso per il denaro, che spinge a scelte che fino a poco prima sembravano impossibili.
Il vendere il proprio talento, l’accettare che un altro uomo corteggi tua moglie.

Paul e Camilla si muovono all’interno della loro nuova casa e la cinepresa li insegue per carpire il senso del loro discorso.
Il dialogo all’interno della villa a Capri accarezza i personaggi e li inquadra in un lungo piano sequenza: sono entrambi protagonisti della scena.
Il disprezzo è anche una analisi del mondo del cinema, delle sue ipocrisie e dei suoi compromessi: l’analisi della crisi del cinema è parallela alla crisi della coppia.
Godard omaggia quelli che ritiene i suoi Maestri in modo evidente: in una scena si vedono far bella mostra tre poster cinematografici Viaggio in Italia , Hatari e Psyco, ossia Rossellini-Howard Hawks-Alfred Hitchcock, senza dimenticare Fritz Lang che nel film interpreta se stesso.

I paesaggi sono esaltati dalla fotografia in cinemascope: in questo senso il dualismo Cinecittà-Capri / Città-Natura è evidente.

La sfida Lang / produttore anticipa quello che è accaduto tra Godard e il produttore del film Carlo Ponti.
La produzione ha, infatti, tagliato 20minuti di pellicola, quella bellissima discussione sul letto della coppia, in cui la Bradot appariva nuda, i colori della fotografia addirittura sono stati cambiati ed il finale è stato montato diversamente, tanto che alla fine Godard stesso ha disconosciuto la versione italiana del film.
Altro particolare: la produzione decise di doppiare tutti i personaggi del film in italiano.
Elemento essenziale del film è proprio la babele di lingue in cui si ritrovano tutti i personaggi, che è comunque caratteristica comune in ogni operazione cinematografica che comporti una coproduzione. Diviene imbarazzante anche il ruolo della traduttrice che praticamente traduce ciò che è stato comunque già detto in italiano!
La metafora della babele linguistica è quindi completamente persa.
Nella versione originale, si avverte la sensazione che ognuno parla per sé senza capirsi. Il produttore e il regista, così come Camille e Paul.
La babele linguistica è metafora dell’equivoco, dell’incomprensione che mina la stabilità della coppia.

Il Disprezzo è un film fondamentale, da vedere e rivedere per apprezzare le invenzioni registiche di Godard, le sue inquadrature che prediligono il piano sequenza per esaltare la drammaticità dei dialoghi, l’uso dei colori accesi che esaltano la natura di Capri e la bellezza degli appartamenti.
La musica, degli stupendi archi (che sono stati sostituiti dalla produzione italiana con della musica jazz), sono assolutamente complementari e la recitazione degli attori, forse è un po’ di maniera, a tratti teatrale, ma nel complesso buona.

Su La 7 Stanotte all’1:55 (Consigliato solo se si tratta della versione originale)

Di seguito vi metto una presentazione dello stesso Godard.
Il romanzo di Moravia è un volgare e grazioso romanzo da stazione, pieno di sentimenti classici e fuori moda, nonostante la modernità delle situazioni. Ma proprio con questo genere di romanzi spesso si girano dei buoni film.
Ho conservato la materia di base e trasformato semplicemente alcuni dettagli, partendo dal principio che ciò che è filmato è automaticamente diverso da ciò che è scritto, dunque originale. Non è necessario cercare di renderlo differente, di adattarlo alle esigenze dello schermo, basta filmarlo, tale e quale: soltanto filmare ciò che è scritto, press’a poco, dato che se il cinema non fosse prima di tutto film, non esisterebbe. Méliès è il più grande ma, senza Lumière, sarebbe rimasto nella totale oscurità. (…)
Il soggetto del Disprezzo sono delle persone che si guardano e si giudicano, per poi essere a loro volta guardate e giudicate dal cinema, rappresentato da Fritz Lang che interpreta se stesso; insomma, la coscienza del film, la sua onestà. (Ho girato io le inquadrature dell’Odissea che lui ha girato nel Disprezzo, ma, dato che io interpreto la parte del suo aiuto regista, Lang dirà che si tratta di inquadrature girate dalla seconda unità).
A ben riflettere, oltre che la storia psicologica di una donna che disprezza il marito, Il disprezzo mi appare come la storia di naufraghi del mondo occidentale, di scampati al naufragio della modernità, che sbarcano un giorno, come gli eroi di Verne e di Stevenson, su un’isola deserta e misteriosa, il cui mistero è inesorabilmente l’assenza di mistero, cioè la verità. Mentre l’odissea di Ulisse era un fenomeno fisico, io ho girato un’odissea morale: lo sguardo della macchina da presa su dei personaggi alla ricerca di Omero al posto di quello degli dei su Ulisse e i suoi compagni.
Film semplice e senza misteri, film aristotelico, libero dalle apparenze, il disprezzo prova in 149 inquadrature che nel cinema, come nella vita, non c’è niente di segreto, niente da delucidare, non c’è che da vivere e da filmare.

Jean-Luc Godard
Il cinema è il cinema, Garzanti, Milano 1981
Fonte Torino Film Festival