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Mio fratello è figlio unico: recensione in anteprima

Mio fratello è figlio unico (Italia, 2007) di Daniele Lucchetti; con Elio Germano, Riccardo Scamarcio, Diane Fleri, Alba Rohrwacher, Angela Finocchiaro, Luca Zingaretti, Massimo Popolizio e Vittorio Emanuele Propizio.Latina, 1962, Accio, un bravissimo Vittorio Emanuele Propizio, prende la strada del seminario. Primo della classe, è la disperazione dei genitori, scontroso, attacabrighe, sempre con la battuta

13 Aprile 2007 11:16

Mio fratello è figlio unico (Italia, 2007) di Daniele Lucchetti; con Elio Germano, Riccardo Scamarcio, Diane Fleri, Alba Rohrwacher, Angela Finocchiaro, Luca Zingaretti, Massimo Popolizio e Vittorio Emanuele Propizio.

Latina, 1962, Accio, un bravissimo Vittorio Emanuele Propizio, prende la strada del seminario. Primo della classe, è la disperazione dei genitori, scontroso, attacabrighe, sempre con la battuta pronta. L’idea è quella di diventare prete, “perchè un prete in famiglia fa sempre comodo“, ma una foto di una soubrette degli anni 60, portatagli dal fratello maggiore Manrico, Riccardo Scamarcio, lo porta a peccare, fino a fargli venire “na crisi de coscienza”, che lo riporta a casa, per la disperazione dei genitori, con il padre, Massimo Popolizio, operaio in fabbrica, e la madre, Angela Finocchiaro, casalinga pronta ad arrotondare lo stipendio con qualche lavoretto di merceria.
Tornato a Latina comincia a frequentare Mario, Luca Zingaretti, fascista fino al midollo, vero e proprio mentore per la strada politica intrapresa dal giovane Accio, che finisce per iscriversi al partito, l’MSI. Tutto il contrario del fratello, Manrico, bello, carismatico, capace di far sue le folle, vero ammaliatore, amato da tutti, madre compresa, che lo preferisce al povero Accio, “posseduto dal diavolo”!
Uno, Manrico, comunista pronto alla lotta operaia, l’altro, Accio, ormai cresciuto con il volto di Elio Germano, fascista iscritto al partito pronto a partire per spedizioni punitive fino a Roma, costretti a vivere sotto lo stesso tetto, innamorati della stessa donna, in un confronto senza fine, tra fughe, ritorni, passioni, tradimenti, ripensamenti politici e tante botte, fino al drammatico e commovente finale, dove la vera rivoluzione, concreta, reale, e soprattutto utile, finisce per farla proprio lui, il fratello bisfrattato, quello con il diavolo in corpo.

Daniele Lucchetti realizza sicuramente la sua migliore opera cinematografica!
Tratto dal Fasciocomunista di Antonio Pennacchi, sceneggiato, ottimamente, dallo stesso Lucchetti, assieme a Sandro Petraglia e Stefano Rulli, Mio fratello è figlio Unico percorre 15 anni della storia italiana, quelli del 68, che a Latina arrivò solo grazie alla televisione, quelli delle rivolte studentesche ed operaie, quelli della 600, quelli del post fascismo, quelli in cui lo spettro della guerra fredda aleggiava sul mondo, quelli in cui l’utopia del comunismo rosso, e russo, si facevano sentire anche nel nostro paese.
Lucchetti analizza questi temi senza prendersi troppo esageratamente sul serio. Non ci sono le ormai inflazionatissime scene di guerriglia urbana, gli scontri tra manifestanti, il regista mostra l’estremismo, sia di destra che di sinistra, la violenza di quegli anni, appartenente ad entrambi gli schieramenti, gli assalti rossi e neri, gli scontri verbali e fisici, aiutato da un cast in stato di grazia! Elio Germano è semplicemente eccezionale nell’interpretare Accio, irresistibile Lucignolo da una mimica d’applausi, con battute taglienti e sferzanti, Riccardo Scamarcio finalmente si sveste dei panni di Step, vestendosi con quelli dell’attore, Angela Finocchiaro, ce ne fosse il bisogno, si conferma ancora una volta come una delle migliori attrici italiane, mentre anche un Luca Zingaretti versione “fascio” è incredibilmente credibile.
La regia è fatta tutta di primissimi piani e macchina in spalla, la sceneggiatura è il vero punto di forza della pellicola, tra dialoghi irresistibili e colpi di scena, ottima anche la colonna sonora, consona ai tempi presi in esame, spaziando tra Nada e Little Tony, mentre dettagliata, ma neanche eccessivamente, la ricostruzione storica, con vestiti, macchine e scooter ovviamente anni 60.
Un’opera capace di far ridere, di far riflettere e pensare, paradossalmente politicamente non di parte, in grado di mettere in scena l’amore tra due fratelli così diversi e così uguali, capaci finalmente di abbracciarsi, e non picchiarsi, solo alla fine, dopo anni passati a dirsele di tutti i colori, fino all’arrivo della commozione, grazie ad un finale che vira improvvisamente, lasciando sgomento lo spettatore, preso per mano da Elio Germano, capace finalmente di liberarsi di quel diavolo che per tutta la vita lo aveva ossessionato.
A mio avviso il miglior film italiano, per il momento, di questa stagione.

Voto Gabriele: 7
Voto Federico:7/8