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Revolutionary Road: Recensione in Anteprima

Revolutionary Road (Revolutionary Road, Usa, 2008) di Sam Mendes; con Leonardo DiCaprio, Kate Winslet, Kathy Bates, Zoe Kazan, Kathryn Hahn, Michael Shannon, Ryan Simpkins, Ty Simpkins.Siamo nell’America degli anni 50, l’America post seconda Guerra Mondiale, dilaniata dal conformismo e dall’apparente prosperità economica. Qui, nel cuore del paese, a Revolutionary Road, un tipico matrimonio americano, fuori

15 Gennaio 2009 11:25

Revolutionary Road: Recensione in Anteprima Revolutionary Road (Revolutionary Road, Usa, 2008) di Sam Mendes; con Leonardo DiCaprio, Kate Winslet, Kathy Bates, Zoe Kazan, Kathryn Hahn, Michael Shannon, Ryan Simpkins, Ty Simpkins.

Siamo nell’America degli anni 50, l’America post seconda Guerra Mondiale, dilaniata dal conformismo e dall’apparente prosperità economica. Qui, nel cuore del paese, a Revolutionary Road, un tipico matrimonio americano, fuori perfetto ed invidiabile dentro dilaniato e pronto ad esplodere, porterà i due protagonisti, marito e moglie, lungo un tragitto fatto di negazioni e di verità, pur di fuggire dal vuoto di speranza della vita

10 anni dopo American Beauty Sam Mendes torna a disegnare la società americana, sferrandogli un altro potentissimo colpo al petto, in un film nuovamente etichettabile come autentico capolavoro. A contribuire in maniera determinante a tutto ciò una sublime Kate Winslet ed un fenomenale Leonardo DiCaprio, ancora una volta talmente bravo da fare paura…

Erano 40 anni che ad Hollywood pensavano di portare sul grande schermo Revolutionary Road, romanzo rivoluzionario partorito nel 1961 da Richard Yates. Un atto d’accusa bello e buono alla società americana degli anni 50, passiva dinanzi al dilagante conformismo, sempre uguale a se stessa ed incapace di vivere la vita.

Tutto questo Yates lo fece andando ad indagare, con la lente d’ingrandimento, un tipico matrimonio dell’epoca, quello tra April e Frank. Una coppia tanto di fantasia quanto incredibilmente reale in quegli anni. Belli, giovani, intelligenti e felicemente anticonformisti. I due si conoscono e si amano da subito, dal primo sorriso scambiato ad una festa.

Sono convinti di essere ‘speciali’, diversi da tutti gli altri, destinati a qualcosa di più grande rispetto alla vita che conducono la maggior parte delle pesone che li circondano. Ma presto scopriranno che non è così. Che era pura illusione. Presto anche loro si renderanno conto di esser diventati prede di quella società consumistica che li circonda, esattamente come i propri amici e vicini, da loro sempre visti quasi c0me ‘alieni’.

Quella presunzione iniziale di non essere come gli altri svanisce con gli anni, con i figli da accudire, il ruolo di casalinga disperata ed infelice da sopportare, con la bianca e candida casa acquistata nella provincia americana, a Revolutionary Road, con il mutuo da pagare e con il noioso ed odioso lavoro d’ufficio ereditato direttamente dal proprio padre.

I sogni di un tempo, le passioni e gli ideali di gioventù, svaniscono dinanzi ai fastidiosi e malinconici compromessi della vita quotidiana, portando depressione e frustrazioni di vario tipo. L’unico modo per uscire da questo limbo di apatia sarebbe sterzare, cambiare, prendere e fuggire, per ricominciare da zero, per tornare a sorridere, per tornare a vivere. Parigi è la meta, l’obiettivo da raggiungere, la possibilità di tornare a quei lontani ma incancellabili sogni, annebiati da un’America maschilista e frustrata, da cui fuggire a gambe levate. Peccato che Parigi, proprio quando è ad un passo, si allontani improvvisamente, riportando la i due a distanze siderali l’uno dall’altra…

Emozionante, commovente, potente, tutto questè è Revolutionary Road, nuovo gioiello partorito da quel vero e proprio talento che è Sam Mendes. Aiutato da una sceneggiatura solida come il granito, da una ricostruzione pazzesca dell’epoca e da due attori in stato di grazia, che ostentano un’alchimia fenomenale, impensabile ai tempi del Titanic, Mendes riesce nell’impresa di mantenere i punti cardine del romanzo di Yates, considerato ancora oggi come un autentico pilastro della letteratura americana del XX° secolo.

Tutta la storia ruota attorno a due pazzeschi personaggi, disegnati e scritti in maniera sublime da Justin Haythe. Lui, Frank Wheeler, è un cavallo imbizzarrito dentro il corpo di mediocre impiegato d’ufficio. Laureato e veterano di guerra, da giovane sogna una vita da anticonformista, trovando in April una patner perfetta. Peccato che la sua maggiore paura, ovvero quella di finire come il padre, triste impiegato per oltre 20 anni, si avveri, finendo così nella sua stessa trappola. Ama April alla follia ma è spaventato dalla sua voglia di cambiamento, aggrappandosi alla sua triste e monotona vita con le unghie, finendo per farla inevitabilmente sanguinare.

Lei, April, è l’emblema della donna moderna. E’ eternamente giovane, idealista, trascinata da sogni che la vedono sul palco dei teatri di mezzo mondo, ritrovandosi invece dentro il grembiule di una triste e monotona casalinga. Vive una vita che aveva sempre sperato di non incrociare, con un marito capace di mostrarsi uomo solo mettendola incinta, una, due, tre volte. Trova come unica via d’uscita Parigi, meta dei sogni. Riesce a convincere Frank che è la scelta giusta da fare, lei, donna del focolare made in USA, si offre di mantenerlo, lavorando al suo posto, pur di fuggire da quell’incubo, di tornare a vivere. Ma il destino si mette tra lei ed il suo sogno, finendola per farla finire in un lunghissimo incubo…

Attorno a questi due pazzeschi personaggi ruotano una serie di comprimari tanto piccoli quanto fondamentali nel contesto della storia. Dai vicini, che li ammirano ed invidiano, ad una pressante ed invasiva agente immobiliare, interpretata da una pettegola Kathy Bates, incaricata di vendere il sogno americano. Una donna che finge una felicità inesistente, nascondendo in realtà una crisi familiare che vede protagonista il proprio figlio, rinchiuso in un istituto psichiatrico. Un ex matematico su cui ricadono alcune delle scene più forti e potenti dell’intero film. Un malato di mente che riesce a vedere dietro la maschera dei Wheeler, bravi a nascondere le loro frustrazioni a tutti tranne che a lui.

Proprio dal malato di mente, interpretato da un bravissimo Michael Shannon, arriveranno gli unici barlumi di sanità mentale dell’intera pellicola, come se bisognasse esser pazzi per uscir fuori da quell’infinito tunnel conformista e depressivo in cui entrò l’America di quegli anni. Un’America nuovamente spogliata da Sam Mendes, essenziale, introspettivo, teatrale, intimista e nuovamente straordinario, a 10 anni da quel meritatissimo Oscar per American Beauty, che potrebbe anche esser replicato.

Voto Federico: 8,5
Voto Gabriele: 6
Voto Simona: 8