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Venezia 2012: La lezione di Francesco Rosi, licenziato e promosso

L’editoriale di Italo Moscati sul Leone d’oro alla Carriera al regista italiano.

pubblicato 2 Settembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:35


Leone d’oro alla carriera a Francesco Rosi detto Franco, presentando il suo Il Caso Mattei con Gian Maria Volontè. Bene. Giorni fa la Mostra ha ricordato Giuseppe De Santis, proiettando Roma ore 11. Bene. Ieri venerdì è stato proiettato il documentario di Giuseppe Giannotti, Enrico Salvatori, Daniele Savelli “Dai nostri inviati. La Rai e l’Istituto Luce raccontano la Mostra del Cinema di Venezia 1932-1953”. Bene.

Sono stato sempre favorevole quando la Mostra decide di proporre con intelligenza e grande misura (nel senso di non dimenticare la missione complessiva di internazionalizzazione del cinema) storia, successi, vita, successi e insuccessi di registi, autori, collaboratori.

Penso che sia una via da percorre con molto coraggio. Mi capita di incontrare giovani sotto e sui vent’anni che non conoscono Fellini, e non hanno mai visto i film di Germi o di Risi o di Comencini, e altre stelle. Che dire?

Venezia 2012: La lezione di Francesco Rosi, licenziato e promosso
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Venezia 2012: La lezione di Francesco Rosi, licenziato e promosso
Venezia 2012: La lezione di Francesco Rosi, licenziato e promosso

Lasciamo la solfa delle scuole che non fanno nulla, delle università che hanno facoltà “esaurite” dedicate al cinema e allo spettacolo, facoltà che sono indietro con le attrezzature di proiezione e con la raccolta di film in dvd. Ci sono ormai tutti i film, e si trovano facilmente.

Parliamo invece del valore che ha un Leone a Rosi, che stimo e che è generoso nel raccontare o da non nascondere, anzi, episodi significativi della sua carriera, appunto. Il valore riguarda, nel caso che voglio sottolineare, il modo con cui ci si avvicina al cinema, che è un arte, ma che è soprattutto un bel mestiere.

Dunque, Rosi era uno degli aiuto- registi di Luchino Visconti per “La terra trema”. Giravano in Sicilia in difficili condizioni, con i pescatori e in mezzo a tanti problemi organizzativi e di riprese.

Il gran maestro aveva chiesto all’aiuto Rosi di sistemare la tolta di una delle piccole navi dei pescatori. Non si sa come e perché Rosi non riuscì ad accontentare la richiesta, che era poi un ordine. Non importa sapere come e perché. Fatto sta che Visconti se la prese di brutto e lo minacciò di licenziamento.

Dicono fonti non sospette di avere visto Rosi appartarsi e piangere. Poi la rabbia di sgonfiò e il lavoro ricominciò per l’aiuto che poi dirigere dei capolavori assoluti come “Salvatore Giuliano”, “Le mani sulla città”, “I magliari” e tanti altri lavori entrati nella storia del cinema.

Oggi come oggi una situazione simile non si potrebbe creare. Ci sono centinaia e centinaia di giovani che aspirano a diventare registi in scuole che hanno un scarso peso nella formazione; non voglio dire che non sono utili, voglio dire che gli studi, gli ambienti, la mentalità sono molto al di sotto di quel che servirebbe per avvicinarsi e approfondire i mille aspetti di una professione che in Italia ha bisogno di essere riavviata.

Non ci si può accontentare. Non possono accontentarsi i ragazzi di guardare le macchine o di seguire lezioni bellissime (magari lo fossero) di teoria, e di tecnica applicata. E neanche è necessario piangere.

Il mio è un paradosso voluto, per ricordare la seria gavetta di Rosi; del quale è stato presentato a Venezia “Camicie rosse”, copia restaurata, film che girò sotto l’egida di Alessandrini che era indubbiamente un regista di destra ma che era un bravo regista;come lo sono stati Mario Camerini, Augusto Genina, Alessandro Blasetti, e altri, nella vecchia Cinecittà dove si sono formati i registi del neorealismo, tra cui Roberto Rossellini.

Minacce di licenziamenti e lavate di testa, ripeto, mi servono per il paradosso che non c’è più: ovvero, entrare nel cinema non a testa bassa ma cercando, e trovando, maestri “cattivi”, esigenti, i veri prof, invece dei professoroni discettatori e compiacenti, cioè arrendevoli. Pseudomaestri incapaci di far capire com’è la macchina affascinante e dura (sì dura) del cinema, specie adesso, nei tempi in cui ragazzi non c’è un euro e non ci sono “teste” vere, ma teste “molli”.

Fonte foto: TMnews