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Hostel

HOSTELdi Eli Roth; con Jay Hernandez, Derek Richardson, Eythor Gudjonsson, Barbara Nedeljakova, Jana Kaderabkova, Jan Vlasák.Quanto scalpore ha suscitato? Quante ne sono successe? Per ripassarvi la storia di questo film prima dell’uscita cliccate sul link. Aspettando anche più notizie su Hostel 2 (che dovrebbe essere girato in parte anche in Italia…!), intanto sappiate che, se

16 Giugno 2006 21:09

HOSTEL
di Eli Roth; con Jay Hernandez, Derek Richardson, Eythor Gudjonsson, Barbara Nedeljakova, Jana Kaderabkova, Jan Vlasák.

Quanto scalpore ha suscitato? Quante ne sono successe? Per ripassarvi la storia di questo film prima dell’uscita cliccate sul link. Aspettando anche più notizie su Hostel 2 (che dovrebbe essere girato in parte anche in Italia…!), intanto sappiate che, se siete fra quella metà che l’ha amato, Hostel uscirà a noleggio il 20 giugno e in vendita l’11 luglio in un’edizione con qualche bell’extra: ben quattro commenti audio (dove appare sempre Roth con i vari Tarantino, attori e cast tecnico), backstage e anche l’opzione Multi-Angle per vedere qualche scena da varie angolazioni. Un’occasione per chi l’ha amato di rivederlo, un’occasione per chi l’ha odiato o non l’ha amato molto di poterlo magari rivalutare… Intanto, ecco la recensione di CineBlog, subito dopo l’uscita del film nei nostri cinema.

Un battage pubblicitario immenso; varie locandine su cui giganteggia sempre la firma “Quentin Tarantino Presents”; molti trailers, locandine incriminate, varie critiche di chi l’ha definito troppo violento, elogi di chi ama il genere, e un primo posto nel box-office americano. E addirittura sacchetti all’entrata delle sale, se qualcuno si sentisse male… Tutto è stato architettato in maniera molto intelligente dalla produzione per far sì che Hostel fosse già un successo prima della sua uscita. E ora la seconda fatica di Eli Roth esce anche da noi (e si sosteneva che non sarebbe uscito per la troppa violenza… e invece…). C’è un senso di malattia lungo tutto il film, una malattia che però è ben peggiore di un “semplice” virus come lo era in Cabin Fever, e fa di sicuro più paura: è la vendetta, la vendetta sadica. Il gusto nel far provare dolore agli altri, il gusto nel vedere la sofferenza e il terrore negli occhi altrui; meglio se questo “altrui” è qualcuno che non ti sta simpatico. Come nel suo primo film, Roth incomincia con una semplice storia giovanile, anche qui alcuni ragazzi in viaggio, con una meta ben specifica: viaggiare l’Europa in cerca di divertimento e -soprattutto- sesso. Arrivano in Slovacchia, dove è stato promesso loro da un ragazzo conosciuto ad Amsterdarm che ci sarebbe stato un posto dove le ragazze sono parecchio disinibite e adorano i ragazzi americani. Ma pian piano i ragazzi iniziano a sparire uno ad uno, ed il protagonista Paxton dovrà fare i conti sia con le persone conosciute nella cittadina sia con un posto che “malato” è un eufemismo… Come dicono i trailers, infatti, c’è un posto dove pagando puoi liberare tutte le tue più malate fantasie, e puoi torturare chi vuoi. Ed è qui che i protagonisti, uno ad uno, finiranno prigionieri: ammanettati, seduti ad una sedia, con un bavaglio in bocca o meno (a seconda che il proprio torturatore voglia sentire urlare o meno la sua vittima). Detto tutto ciò, bisogna dire che Hostel non è chissà che, non è questo film iper-violento ed estremamente inguardabile come ci era stato descritto; come tutte le cose che fanno scalpore, sia crea tutto un immaginario attorno alla pellicola che forse poi non risulta come viene descritta: nulla di estremamente shockante per cui non dormire la notte, in definitiva. Ma c’è da dire che sul momento, la pellicola ha il suo perchè: la violenza, seppur non così impossibile da sostenere, è tanta e fa più volte rabbrividire, e Roth azzecca qualche tortura davvero notevole (le trapanate sulle gambe, il taglio ai tendini con consecutiva camminata della vittima, l’occhio di una ragazza trattato non benissimo). E lungo tutta la pellicola aleggia un senso di sporco e di marcio che angoscia, e la tensione raggiunge attimi molto efficaci. In definitiva un discreto prodotto, che forse è ancora più esagerato e malato nella sua Director’s Cut (in cui pare il finale sia di una violenza micidiale, con una bambina come vittima di una tortura), un prodotto in cui si vede, nonostante la buona regia di Roth, il segno di Tarantino (quel continuo fischiettare nel luogo delle torture, la visione all’ostello di Pulp Fiction). Sangue a volontà: i fan avranno di che divertirsi (anche se qualcuno potrebbe storcere il naso per il primo tempo, in cui succede ben poco), e gli animi sensibili avranno da soffrire, soprattutto negli ultimi minuti. Senza tralasciare l’aspetto sociale della pellicola: penso che tutti avremmo reagito come Paxton alla fine, nel nostro più mostruoso inconscio… Non c’è speranza, l’uomo è così. E un’altra lettura ovviamente è stata quella del giovane yankee che non vedeva l’ora di vendicarsi pure lui… Che dire? Forse è più complesso di quello che si crede.

Voto Gabriele: 7