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Qualunquemente: Recensione in Anteprima

Qualunquemente (Italia, 2011) di Giulio Manfredonia. Con Antonio Albanese, Sergio Rubini, Lorenza Indovina, Nicola Rignanese, Davide Giordano, Mario Cordova, Luigi Maria Burruano, Alfonso Postiglione, Veronica Da Silva, Salvatore Cantalupo, Asia Ndiaye, Antonio Gerardi, Massimo Cagnina, Maurizio Comito, Manfredi S. Perrotta, Liliana Vitale, Massimo De Lorenzo, Antonio Fulfaro, Sebastiano Vinci.Torna alla ribalta l’indiscussa verve comica di

pubblicato 20 Gennaio 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 16:06

Qualunquemente (Italia, 2011) di Giulio Manfredonia. Con Antonio Albanese, Sergio Rubini, Lorenza Indovina, Nicola Rignanese, Davide Giordano, Mario Cordova, Luigi Maria Burruano, Alfonso Postiglione, Veronica Da Silva, Salvatore Cantalupo, Asia Ndiaye, Antonio Gerardi, Massimo Cagnina, Maurizio Comito, Manfredi S. Perrotta, Liliana Vitale, Massimo De Lorenzo, Antonio Fulfaro, Sebastiano Vinci.

Torna alla ribalta l’indiscussa verve comica di Antonio Albanese, che stavolta, però, si mette al servizio di un’attualità più cruda e autentica di quelle viste, per esempio, in film come Uomo d’acqua dolce e La fame e la sete. Anche qui, come nel caso di Alex Drastico, Albanese trae spunto da un personaggio già noto in virtù delle sue apparizioni sul piccolo schermo. Stiamo parlando di Cetto La Qualunque, eterno candidato e colorito agitatore di folle.

Nei 90 e passa minuti di pellicola, abbiamo modo non solo di evincere un profilo più completo di La Qualunque, bensì anche del contesto in cui il nostro protagonista opera. Invero, è proprio il luogo in cui si svolgono le vicende ad assumere un ruolo primario lungo il dipanarsi della trama. Perché, se è vero che i vari attori di questa enorme messa in scena non possano affatto dirsi esenti da colpe, è altrettanto corretto evidenziare come certe dinamiche sembrino eccessivamente assimilate dal territorio. Certi vizi e malcostumi, insomma, sembrano appartenere al contesto quanto un albero o una spiaggia appartengono ad uno scorcio del paesaggio locale.

Basti pensare alla reazione del paese tutto nel momento in cui un pubblico ufficiale, non in servizio per l’occasione, si arrischia a domandare la ricevuta fiscale dopo aver consumato un pranzo con la famiglia. Momenti tragicamente comici insomma, dietro il cui aspetto leggero e divertente si cela l’amarezza di un mondo in cui le abitudini costituiscono la sola fonte di legge. Cinque euro per un pranzo per quattro persone non sarebbe pensabile nemmeno nel peggiore dei bar.

Ma torniamo all’inizio. Loschi figuri confabulano in penombra al fine di trovare la persona giusta per contrastare il candidato sindaco della Lista Civica, tale De Santis, reo di voler portare in Comune un po’ di legalità. Mostrata la foto di Cetto La Qualunque, dopo una serie tra pregiudicati e gente (poco) raccomandabile di analoga risma, tutto diventa più chiaro: è lui l’uomo che fa al caso loro! Eccolo allora, dopo una lunga gita in Sud America (per ovvi motivi), scendere dall’aereo, sguardo fiero, seguito a ruota dalla sua nuova moglie. Una donna avvenente, che porta con sé una bimba altrettanto deliziosa e riccioluta, il cui nome resterà un mistero per l’intero film.

Peccato che il buon Cetto una famiglia l’aveva già, solo che si dice talmente affezionato a tale “ideale” da avere bisogno di fabbricarsene un’altra. Una prima moglie comprensibilmente ed esasperatamente isterica, nonché un figlio mezzo imbranato completano il quadro. Da qui comincia la scalata di La Qualunque al soglio comunale del suo paese natio.

Ed è proprio in questo frangente che prende consistenza l’amara comicità cui aspira la pellicola. Non sta a noi, forse, dire se si tratti di denuncia o meno, oppure semplicemente di satira. Fatto sta che, a più riprese, l’eccesso di teatralità proposta sembra non ledere affatto la verosimiglianza dello scenario cui assistiamo. Edifici abusivi, inottemperanze di ogni tipo a livello etico ancor prima che legislativo, e tante, tante tasse insolute. Temi che, favorevoli o contrari che si sia agli esponenti che li portano avanti nella diatriba politica, sono indiscutibilmente di attualità.

Chi vi scrive, però, ha preferito tenersi basso, sia durante la visione che durante la relativa redazione di questo scritto. Da simpatizzante della comicità di Albanese qual è, ha preferito volgere il proprio sguardo al lato squisitamente interpretativo della pellicola, da cui emerge un Albanese a tratti irresistibile, con qualche guizzo dell’altrettanto simpatico Sergio Rubini – nello specifico, un barese travestito da milanese.

Salvo non apprezzare certo tipo di comicità, che reca in calce un indelebile marchio di fabbrica, il film ha davvero i suoi momenti, regalando ora sorrisi, ora addirittura grasse risate. Senza anticiparvi nulla, è davvero esilarante assistere a momenti così intimamente paterni come quello in cui Cetto, con addosso una vestaglia da attore porno anni ’70, manifesta il suo fermo e motivato dissenso dopo aver conosciuto la fidanzatina di suo figlio.

Nonostante l’approccio sopra menzionato, però, talvolta è stato difficile fare a meno di notare quell’accenno, neanche troppo camuffato, di satira. Il che, con ogni probabilità, rientra tra le intenzioni di chi ha dato vita a quanto visto sullo schermo. Seppur sotto forma di rivisitazione prettamente cinematografica, la cronaca gioca un ruolo di assoluto rilievo. Certo, come già accennato in relazione ad altro, tutto viene esasperato; dalle situazioni, dagli episodi, dai personaggi, dai luoghi, dai costumi e via discorrendo. Ma tutto concorre a mettere in evidenza un certo scenario, che è poi quello che riguarda parte della realtà in cui ci muoviamo.

Perché solo una parte? Ma è chiaro: se si trae ispirazione da un contesto “reale”, non si può certo avere la pretesa di esaurire tutto con uno o più film. La stessa conclusione di Qualunquemente resta sospesa ad una presa di coscienza “realista”, né ottimista né pessimista. Chi di dovere ha pensato bene di riadattare la realtà, non di modificarla, nemmeno nei suoi esiti. La fine non c’è; le cose non cambiano semplicemente perché continuano. Quindi chissà… magari cambieranno. E questo è un aspetto dal quale qualsiasi tipologia di film difficilmente può sottrarsi, sia che le sue premesse aspirino a canzonarla tale realtà, sia che invece si preferisca ritrarla in maniera più “impegnata”.

Per concludere, quindi, niente “vizi e virtù” (quest’ultime non pervenute) di un ipotetico italiano medio. Solo un quadro differente di uno spicchio di stivale, che rispecchia la visione di chi ha dato vita ad un film tutto sommato godibile e divertente. Un must per gli amanti del buon Antonio Albanese; qualcosina in meno per tutti coloro a cui certe produzioni generano, a ragione o a torto, un certo prurito. Per quest’ultimi, niente di nuovo sotto il sole.

Il film uscirà nelle sale domani, venerdì 21 Gennaio. Qui trovate il full trailer.

Voto Antonio: 6

Voto Federico: 6,5

Voto Carlo: 5