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Stanley Kubrick: intervista del 1968 su “2001: odissea nello spazio”

Un viaggio indietro nel tempo per leggere le parole di Kubrick sul suo film di fantascienza “2001: odissea nello spazio”

di carla
pubblicato 2 Settembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 10:12

Era il 1968 e nei cinema usciva 2001: odissea nello spazio di Stanley Kubrick, basato su un soggetto di Arthur Clarke che poi ha curato la sceneggiatura del film insieme al regista. Oggi vi propongo un’intervista segnalatami da un amico realizzata in quell’anno dalla rivista Playboy.

    Playboy: Un critico ha definito 2001 odissea nello spazio come “il primo film nietzscheano” sostenendo il concetto di Nietzsche dell’evoluzione dell’uomo dalla scimmia umana. Qual è il messaggio metafisico del film?
    Kubrick: Non è un messaggio che volevo trasmettere a parole. Il 2001 è un’esperienza: due ore e 19 minuti di pellicola e ci sono solo un po’ meno di 40 minuti di dialogo. Ho cercato di creare un’esperienza visiva, che penetra direttamente il subconscio con un contenuto emozionale e filosofico. Sei libero di speculare come si desidera sul significato filosofico e allegorico del film.

    Playboy: Ci può dire la sua interpretazione del significato del film?
    Kubrick: No. Quanto apprezzeremmo La Gioconda oggi se Leonardo avesse scritto in fondo alla tela: “Questa signora sorride così perché ha i denti marci” o “Perché sta nascondendo un segreto del suo amante”? Sarebbe come spegnere l’apprezzamento dello spettatore. Non voglio che questo accada con 2001.

    Playboy: Arthur Clarke ha detto del film: “Se qualcuno lo capisce alla prima visione, abbiamo fallito nel nostro intento”. Perché lo spettatore dovrebbe voler vedere il film due volte per capire il suo messaggio?
    Kubrick: Non sono d’accordo con questa affermazione di Arthur, e credo che lo abbia detto scherzosamente. La natura stessa dell’esperienza visiva di 2001 è quella di dare allo spettatore un’istantanea reazione viscerale che non – e non deve – richiedere ulteriore amplificazione. Proprio parlando in generale, però, direi che ci sono elementi in ogni buon film che aumentano l’interesse dello spettatore e l’apprezzamento di una seconda visione. Non crediamo che si debba sentire un grande pezzo di musica solo una volta, o vedere un grande dipinto una volta, o anche leggere un grande libro solo una volta. Ma il film fino a qualche anno fa era esentato dalla categoria di arte. Sono contento che questa situazione stia finalmente cambiando.

    Playboy: Alcuni critici di spicco lo hanno castigato come noioso, pretenzioso e troppo lungo. Come fa a spiegare la loro ostilità?
    Kubrick: Le recensioni in tutta l’America sono state il 95 per cento entusiaste. Alcune erano più perspicaci di altre, naturalmente, ma anche chi ha lodato il film per motivi relativamente superficiali sono stati in grado di ricevere qualcosa del suo messaggio. New York era l’unica città davvero ostile. Ma i critici cinematografici, per fortuna, raramente hanno effetto sul pubblico in generale.

Avete visto 2001 vero? Ricordate cosa avete pensato la prima volta? Qual è il vostro giudizio sul film?

Vi riporto qualche recensione:

Penelope Gilliatt – New Yorker: un grande film, e uno sforzo indimenticabile. Per tecnica e fantasia, quello che ha messo nella pellicola è sconcertante.

Michael Wilmington – Chicago Tribune: Si tratta di una straordinaria, ossessiva, bella opera d’arte.

Glenn Lovell – San Jose Mercury News: Yup, avete indovinato: un’esperienza religiosa.

Stephen Hunter – Washington Post: Ora, visto nel reale del 2001, si tratta di un capolavoro visionario di un picchiatello: è pretenzioso, abissalmente lento e soprattutto, sbagliato.

Desson Thomson – Washington Post: Conserva il suo splendore artistico, dopo più di 30 anni.

Renata Adler – New York Times: Da qualche parte tra ipnotico e immensamente noioso.

James Berardinelli – ReelViews: un film maestoso e freddo, che cerca di ricordarci la vastità dello spazio e del nostro posto relativamente insignificante.

Fonte Intervista: ReevesJames