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Quasi amici (Intouchables) – Recensione in Anteprima

Cineblog recensisce Quasi amici (Intouchables), attesa commedia di Olivier Nakache e Eric Toledano

pubblicato 22 Febbraio 2012 aggiornato 1 Agosto 2020 03:57

Quando ci capitò sotto mano il trailer di Quasi amici, immaginammo si trattasse di qualcosa di insolito. Tematica delicata, tenore stravagante… forse furono queste le componenti che suscitarono in noi una certa curiosità. Poi scoprimmo che non eravamo stati gli unici a restare colpiti da quelle sequenze, dovendo a questo punto riconoscere che le nostre fossero qualcosa in più di semplici sensazioni.

Alla fine la visione è arrivata, lasciandosi alle spalle impressioni e speranze. Il duo composto da Olivier Nakache e Eric Toledano dimostra di aver acquisito una maturità tale da trattare un tema non facile, come la paralisi permanente, in maniera tutt’altro che banale. Sì perché se da un lato potrebbe apparire indelicato l’invito a riderci sopra, dall’altro è evidente che la vita non segua la stessa infame sorte di chi rimane suo malgrado immobile, proseguendo la propria corsa verso l’ignoto.

Riuscire a trovare un equilibrio soddisfacente in certi contesti è impresa assai ardua, ancorché “pericolosa”. Trasformare il tutto in una commedia scanzonata, poi, sembrerebbe un’idea dai contorni malsani anche al più superficiale ottimista. Ed invece il rischio evidentemente andava corso, come a breve avremo modo di appurare. Questo è Intouchables (titolo originale del film).


Dando una rapida letta alla trama, si sarebbe portati a credere che l’intera vicenda di questa pellicola ruoti attorno alla disgrazia di Philippe, un abbiente tetraplegico che vive in una lussuosissima villa. A causa della sua condizione, è chiaramente costretto a circondarsi di parecchi collaboratori, tra le cui figure manca quella di una persona che si occupi di lui a tempo pieno.

Dall’altro lato, Driss è un ragazzo di origine senegalese che viene dalla periferia, appena uscito dal carcere per una rapina. Destino vuole che quest’ultimo si presenti al colloquio perché costretto al fine di poter percepire i soldi per la disoccupazione. Ma quella che doveva essere una semplice formalità, muta in brevissimo tempo in una esilarante storia d’amicizia e, se vogliamo, umanità.

Parole forti, a cui siamo talmente abituati da averne quasi perduto il senso. Eppure, come abbiamo accennato poco sopra, i veri protagonisti non hanno carne e ossa. Saremmo ingenerosi se ci riferissimo a François Cluzet e Omar Sy come a semplici marionette, perché di fatto non è per niente così. Le loro sono prove brillanti, specie quella di Sy, la cui contagiosa simpatia oltrepassa il pannello e ci regala una prova decisamente azzeccata.

Tuttavia è davvero l’amicizia ad interpretare il ruolo di indiscussa protagonista, ed è un peccato che il titolo con cui il film verrà distribuito dalle nostre parti non si curi neanche un po’ di tener conto di tale aspetto. Giocare con la chiave del film, facendo leva su quel “Quasi”, che dice più di quanto sarebbe lecito leggere a priori, è di gran lunga meno elegante del ricorso al ben più profondo Intouchables. Probabilmente un po’ più di coraggio in tal senso non avrebbe guastato, anche a costo di incorrere in blasonate omonimie come quella con il celebre film di Brian De Palma.

Mettendo da parte siffatta questione, resta l’incisività di una pellicola che, incredibile ma vero, riesce a prendersi poco sul serio. A tratti sboccata, è come se corresse costantemente sull’orlo del precipizio, senza però dare mai l’idea di essere sul punto di sprofondare nel vuoto. E’ tutto un susseguirsi di battute al vetriolo e uscite sopra le righe, forse anche troppo per i palati più fini.

Un proclama al politicamente scorretto, che riesce però a non scadere nell’esasperato conformismo di voler apparire oltremodo scorretto, contro tutto e contro tutti. Evita, tra l’altro, il vizio opposto, ossia quello di un buonismo d’accatto. Vizio emblematicamente rappresentato da tutti quei provinanti imbarazzati, che, in maniera oseremmo dire meccanica, manifestano il loro disagio con reazioni sin troppo scontate. Esilarante, a conferma di quanto appena rilevato, la sequenza in cui ci vengono mostrati stralci di alcuni colloqui con i candidati per il posto di “badante” di Philippe.


Altro spunto su cui ci piace far leva è la componente volontaristica. O meglio, ciò che alla volontà manca ma e che, all’apparenza casualmente, accade a prescindere. Quello tra Philippe e Driss è tutto fuorché un rapporto voluto, sia a livello lavorativo che a livello personale. Eppure quella stessa sorte che ha costretto il ricco parigino sulla sedia a rotelle, adesso gli dona la chance di venir fuori dal quell’uggioso mondo ovattato in cui si trova. Driss altro non è che quella quasi “innocente” (d’obbligo le virgolette) semplicità che a lui probabilmente è sempre mancata.

La loro è un’amicizia in crescendo, che pressoché mai si basa sulle parole ma sui fatti. D’altra parte non esiste miglior attestato d’affetto delle azioni, ed è anche questa una delle realtà che emerge dal film, per certi aspetti edificante. Senza contare l’atipicità dell’approccio all’argomento. Di solito la vulgata ci presenta persone in condizioni limite come quella di Philippe seguendo un canovaccio totalmente opposto. Per eccesso di delicatezza, si finisce con l’identificarle in maniera distorta: individui colti da una disgrazia talmente atroce da non avere più nulla da imparare. Anzi, siamo noi “sani” che dal loro esempio siamo tenuti a trarre ispirazione. “Al diavolo!“, sarà forse stata la risposta di Nakache e Toledano.

A dispetto di una situazione tremenda come la paralisi, Philippe non ha nulla da insegnare. E non perché non sopporti dignitosamente quanto accadutogli, bensì perché il guscio che si è costruito va al di là di qualunque menomazione. La sua figura è pressoché speculare a quella di Driss. Ad entrambi non manca il senso dell’umorismo, solo che da una parte è dettato da un malcelato stoicismo (ed è il caso di Philippe), dall’altra, invece, scaturisce da una gradevole noncuranza (qui alludiamo a Driss).

Potremmo citare vari episodi che ci hanno consentito di maturare tale consapevolezza, ma ci limiteremo, per ovvi motivi, a quello più superficiale (perché essenzialmente stereotipato) e quindi meno efficace. Ai Bach, Vivaldi e Beethoven di Philippe, Driss risponde a suon di Kool & the Gang ed Earth, Wind & Fire: come diceva Chesterton, “la serietà non è una virtù“.

Cosa dire, quindi, guardandoci indietro e ripensando a questa pellicola francese? Che va vista. Sulla falsa riga del messaggio di cui si fa portavoce, Quasi amici segue una struttura tutt’altro che complessa, a partire da una sceneggiatura praticamente ridotta all’osso ed un montaggio sobrio ma coinvolgente. Il film vive di battute ad effetto, situazioni grottesche e siparietti sagacemente scorretti. Tutto poggia sulle interpretazioni di François Cluzet e Omar Sy, ma soprattutto sul travolgente e dissacrante entusiasmo di quest’ultimo.

Bravi i due registi a non astrarre in maniera troppo ricercata lo stesso retaggio dei loro due principali personaggi. Sia dell’uno che dell’altro ci viene fatto cenno riguardo al loro passato, senza però indugiarci troppo. Una toccata e fuga, insomma, giusto per rendere più reale e verosimile una storia che, diversamente, sarebbe potuta apparire come un’altra di quelle che possono accadere solo al cinema. Non a caso, scoprire che il tutto, invece, è tratto da fatti realmente accaduti, non ci spiazza affatto. Vuol dire che il film ha fatto centro.

Voto di Antonio: 8
Voto di Federico: 7,5
Voto di Carla: 7/8
Voto di Gabriele: 7

Quasi amici (Intouchables, Francia, 2011). Di Olivier Nakache ed Eric Toledano. Con François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Clotilde Mollet, Audrey Fleurot, Alba Gaïa Bellugi, Christian Ameri, Grégoire Oestermann e Cyril Mendy. Nelle nostre sale da venerdì 24 Febbraio.